Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14761 del 14/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 14/06/2017, (ud. 23/02/2017, dep.14/06/2017),  n. 14761

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10122/2011 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS) in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29,

presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso

dagli avvocati MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI, ANTONELLA PATTERI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.M.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 1, presso lo studio GHERA-GAROFALO,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI BARANELLO, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 228/2010 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 02/07/2010 R.G.N. 1002/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GIOVANNI BARANELLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Campobasso con sentenza n. 228/2010 accoglieva l’appello proposto da M.M.A. avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto la sua domanda intesa ad ottenere la ricostituzione della pensione di vecchiaia di cui era titolare, con inclusione del periodo 1.10.1961 – 15.8.1962 non valutato dall’INPS.

A sostegno della decisione di riforma la Corte d’Appello affermava che in base al regime contributivo dell’epoca, l’adempimento dell’obbligo contributivo da parte del datore si aveva con la materiale apposizione sulla tessera intestata al lavoratore di marche assicurative; e che nel caso di specie la ricorrente, attraverso una serie di circostanze tutte documentali (come i certificati di servizio, nota dell’INPS di trasmissione delle tessere, prospetto del datore diretto all’INPS in cui si indicano le quote contributive a carico del datore e del lavoratore per i mesi da settembre 1961 ad agosto 1962, prospetto della Banca d’Italia di trattenuta sullo stipendio del giugno 1961 del contributo destinato all’INPS, modello 01/M in cui si attesta il versamento dei contributi per gli anni 1960, 1961, 1962), avesse fornito adeguata prova, sia pure di natura presuntiva, dell’avvenuto acquisto e dell’apposizione delle marche in suo favore per il periodo di lavoro in oggetto, adempimenti che anche il datore di lavoro pubblico si era assunto la responsabilità di attestare come effettivamente intervenuti.

Per la cassazione della sentenza di appello ricorre l’INPS con tre motivi di impugnazione. La M. ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso l’Inps denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. 28 agosto 1924, n. 1422, artt. 42, 43, 47, 51 e 52, del R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 51, della L. 4 aprile 1952, n. 218, art. 8, del D.P.R. n. 818 del 1957, artt. 6 – 9, degli artt. 2967, 2727 e 2729 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3). Sostiene l’Inps che all’epoca cui si riferisce la domanda era necessario, ai fini dell’assorbimento dell’obbligo assicurativo da parte del datore di lavoro, e correlativamente del conseguimento della copertura assicurativa da parte del lavoratore, non soltanto che il datore acquistasse le marche assicurative (rappresentative di un determinato valore monetario) e versasse, contestualmente, i contributi integrativi a percentuale dovuti a norma della L. 4 aprile 1952, n. 218, art. 8, ma anche che applicasse le predette marche sulla tessera dei lavoratori, in tal modo realizzandosi l’imputazione soggettiva e oggettiva dell’esborso contributivo. Lamenta perciò l’Inps che, pur in difetto di tale prova e dell’esibizione della medesima tessera, il giudice d’appello abbia ritenuto raggiunta lo stesso la prova in via presuntiva del versamento. Lamenta inoltre che la prova per testimoni o presuntiva potesse darsi solo in caso di distruzione o smarrimento della tessera e di richiesta di rilascio di un duplicato; ma non per dimostrare l’assolvimento dell’obbligo contributivo in mancanza dell’allegazione relativa alla distruzione o smarrimento della tessera per causa di forza maggiore; anche perchè la prova presuntiva non può essere ritenuta idonea a provare l’importo dei contributi versati.

1.1- Il motivo è infondato. Il R.D. 28 agosto 1924, n. 1422, art. 47 afferma: “Le tessere smarrite, divenute inservibili o distrutte sono sostituite con un duplicato rilasciato dall’Istituto di previdenza a richiesta dell’interessato.

Nel caso che la tessera sia stata distrutta o smarrita, l’interessato deve fornire gli elementi che possa avere per provarne la distruzione o lo smarrimento e il valore delle marche che erano apposte sulla tessera. L’istituto di previdenza, previa autorizzazione della cassa nazionale riporta sul duplicato della tessera l’ammontare dei contributi il cui versamento risulti provato…”.

Nel caso in esame il giudice d’appello ha desunto lo smarrimento da una serie di elementi presuntivi ed accertato sempre in via presuntiva che sussistesse la copertura assicurativa. Così facendo non ha violato alcuna norma positiva in quanto l’art. 47 cit. prevede che la stessa prova presuntiva possa abbracciare sia lo smarrimento sia l’assolvimento della contribuzione (“lo smarrimento e il valore delle marche che erano apposte sulla tessera”).

Questa Corte ha pure già affermato, sentenza n. 16192 del 18/08/2004 (est. Picone) che “secondo la giurisprudenza della Corte (cfr. Cass. 27 febbraio 2001, n. 2852; 4 aprile 2001, n. 5035), emerge dalla norma che il datore di lavoro deve eseguire i versamenti contributivi acquistando le marche ed apponendole sulla tessera individuale, documento che fornisce la prova dell’adempimento, prova che, tuttavia, in caso di distruzione o di smarrimento, può essere data con qualsiasi altro mezzo, anzi è sufficiente fornire meri elementi di prova, senza che occorra neppure comprovare di aver perduto il documento senza colpa (la disposizione speciale, richiamando le presunzioni semplici ed in linea con la natura di quietanza del documento in questione, esclude che debba farsi applicazione dell’art. 2724 c.c., n. 3)”.

Non si può pertanto distinguere e contrapporre la prova della distruzione o dello smarrimento e quella dell’assolvimento della contribuzione come fa l’Inps, richiamando un orientamento che, muovendo dalla diversa fattispecie (Cass.195/1996) dello smarrimento delle marche prima della loro applicazione sulla tessera (e senza versamento dei contributi integrativi da parte del datore), è arrivata a sostenere che la prova presuntiva in oggetto sia ammessa soltanto “sul presupposto della preventiva e avvenuta dimostrazione o della pacifica sussistenza della distruzione della documentazione per caso di forza maggiore” (Cass.19346/2004);…”come ad esempio un incendio nella sede dell’impresa o dell’INPS ove fossero custodite le tessere assicurative in questione” (Cass.19346/2004). Ma l’art. 47 cit. non contiene questa distinzione e consente al lavoratore di provare con “gli elementi che possa avere” sia la distruzione o lo smarrimento della tessera, sia l’assolvimento della contribuzione, senza richiedere pure che venga sempre indefettibilmente dedotta e dimostrata preliminarmente la forza maggiore della distruzione o dello smarrimento, che di fatto potrebbe anche non essere intervenuta.

Ne è vero che in via presuntiva non si possa provare l’importo dei contributi atteso il testo della norma che, al contrario, espressamente abilita alla prova presuntiva anche del “valore delle marche che erano apposte sulla tessera”.

La conclusione qui assunta, oltre ad essere ispirata dal testo della norma, appare pure sostenuta dalla necessità (considerata dalla stessa Corte Cost. con le sentenze nn. 26/1984 e 568/1989 intervenute sulla questione, per certi aspetti analoga, della prova dell’omissione contributiva) di trovare un giusto equilibrio sotto il profilo probatorio, ex artt. 24 e 38 Cost., tra l’interesse del lavoratore pregiudicato dallo smarrimento della tessera e quello dell’istituto previdenziale pubblico ad evitare la creazione postuma di posizioni contributive fittizie.

2. Col secondo motivo l’Inps deduce la violazione e l’errata applicazione dell’art. 437 c.p.c. nonchè vizio di motivazione perchè la Corte d’appello aveva giudicato sul fatto nuovo, non addotto in primo grado, relativo all’esistenza della distruzione e dello smarrimento della tessera e non aveva motivato sull’eccezione di tardività sollevata dall’Inps.

Il motivo è infondato perchè riflette la stessa artificiosa argomentazione circa lo sdoppiamento dell’onere probatorio di cui si è detto (sulla forza maggiore della distruzione o dello smarrimento e sul valore della tessera); sia perchè il giudice di merito, esercitando i propri poteri di qualificazione, in relazione al bene della vita oggetto del giudizio, ha ritenuto implicitamente dedotto nella domanda anche il fatto dello smarrimento. E non era quindi nemmeno tenuto a motivare espressamente sull’infondatezza dell’eccezione di tardività sollevata dall’Inps ai sensi dell’art. 437 c.p.c. in quanto essa si deduceva dall’accoglimento della tesi attorea, opposta a quella dell’INPS.

3.- Col terzo motivo si deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 avendo la sentenza fornito una motivazione carente in ordine alla copertura assicurativa. Si tratta di un motivo inammissibile sia perchè non denuncia come avrebbe dovuto (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) alcuna omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione come riferita ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, richiamando invece la formulazione dell’art. 360, n. 5 precedentemente in vigore. Sia perchè in ogni caso le censure sollevate propongono mere questioni di attendibilità e concludenza delle prove utilizzate ai fini della decisione dal giudice di merito; mirando ad un riesame della complessiva valutazione operata dalla Corte territoriale circa la prova presuntiva dello smarrimento del versamento contributivo, senza però denunciare alcuna omessa o illogica valutazione di fatti controversi e decisivi per il giudizio.

4.- Le considerazioni sin qui svolte impongono dunque di rigettare il ricorso e di condannare la ricorrente, rimasta soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 2700 di cui Euro 2500 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed oneri accessori.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2017

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