Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14761 del 18/06/2010

Cassazione civile sez. I, 18/06/2010, (ud. 19/05/2010, dep. 18/06/2010), n.14761

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8334/2005 proposto da:

Z.M. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA GRAZIOLI 5, presso l’avvocato ANELLO Pietro, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati PONTI LUCA, ESTI

RAFFAELE, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.L. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA,

LUNGOTEVERE FLAMINIO 60, presso l’avvocato LONGO Ruggero, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RENIER GIAN FRANCO,

giusta procura a margine del controricorso;

FALLIMENTO PORDENONE CALCIO S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), in persona del

Curatore Dott. P.A., elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 55, presso l’avvocato SABBADINI

GIANCARLO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ZUCCHIATTI MARCO, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

contro

G.G., M.M.;

– intimati –

sul ricorso 13593/2005 proposto da:

G.G. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA G. PAISIELLO 55, presso lo STUDIO SCOCA, rappresentato e

difeso dagli avvocati COLAGRANDE ROBERTO, MARTINETTI ENRICO, giusta

procura a margine del controricorso e ricorso incidentale e atto di

nomina;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

Z.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

GRAZIOLI 5, presso l’avvocato ANELLO PIETRO, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati PONTI LUCA, ESTI RAFFAELE, giusta

procura in calce al ricorso principale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

contro

CURATELA FALLIMENTO PORDENONE CALCIO S.P.A., M.M.,

M.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 34/2005 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 22/01/2005;

preliminarmente si procede alla riunione dei procedimenti in quanto

proposti avverso lo stesso provvedimento;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

19/05/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato PONTI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale, rigetto del ricorso

incidentale;

udito, per il controricorrente Fallimento, l’Avvocato SABBADINI che

ha chiesto il rigetto dei ricorsi;

udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

MARTINETTI che chiede il rigetto del ricorso principale e

l’accoglimento di quello incidentale e deposita nota spese;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Trieste, in riforma della decisione del Tribunale di Pordenone, ha accertato che G.G. è debitore della curatela fallimentare della s.p.a. Pordenone Calcio – n virtù di accollo di debito preesistente della società stessa nei confronti dell’ICCRI – della somma capitale di Euro 119.220,93 e lo ha condannato al pagamento della somma predetta, oltre interessi legali, in favore della curatela; ha dichiarato che Z.M. è tenuto a manlevare il G. – in virtù di accollo – e lo ha condannato a versare a quest’ultimo la somma dal medesimo dovuta alla curatela fallimentare della s.p.a. Pordenone Calcio; ha rigettato l’appello incidentale dello Z. che pretendeva di essere manlevato – in relazione all’obbligazione predetta – da M.M. e da M.L. in virtù di contratto stipulato da tale C., procuratore di un azionista della società poi fallita, col M.M., il quale si era obbligato, per sè o per persona o società da nominare – successivamente indicata nel M.L. – a manlevare lo Z. contestualmente all’acquisto della totalità del capitale sociale della s.p.a. Pordenone Calcio con specifica previsione che il mutuo sarebbe restato in esclusivo carico della società che avrebbe onorato secondo piano di ammortamento “compiegato” e con integrale manleva del M.M..

Contro la sentenza della Corte di appello Z.M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a sedici motivi. La curatela del fallimento della s.p.a. Pordenone Calcio, M.L. e G.G. hanno resistito con controricorso e quest’ultimo ha, altresì, proposto ricorso incidentale affidato a otto (recte: sei) motivi, resistito da controricorso dello Z.. Quest’ultimo, M.L. e G. hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2.1.- Con il primo motivo di ricorso il ricorrente principale denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto e relativo vizio di motivazione in ordine al mancato esame dell’eccezione di inammissibilità – per mancanza di specificità – dell’appello principale proposto dalla curatela.

2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia “violazione o falsa applicazione di norme di diritto, nullità della sentenza o del procedimento” e relativo vizio di motivazione in ordine alle domande e istanze (anche istruttorie) nuove della curatela, proposte a titolo di ristoro del danno patito. Inizialmente la curatela aveva agito in relazione al mutuo “contratto il (OMISSIS) dalla Pordenone Calcio s.p.a. con la F.I.G.C.” e solo in appello ha dedotto che “l’ICCRI s.p.a. concesse nel 1984 al Pordenone Calcio s.p.a. in attuazione di mandato di credito ricevuto dalla F.I.G.C, un mutuo …”.

2.3.- Con il terzo motivo il ricorrente principale denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla valutazione degli allegati alla C.T.U. e allo scostamento dalle relative conclusioni.

2.4.- Con il quarto motivo il ricorrente principale denuncia vizio di motivazione e violazione di legge (art. 2697 c.c.) in ordine alla erronea valutazione della nota in data 21.12.1984 (recante mandato irrevocabile alla F.I.G.C.) del G. (proveniente, cioè, da persona interessata a “scaricarsi” da responsabilità) come idonea a provare la stipula del mutuo e la fideiussione del C.O.N.I. e della F.G.C.I. e omessa valutazione come prova della manleva dello Z. del telegramma inviato dal M.M., il subentro del M.L. e il riconoscimento del M. di avere indicato il M.L. ex art. 1401 c.c..

Deduce che la prova del fatto per presunzioni richiede una pluralità di indizi, come affermato da Cass. 3636/2004.

2.5.- Con il quinto motivo il ricorrente principale denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa il punto decisivo costituito da un lato dall’esistenza dell’accollo da parte di G. e dall’altro dal mancato pagamento del mutuo da parte del medesimo.

2.6.- Con il sesto motivo il ricorrente principale denuncia “violazione o falsa applicazione di norme di diritto, nullità della sentenza o del procedimento” e relativo vizio di motivazione in ordine alla prova tratta dalle scritture contabili della società fallita in violazione degli artt. 2709 e 2710 c.c., e, conseguentemente, dell’art. 2697 c.c.. Erroneo il riferimento alla circostanza dell’efficacia probatoria per essere stati i libri contabili redatti dalle parti in quanto Z. non è stato socio o amministratore della società fallita. Irrilevante il riferimento alla mancata contestazione, posto che la difesa del ricorrente aveva dichiarato di non accettare il contraddittorio e la Corte di appello ha preso in considerazioni i predetti elementi pur in mancanza di richiesta di parte. Mancava la prova – da parte della curatela – dell’avvenuto pagamento delle rate di mutuo e la prova dell’avvenuta compensazione è stata tratta da dichiarazioni di altri soggetti.

2.7.- Con il settimo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e relativo vizio di motivazione in ordine al mancato rilievo dell’inammissibilità – per tardività rispetto ai 20 giorni prima dell’udienza – della domanda proposta in appello dal G. nei confronti di Z., essendo necessario appello incidentale.

2.8.- Con l’ottavo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla “sottoscrizione dell’atto di espromissione da parte di Z. per la Pordenone Calcio o per sè”.

Deduce che “non si è mai compreso cosa si volesse imputare al Sig. Z. atteso che egli è intervenuto nel febbraio 1988 nella vicenda per tramite del Dott. C., in occasione della cessione nello stesso anno della quota sociale all’avv. M.M. o chi per esso, con assunzione del debito in discorso da parte della società e precisazione che restava a carico della medesima la rata di giugno 88 (laddove le rate di mutuo – secondo il CTU dal dicembre ’87 al giugno ’89 – sono state poi pagate dalla FIGC, per vero unica eventualmente legittimata a richiedere una qualche rifusione alla società fallita e/o a chi ricopriva all’epoca cariche sociali). Non si comprende quindi a che titolo il Sig. Z. dovrebbe essere responsabile verso la Curatela posto che egli non ha mai rivestito la qualità di socio e/o amministratore della medesima società – ruoli per converso esercitati dall’avv. M.M. e dal Dott. M.L. -, con ciò escludendosi qualsivoglia responsabilità del medesimo in ordine ad eventuali compensazioni operate con debiti verso altri soggetti e/o dei soci”.

Deduce che è stato assolto in sede penale dagli stessi fatti e che l’art. 1381 c.c., consente la deduzione in contratto della promessa del terzo.

Se – come ritenuto dalla Corte di appello – Z. non ha mai assunto veste di socio o amministratore della società e, pertanto, non ha potuto efficacemente sottoscrivere l’espromissione non si vede perchè avrebbe assunto il debito di restituzione del mutuo.

2.9.- Con il nono motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 1272 c.c., e segg., e relativo vizio di motivazione. Deduce che la Corte di appello ha considerato l’espromissione inefficace quanto alla liberazione dello Z. ma pienamente efficace al fine dell’assunzione del debito da parte di quest’ultimo. Ciò pur avendo ammesso che non è stata fornita la prova del rapporto di valuta dell’espromissione (accollo da parte del G.).

2.10.- Con il decimo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione per non avere la Corte di merito considerato la convenzione con il M.M. come contratto a favore di terzo. Il M.M. si era impegnato per il fatto del terzo, ossia la società Pordenone Calcio, a riassumere il debito in capo a sè.

2.11.- Con l’undicesimo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla nomina del terzo da parte del M.M.: invoca le ammissioni da parte di quest’ultimo circa l’indicazione del M.L. nonchè il principio di cui all’art. 1405 c.c., in forza del quale il contratto, in mancanza di electio, produce effetti nei confronti dei contraenti originari.

2.12.- Con il dodicesimo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermata impossibilità di accertare la data della convenzione sottoscritta da M.M.. Lamenta che non sia stato valutato, all’uopo, il telegramma, facente riferimento alla convenzione, inviato il (OMISSIS) dal M.M. al Dott. C.. Lamenta la mancata valutazione dell’elemento presuntivo costituito dall’assunzione della carica di amministratore unico della s.p.a. Pordenone Calcio da parte del M.L. nel settembre 1988 e l’omessa acquisizione della copia del libro soci, già acquisito in primo grado (amplius pag. 37 ricorso). Il M.L. non ha dedotto altro titolo. La Corte di merito ha rilevato d’ufficio la mancanza della data della convenzione – peraltro invocata inter partes, senza che rilevi la data “certa” ex art. 2704 c.c. – in mancanza di eccezione da parte del M.M.. Ribadisce l’idoneità all’uopo del telegramma prodotto.

2.13.- Con il tredicesimo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla riassunzione del debito in capo alla società. Deduce che il M.M. si era impegnato per il fatto del terzo (la società) ex art. 1381 c.c..

2.14.- Con il quattordicesimo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta inscindibilità del contenuto della convenzione. Lamenta la contraddittorietà della sentenza nella parte in cui riconosce che il M.M. ha promesso il fatto del terzo ex art. 1381 c.c., e poi esclude la responsabilità di quest’ultimo assumendo che l’accordo era funzionale e conseguenza dipendente dall’acquisto del pacchetto azionario.

Deduce che sia il M.M. che il M.L. sono stati soci della società e, comunque, neppure Z. era socio eppure si era accollato il debito della società. Si che sarebbe illogico negare che avesse la possibilità di “ribaltarlo” su altri acquirenti delle partecipazioni sociali.

2.15.- Con il quindicesimo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 1381 c.c., e relativo vizio di motivazione perchè il M.M. doveva essere ritenuto responsabile per l’indennizzo dovuto per la mancata prestazione da parte del terzo, nella specie la società, la quale non ha restituito il mutuo. Erroneamente la Corte di merito ha ritenuto non provate le condizioni per l’operatività della detta norma. La motivazione è contraddittoria rispetto all’affermazione della subordinazione funzionale dell’impegno al trasferimento di partecipazioni.

2.16.- Con l’ultimo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sua condanna alle spese in favore del terzo chiamato M.L.. Deduce che la chiamata di quest’ultimo in giudizio era giustificata dall’essere il medesimo nominato dal M.M. e la Corte di appello avrebbe potuto accertare l’avvenuto acquisto delle azioni con l’acquisizione del libro soci le cui risultanze sono state poste a fondamento della sentenza del Tribunale.

3.1.- Con il primo motivo di ricorso il ricorrente incidentale denuncia violazione dell’art. 345 c.p.c., lamentando che erroneamente la Corte di appello non abbia dichiarato l’inammissibilità della domanda nuova formulata in appello, essendo stato dedotto in primo grado il mutuo stipulato con la FIGC e in appello il mutuo contratto con l’ICCRI. 3.2.- Con il secondo motivo il ricorrente incidentale denuncia nullità della sentenza o del procedimento lamentando che erroneamente l’appello principale non è stato dichiarato inammissibile per mancanza di specificità dei motivi.

3.3.- Con il terzo motivo il ricorrente incidentale denuncia violazione e o falsa applicazione degli artt. 2697, 1243 c.c., artt. 81 e 100 c.p.c. e relativo vizio di motivazione. Lamenta che erroneamente sia stato ritenuto provato l’asserito pagamento da parte del Pordenone Calcio s.p.a. della somma concessa a titolo di mutuo dall’ICCRI. Manca la prova della cessione dei crediti FIGC e del titolo per il quale la delega all’incasso è stata conferita all’ICCRI. Mancavano i requisiti per la compensazione, non essendo certo, liquido ed esigibile il credito della curatela e la CTU ha solo dedotto che potesse esservi stata compensazione.

In sintesi: “l’incompletezza e la contraddittorietà delle prove documentali acquisite al processo rendono evidente il difetto di legittimazione attiva e di interesse ad agire del Fallimento, che non ha dimostrato di aver subito alcun danno ed in ogni caso la reiezione della domanda ex art. 2697 c.c., per mancato assolvimento all’onere della prova da parte dell’attore”. La motivazione sarebbe carente a fronte della puntuale motivazione della sentenza di primo grado.

3.4.- Con il quarto motivo il ricorrente incidentale denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2709, 2710, 2729, 2697 c.c., artt. 81 e 100 c.p.c. e relativo vizio di motivazione. Deduce che erroneamente la Corte di appello ha desunto la prova del pagamento del mutuo da parte della società – attraverso la FIGC – dalla mancata contestazione delle scritture contabili della medesima, che, a mente dell’art. 2709 c.c., fanno prova soltanto “contro” l’imprenditore o, ex art. 2710 c.c., tra imprenditori.

3.5.- Con il quinto motivo il ricorrente incidentale denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2729, 2697 c.c., artt. 81 e 100 c.p.c. e relativo vizio di motivazione. Sarebbero inidonei gli elementi indiziari valorizzati dalla Corte di merito per ritenere provato il pagamento del mutuo attraverso la compensazione dei crediti verso FIGC. 3.6.- Con il sesto motivo il ricorrente incidentale deduce che è infondata l’eccezione di tardività del suo appello incidentale trattandosi di causa di ed. vecchio rito.

3.7.- Con il settimo motivo il ricorrente incidentale deduce che la sentenza di appello deve essere confermata nella parte in cui ha accolto la sua domanda di manleva.

3.8.- Con l’ultimo motivo il ricorrente incidentale denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. e relativo vizio di motivazione in merito alla sua condanna al pagamento delle spese processuali (compensate per metà) in favore della curatela, a differenza delle altre parti, che pure avevano resistito alla domanda, nei confronti delle quali le spese sono state compensate. Inoltre, manca qualsiasi motivazione in ordine alla condanna del G. al pagamento delle spese di CTU, pur avendo evidenziato la Corte di merito che le pretese della curatela erano state accolte solo in parte.

4.- Preliminarmente, va rilevato che i motivi del ricorso incidentale – pur essendo numerati da 1 a 8 – sono soltanto sei, il sesto ed il settimo contenendo solo difese.

4.1.- Il primo motivo del ricorso principale ed il secondo – di analogo tenore – del ricorso incidentale sono infondati perchè risulta dalla stessa sentenza impugnata, nella parte narrativa, che la curatela fallimentare aveva censurato con motivi specifici la decisione di rigetto della domanda (pag. 11 della sentenza impugnata, nella quale sono sintetizzati i motivi di appello), lamentando che erroneamente fosse stata esclusa la sussistenza della prova dell’avvenuto pagamento delle rate di mutuo dalla società poi fallita.

4.2.- Nella concreta fattispecie – ratione temporis – sono applicabili le disposizioni del codice di procedura civile nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla c.d. Novella del 1990 (entrata in vigore nel 1995). Da ciò discende l’infondatezza delle censure (secondo motivo del ricorso principale e primo del ricorso incidentale) con le quali è denunciata la violazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione alla domanda nuova che sarebbe stata proposta in appello. Invero, alla luce della previgente disciplina era applicabile il principio per il quale persino “la domanda proposta all’udienza di precisazione delle conclusioni deve ritenersi ritualmente introdotta in giudizio, per accettazione implicita del contraddittorio” (Sez. U., Sentenza n. 8596 del 29/08/1998).

Nella concreta fattispecie sia lo Z. che il G., con le proposte chiamate in manleva, hanno posto a fondamento delle proprie pretese dedotti accolli ed estromissioni riguardanti il pagamento delle rate del mutuo che certo non aveva erogato la FIGC, mentre è pacifico che l’istruttoria (acquisizione di documenti presso l’ICCRI e consulenza contabile) ha riguardato il mutuo concesso dall’istituto di credito.

Pertanto, sin dagli atti introduttivi del giudizio, con le chiamate in causa dei terzi, la domanda della curatela era stata ben individuata dai ricorrenti nel pagamento del mutuo che ciascuno di essi pretendeva fosse stato oggetto di accollo (o espromissione) da parte del chiamato, sulla base di convenzione che richiamava espressamente il mutuo contratto dalla società con l’ICCRI (v. trascrizione, non contestata dalle parti, del testo della convenzione a pag. 12 del controricorso della curatela).

4.3.- Per le ragioni esposte nel paragrafo precedente, trattandosi, appunto, di c.d. “vecchio rito”, fino alla prima udienza di trattazione, a norma dell’art. 343 cod. proc. civ., previgente poteva essere proposto, a pena di inammissibilità, l’appello incidentale (Sez. 2, Sentenza n. 13751/1999).

Talchè è infondata la censura di cui al settimo motivo del ricorso principale.

5. – A) Rapporti Società Pordenone Calcio – G. – Z..

Il terzo, il quarto, il quinto e il sesto motivo del ricorso principale nonchè il terzo, il quarto ed il quinto motivo del ricorso incidentale, tutti relativi al capo della sentenza che ha accolto la domanda proposta dalla curatela fallimentare, possono essere congiuntamente esaminati perchè intimamente connessi e in più parti di analogo contenuto.

Le censure sono infondate.

Il rapporto intercorso tra Società Pordenone Calcio – G. – Z. è stato correttamente qualificato dalla Corte di merito come accollo semplice (o interno) essendo mancata l’adesione del creditore.

La società – non liberata dall’ICCRI – era rimasta solidalmente obbligata nei confronti dell’istituto di credito, rimasto estraneo all’accordo.

All’epoca della stipula del mutuo per L. 350.000.000 – garantito dal C.O.N.I. e dalla F.I.G.C. – la società (con atto a firma del G. del (OMISSIS)) diede mandato irrevocabile alla F.I.G.C. di versare su un conto corrente della Pordenone Calcio acceso presso l’istituto mutuante, I.C.C.R.I., tutte le provvidenze previste a favore della società mandante.

Il G. si era accollato il mutuo residuo dopo il pagamento di due rate da parte della società, per un importo ancora a scadere, a far tempo dal (OMISSIS), di L. 330.713.417.

Il G. non ha fornito alcuna prova di avere adempiuto pagando le rate di mutuo in favore dell’istituto mutuatario. Alla stregua della consulenza tecnica espletata, anzi, la Corte di merito ha accertato che le sei rate semestrali scadute dal (OMISSIS) al (OMISSIS) erano state pagate dalla F.I.G.C. con rimesse del CONI, per proventi del Totocalcio stornati, alle società partecipanti ai campionati. La prova è stata tratta dalle “scritture contabili della società armoniosamente riscontrate dalla documentazione bancaria e dalle note della Federazione in atti”, dalla mancata insinuazione al passivo da parte dell’ICCRI, il quale ha affermato di essere stato “soddisfatto del suo credito dalla Federazione”.

A fronte del dato pacifico per cui nè il G. nè lo Z. hanno provato, nè offerto di provare, di avere adempiuto l’obbligazione oggetto dell’accollo, le censure rivolte dai ricorrenti alla motivazione della sentenza impugnata si risolvono in inammissibili censure in fatto e richieste di “rilettura” di atti probatori.

Quanto alla pronuncia richiamata dal ricorrente principale in merito alle presunzioni, è appena il caso di evidenziare che, secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, “il convincimento del giudice può ben fondarsi anche su una sola presunzione, purchè grave e precisa, nonchè su una presunzione che sia in contrasto con altre prove acquisite, qualora la stessa sia ritenuta di tale precisione e gravità da rendere inattendibili gli elementi di giudizio ad essa contrari. Nè occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità, cioè che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possano verificarsi secondo regole di esperienza” (Sez. 1, Sentenza n. 16993/2007).

Peraltro, “ai libri ed alle scritture contabili – che nelle ipotesi di cui agli artt. 2709 e 2710 cod. civ. costituiscono prova contro l’imprenditore, senza tuttavia la possibilità, per chi vuoi trame vantaggio, di scinderne il contenuto – può, al di fuori di dette ipotesi, essere attribuito il carattere ed il valore di elementi indiziari, atti a dar vita, in concorso con altri elementi, ad una valida prova per presunzioni ai sensi dell’art. 2727 cod. civ., e segg.” (C. n. 4145/1987; C. n. 14658/2003).

6.- Rapporto G. – Z. Dalla sentenza impugnata si evince che la domanda di manleva proposta dal G. nei confronti dello Z. è fondata “sul patto presente nell’atto scritto datato 17.2.1988” e che il medesimo Z. “costituendosi, ha riconosciuto espressamente d’aver assunto l’impegno con il G.”.

La Corte territoriale, poi, ha correttamente escluso qualsiasi validità alla “nota di espromissione con liberazione, sottoscritta nella medesima data dallo Z. a nome della s.p.a. Pordenone Calcio” perchè “questi mai ebbe ad assumere, come dallo stesso sottolineato, nè la qualità di socio nè alcuna carica sociale in detta società”.

Tutte le censure rivolte dal ricorrente principale (con l’ottavo e il nono motivo) contro il capo della sentenza che accolto la domanda di manleva del G. sono – alla luce di quanto evidenziato dalla Corte di merito – manifestamente infondate oltre ad essere inammissibili per violazione del principio di autosufficienza, non essendo in ricorso trascritte le parti rilevanti del documento menzionato nella sentenza impugnata.

D’altra parte, il contenuto della scrittura privata, come ricostruito dalla Corte territoriale, non risulta ritualmente censurato mediante formulazione di motivi attinenti alle regole legali di interpretazione dei contratti.

7.- Rapporti Z. – M.M. – M.L.: i motivi (sub 2.10-2.15) relativi a tali rapporti sono infondati. In ordine ai predetti rapporti la Corte territoriale ha osservato che, con una convenzione priva di data, il M.M.. s’impegnava ad acquistare, per sè o persona da nominare, la totalità delle azioni della spa Pordenone Calcio e che il mutuo, accollatosi dal G. e trasferito allo Z., sarebbe stato nuovamente posto a carico della società calcistica, con liberazione dello Z.. Si conveniva, specificamente, che la rata di mutuo in scadenza il 1.7.1988 sarebbe rimasta a carico degli acquirenti il pacchetto azionario.

La convenzione risultava redatta non già dallo Z., siccome venditore, bensì da tale C.E., quale procuratore di persone estranee alla presente lite. La Corte ha quindi rilevato come in atti non risulti versato documento alcuno a comprova che, nel termine di legge, il M.M. avesse nominato quale soggetto interessato al contratto il Dott. M.L., nè versato alcun documento attestante la conclusione del necessario contratto definitivo di cessione delle azioni, nè versato alcun atto scritto, con il quale la società poi fallita riassumeva su di sè l’onere di onorare le rate di mutuo a scadere. Il Dott. M.L. risultava evocato in lite solo perchè, come appariva dalla visura camerale, succedette a tale G.M., soggetto che figurava nella convenzione siccome cedente delle azioni, nel settembre 1988, quale amministratore unico della spa Pordenone Calcio.

Sennonchè in atti non risultava versata alcuna documentazione della valida nomina del M.L. in esito alla convenzione predetta, nè risultava provato che questi avesse acquistato il pacchetto azionario della società in esecuzione del contratto preliminare sottoscritto dal M.M..

Ciò anche perchè non era dato sapere lo iato di tempo trascorso tra la convenzione – senza data – ed il contratto di cessione delle azioni; l’unico dato certo in causa visura camerale – essendo che in data 8.9.1988 il M.L. divenne amministratore unico in luogo di tale G..

Poichè mancava la prova che il M.L. avesse acquistato il pacchetto azionario della spa Pordenone Calcio sulla base dei patti di convenzione, a firma del solo M.M., nè risultava provato che il medesimo fosse stato nominato dal M.M., alcuna obbligazione esisteva tra lo Z. ed il M.L., che giustificasse l’evocazione in giudizio di quest’ultimo.

7.1.- La Corte di merito ha correttamente applicato l’art. 1403 c.c..

Le parti hanno stipulato la convenzione – qualificata dalla Corte di appello come preliminare di vendita delle quote della società calcistica – per iscritto.

Quindi, a mente dell’art. 1403 c.c., sia la dichiarazione di nomina del terzo che la sua accettazione – a pena di inefficacia – avrebbero dovuto rivestire la stessa forma.

La prova dell’esistenza della nomina e dell’accettazione in forma scritta è, invece, mancata.

Corretto, dunque, è il rigetto della domanda nei confronti del M.L., difettando, altresì, la prova che avesse acquistato il pacchetto azionario in virtù del preliminare stipulato da M.M..

7.2.- In ordine alla responsabilità del M.M., la Corte di appello ha evidenziato che indubbiamente esisteva ragione per evocarlo in giudizio, in quanto firmatario in proprio, oltre che per persona da nominare, della convenzione ove, al punto 3, “era pattuito patto a favore dello Z., anche se lo stesso non era parte del contratto”. Nondimeno, dal tenore letterale dell’accordo la Corte di appello ha accertato “che il M.M., non già, assunse l’impegno in proprio o per la persona da nominare, bensì promise il fatto di un terzo, cioè della società calcistica, il cui pacchetto azionario s’era impegnato alla clausola n 1 ad acquistare. Difatti, le parti contraenti stabilirono, non già, che gli acquirenti si assumevano l’obbligo di pagare le rate a scadere del mutuo, bensì testualmente che il mutuo resterà di esclusiva attribuzione della società con liberazione dello Z.”.

Pertanto, secondo la sentenza impugnata, “l’accordo a favore dello Z. era funzionale e conseguenza dipendente dall’acquisto del pacchetto azionario, non avendo altrimenti autonomia e senso propri”.

Ha concluso la Corte di merito che nella specie trovava “applicazione la norma, ex art. 1381 c.c., ma al riguardo lo Z.” non aveva “fornito prova alcuna circa il ricorrere dei requisiti fattuali per poter esigere l’indennizzo”. Infatti, era mancata la prova della conclusione della compravendita delle azioni “cui all’evidenza era strettamente collegato anche il patto a favore dello Z., relativamente al quale nulla è dato sapere”.

Inoltre, era mancata la prova “circa l’interessamento dei contraenti presso la società al fine della confezione del necessario atto formale di riassunzione dell’onere del mutuo in essere, trasferito a carico del G. solo un anno prima”.

7.3.- “L’interpretazione della volontà delle parti in relazione al contenuto di un contratto o di una qualsiasi clausola contrattuale importa indagini e valutazioni di fatto affidate al potere discrezionale del giudice di merito, non sindacabili in sede di legittimità ove non risultino violati i canoni normativi di ermeneutica contrattuale e non sussista un vizio nell’attività svolta dal giudice di merito, tale da influire sulla logicità, congruità e completezza della motivazione. Peraltro, quando il ricorrente censuri l’erronea interpretazione di clausole contrattuali da parte del giudice di merito, per il principio di autosufficienza del ricorso, ha l’onere di trascriverle integralmente perchè al giudice di legittimità è precluso l’esame degli atti per verificare la rilevanza e la fondatezza della censura” (Sez. 3, Sentenza n. 2560 del 06/02/2007).

Le censure formulate dal ricorrente principale con i motivi 2.10-2.15 sono, da un lato, infondate, alla luce della congrua e logica motivazione – innanzi riportata – con la quale la Corte di appello ha escluso l’autonomia dell’espromissione (recte, promessa di liberazione: v. infra) contenuta nella convenzione senza data invocata dallo Z. e, dall’altro, inammissibili per mancanza del requisito di autosufficienza.

D’altra parte, appare evidente che anche l’invocata promessa del fatto del terzo ex art. 1381 c.c., è stata dalla Corte di merito ritenuta indissolubilmente collegata al preliminare di vendita non eseguito (motivo 14), con accertamento in fatto logicamente motivato e non ritualmente censurato (per mancanza di autosufficienza del motivo).

Peraltro, neppure è invocabile l’istituto dell’espromissione (e in tal senso va corretta e integrata la motivazione della sentenza impugnata) perchè, nella concreta fattispecie, l’accordo di cui all’art. 1372 c.c., sarebbe intervenuto tra il C. “quale procuratore di persone estranee alla presente lite” (tale G., promittente venditore delle azioni) ed il terzo espromittente ( M.M.) ma senza la partecipazione del creditore, ossia la Società Pordenone Calcio o il G., a seconda che il patto prevedesse come rapporto di valuta quello tra la società e il G. ovvero quello tra il G. e lo Z..

Infine, inteso l’impegno del M.M. – per sè o per persona da nominare – come promessa del fatto del terzo ex art. 1381 c.c. (ossia della società) in favore dello Z. (motivi 2.10, pag. 34 del ricorso principale, 2.13 e 2.15) appare insuperabile il rilievo della Corte di merito secondo cui l’impegno stesso era condizionato alla compravendita (non seguita) delle azioni in esecuzione del preliminare.

Nè la mancanza di valida nomina del terzo (per iscritto, irrilevante essendo l’interessata ammissione in proposito del M.M.) ha avuto come conseguenza quella di obbligare personalmente il M.M. (undicesimo motivo) e ciò per la stessa ragione, ora indicata, dell’accertata connessione dell’impegno con l’esecuzione del contratto preliminare.

Il testo del telegramma inviato dal M.M. al C. con riferimento al preliminare e che ne proverebbe la data di stipula (dodicesimo motivo) non è stato trascritto in violazione del principio di autosufficienza e, comunque, non potrebbe tenere luogo della necessaria accettazione per iscritto da parte del M.L.. La relativa censura è inammissibile.

La circostanza che il M.L. sia divenuto azionista e amministratore della Società Pordenone Calcio (dodicesimo motivo) è stata ritenuta, dalla Corte territoriale, inidonea a dimostrare l’avvenuta esecuzione del preliminare, anche nella parte, peraltro, concernente l’espromissione dello Z. (recte: promessa di liberazione, considerato che alla stipula del preliminare non ha partecipato nessuno dei creditori, società o G.).

Trattasi di apprezzamento delle risultanze probatorie riservato al giudice del merito, incensurabile in cassazione.

La mancanza di data del preliminare non risulta sia stata valorizzata dalla Corte di appello ai sensi dell’art. 2704 c.c. (dodicesimo motivo) bensì al fine della ricostruzione della vicenda del trasferimento delle azioni e della prova dell’esecuzione del preliminare.

8.- Sono manifestamente infondate, infine, le censure del ricorso principale e di quello incidentale relative al regolamento delle spese processuali, correttamente poste a carico dei ricorrenti, soccombenti, in applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nel testo previgente, posto che le ragioni giustificatrici del potere esercitato dalla Corte di appello sono “chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito” (C. 17868/2009).

Le spese della consulenza tecnica d’ufficio – resa necessaria dalla difesa del G., il quale non si è limitato a chiamare in manleva lo Z. – sono state correttamente poste a carico del convenuto originario. Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – vanno poste a carico dei ricorrenti sulla base del medesimo principio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale nonchè il ricorso incidentale e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali in favore dei resistenti fallimento e M.L.; spese che liquida in favore di ciascuno in Euro 4.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2010

 

 

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