Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14761 del 19/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 19/07/2016, (ud. 16/06/2016, dep. 19/07/2016), n.14761

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8354/2012 proposto da:

T.P., (OMISSIS), T.A. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA FEDERICO CESI 21, presso lo studio

dell’avvocato VINCENZO GRECO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato DIEGO MANCINI;

– ricorrenti –

contro

M.F., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ARENULA 21, presso lo studio dell’avvocato VIVIANA CALLINI,

rappresentata e difesa dall’avvocato RAFFAELE DE GIROLAMO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4538/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

udito l’Avvocato Graeco;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso per nuova opera depositato il 23 marzo 1979 M.F. conveniva in giudizio T.P. ed A. dinanzi al Pretore di Sora, esponendo che T.P. ed A. erano proprietari di un fondo limitrofo, ove avevano edificato un manufatto di tre piani fuori terra, e che gli stessi stavano realizzando un ulteriore piano. M.F. chiedeva all’autorità giudiziaria di emettere i necessari provvedimenti cautelari, in quanto la costruzione dei T. violava della L. n. 1950 del 1942, art. 41 quinquies, come introdotto della L. n. 765 del 1967, art. 17.

Il Pretore di Sora, nel contraddittorio delle parti, sospendeva i lavori ed autorizzava, previa prestazione di una cauzione, il completamento dei pilastri e del solaio di copertura del nuovo piano, rimettendo le parti davanti al Tribunale di Cassino per la prosecuzione del giudizio.

Il Tribunale di Cassino, con sentenza non definitiva n. 97/1980 del 18 aprile 1980 (confermata sia dalla Corte d’Appello di Roma con sentenza del 26 marzo 1986, che dalla Corte di Cassazione) rigettava le eccezioni di inammissibilità dell’azione e la richiesta di revoca del provvedimento di sospensione ed accertava anche l’epoca di realizzazione delle varie parti dell’edificio dei convenuti. Nel prosieguo del giudizio davanti al Tribunale di Cassino, questo, istruita la causa con la produzione di documenti e l’espletamento di CTU, con sentenza n. 66/2003 del 29 marzo 2003 riteneva l’illegittimità del solo terzo piano della costruzione dei resistenti e condannava questi ultimi a demolirlo. Proponeva appello M.F., lamentando l’erroneità della decisione per avere il primo giudice accolto la domanda limitatamente al terzo piano (quarto fuori terra) realizzato dai convenuti, mentre avrebbe dovuto accoglierla pure in relazione al secondo piano (terzo fuori terra).

La Corte di Appello di Roma, nella resistenza degli appellati, i quali domandavano, in via incidentale, l’ammissione della prova testimoniale richiesta nel giudizio di primo grado, accoglieva la sola impugnazione principale e, per l’effetto, condannava T.P. e A. a demolire anche il secondo piano (terzo fuori terra) del loro edificio sito nel Comune di (OMISSIS). A sostegno della sentenza emessa la corte territoriale evidenziava che:

– la sentenza non definitiva n. 97/1980, passata in giudicato, aveva accertato che il secondo piano dell’edificio oggetto di causa fosse stato realizzato fra la fine del 1977 e l’inizio del 1978, ovvero quando era già vigente il nuovo PRG del Comune di Isola del Liri, adottato nel 1976 ed approvato nel gennaio 1977;

– detto PRG aveva destinato la zona in questione a verde agricolo, con un’altezza massima degli edifici di ml. 7 ed una distanza fra gli stessi non inferiore a ml. 10,00;

Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma hanno proposto ricorso per cassazione T.P. ed A., articolato su due motivi, cui ha resistito M.F. con controricorso. I ricorrenti hanno presentato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., in data 9 giugno 2016.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la motivazione insufficiente di un fatto decisivo della controversia, poichè la Corte d’appello avrebbe fatto riferimento ad un giudicato inesistente, omettendo ogni analisi dell’istruttoria compiuta in sede cautelare e basandosi sull’accertamento dell’illegittimità effettuato dal CTU, ed avrebbe emesso la sua decisione in assenza di ogni prova in ordine al momento dell’inizio dei lavori di costruzione del secondo piano.

Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 2909 c.c., in quanto l’efficacia di cosa giudicata della precedente sentenza non definitiva concerneva solo la circostanza che i lavori del terzo piano avessero avuto inizio al massimo un anno prima della proposizione del ricorso. Essi si dolgono, altresì, del fatto che non fosse stato dato il giusto rilievo all’accertamento del Genio civile agli atti, da cui risultava che il rustico del secondo piano esisteva sin dal 1976.

I due motivi che, stante la loro stretta connessione, possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

T.P. ed A., nella sostanza, contestano la decisione della Corte di merito nella parte in cui ha ritenuto non più contestabile e definitivamente acclarata la data di inizio e completamento dei lavori concernenti il secondo piano (terzo fuori terra) dell’edificio oggetto di causa, in quanto il relativo accertamento sarebbe stato compiuto dal Tribunale di Cassino con la sentenza non definitiva n. 97/80 e, sul punto, si sarebbe formato il giudicato.

Peraltro, dalla lettura della sentenza in questione, integralmente trascritta nel ricorso introduttivo, emerge che il Tribunale di Cassino ha stabilito il periodo di realizzazione di ciascun piano dell’immobile e, per ciò che qui rileva, ha chiaramente affermato che “E’ pacifico fra le parti e risulta evidente attraverso la documentazione acquisita che…il secondo piano fuori terra è stato iniziato nell’agosto 1976 (…).Il 3^ piano fuori terra è stato realizzato tra la fine del 1977 e i principi del 1978”.

Poichè il PRG del Comune di Isola Liri (del quale va acquisita diretta conoscenza in virtù del principio iura novit curia, avendo valore di norme giuridiche le sue prescrizioni che disciplinano le distanze nelle costruzioni, mediante disposizioni sopravvenute più restrittive di immediata applicazione per le nuove costruzioni), approvato il 14 settembre 1976, era in vigore a partire dal 1977, se ne ricava che la Corte di Appello di Roma ha correttamente ritenuto che i lavori contestati avessero avuto inizio nella vigenza del suddetto strumento urbanistico e che, quindi, il terzo piano fuori terra della costruzione dovesse essere demolito.

Il ricorrente sostiene che “la Corte d’Appello di Roma, sorprendentemente, ha ritenuto che la sentenza possessoria avesse valore di giudicato sui tempi di realizzazione delle singole opere”, mentre “il giudicato concerneva la sola fondatezza ed ammissibilità della denunzia di nuova opera (del terzo piano) e quindi dell’inizio dei lavori di detto terzo piano”. Il rilievo non può essere condiviso. Secondo consolidato orientamento di questa Corte, l’autorità del giudicato copre il dedotto e il deducibile, e cioè non solo le ragioni giuridiche fatte valere in giudizio ma anche tutte le altre proponibili sia in via di azione che di eccezione – le quali, sebbene non dedotte specificamente, si caratterizzano per la loro comune inerenza ai fatti costitutivi delle pretese anteriormente svolte. Pertanto, accertata in fatto l’epoca di realizzazione di un manufatto con sentenza passata in cosa giudicata, è precluso alle parti di quella sentenza proporre in un successivo giudizio una domanda o eccezione fondata sull’allegazione di una diversa epoca della stessa costruzione. D’altro canto, secondo quanto precisato da Cass. Sez. U, Sentenza n. 24664 del 28/11/2007, posto che il giudicato va assimilato agli “elementi normativi”, la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, essendo sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi, sicchè l’erronea interpretazione del giudicato che si voglia addebitare al giudice di merito va denunciata in cassazione, appunto, sotto il profilo della violazione di norme di diritto.

Alla luce delle risultanze della sentenza non definitiva del Tribunale di Cassino, pertanto, la Corte di merito ha correttamente respinto le richieste istruttorie degli odierni ricorrenti e non ha esaminato l’accertamento del Genio Civile summenzionato (il cui contenuto non è neppure stato riportato nel ricorso, in violazione dell’art. 366 c.p.c. comma 1, n. 6), trattandosi di deduzioni probatorie volte a rimettere in discussione un accertamento ormai passato in giudicato. Consegue il rigetto del ricorso.

Le spese del giudizio di cassazione vengono regolate secondo soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2016

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