Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14760 del 15/07/2015
Civile Sent. Sez. 5 Num. 14760 Anno 2015
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: IOFRIDA GIULIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
–
ricorrente
–
contro
Baden
Haus
spa,
in
persona
del
legale
rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in
Roma Via Antonio Gramsci 54, presso lo studio
dell’Avv.to Giampiero Tasca, che la rappresenta e
difende, unitamente e disgiuntamente all’Avv.to
Gianluigi Masnata, in forza di procura speciale in
calce al controricorso
–
avverso
la
sentenza
n.
controri corrente
121/06/2007
–
della
Commissione Tributaria regionale delle Marche,
depositata il 4/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 17/04/2015 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
uditi l’Avvocato dello Stato, Fabrizio Urbani Neri,
per parte ricorrente, e l’Avv.to Giorgio Pozzi, su
Data pubblicazione: 15/07/2015
delega
Avv.ti
e
Tasca
Masnata,
per
parte
controricorrente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Anna Maria Soldi, che ha concluso
per il rigetto del ricorso principale, assorbito il
ricorso incidentale.
Ritenuto in fatto
L’Agenzia delle Entrate
propone ricorso per
della Baden Haus spa, avverso la sentenza della
Commissione Tributaria Regionale delle Marche n.
121/06/2007, depositata in data 4/03/2008, con la
quale – in controversia concernente l’impugnazione
di un avviso di accertamento, per IRPEG, IRAP ed
IVA, relative all’anno 1998, emesso a seguito di
verifica fiscale a carattere generale (effettuata
nell’anno 2000) e di recupero a tassazione degli
interessi passivi di un finanziamento,
indebitamente detratti dalla società, in quanto
ritenuti, dall’Amministrazione finanziaria, frutto
di operazioni elusive, consistenti in una riduzione
del capitale sociale, deliberata nel maggio 1997,
con distribuzione ai soci e sottoscrizione, da
parte degli stessi, di un prestito obbligazionario,
in favore della società, e dei ricavi conseguenti a
presunte vendite di beni senza fattura – è stata
confermata la decisione di primo grado, che aveva
accolto il ricorso della contribuente.
In
particolare,
i
giudici
d’appello
hanno,
preliminarmente,ritenuta legittima l’utilizzazione,
da parte dell’Amministrazione finanziaria,
dell’accertamento parziale, ai sensi dell’art.41
bis DPR 600/1973, sia perché detto strumento
consegue ad una “segnalazione” non necessariamente
di
“particolare semplicità”,
2
sia perché comunque
cassazione, affidato a due motivi, nei confronti
l’eccezione
dell’appellata
avrebbe
dovuto
costituire oggetto di uno specifico motivo di
appello,
“avendo costituito un punto controverso
non deciso o deciso dalla Commissione di 1 ° grado
in senso sfavorevole alla società contribuente”.
Quindi, gli stessi, nel merito, hanno sostenuto
che il comportamento della contribuente non appare
elusivo, ma sorretto da valide ragioni economiche
succedutesi nel tempo, sono conseguite a decisioni
legittimamente assunte dagli organi sociali,
riflettenti scelte di politica d’impresa; gli
investimenti sono effettivamente ammontati a “£
7
miliardi e la copertura finanziaria corrispondeva
all’ammontare dell’emissione del prestito
obbligazionario”,
con conseguente inerenza con
l’attività sociale e le necessità finanziarie
aziendali; la scelta di ricerca di capitali di
terzi, in alternativa all’utilizzo di capitali
propri, è rimessa all’imprenditore; è illogica la
scelta dell’Ufficio di recuperare a tassazione
l’importo di £ 581.000.000 sia nel 1998 sia nel
1999); inoltre, ad avviso della C.T.R., l’ulteriore
rilievo relativo al recupero dei ricavi afferenti
merce, stante la ritenuta non corrispondenza tra
imballaggi e cerniere acquistate ed utilizzate, non
è legittimo, in quanto, come ritenuto dai giudici
di primo grado,
“gli impieghi di tali elementi
accessori_possono rientrare tra quelli
giustificabili”,
non potendo presumersi omissione
di ricavi da “gli sfridi, i resi, le rotture e la
contestuale fornitura di scorte”.
L’intimata ha depositato controricorso, nonché
ricorso incidentale, affidato a due motivi.
Considerato in diritto
3
(considerato che le operazioni societarie,
1.
L’Agenzia delle Entrate ricorrente, in via
principale, limitando il ricorso al solo rilievo
concernenti le operazioni elusive, ai sensi degli
artt.37 bis e 41 bis DPR 600/1973 e riducendo
comunque, in questa sede, la pretesa dell’Ufficio a
£
166.000.000
(corrispondente
all’8,3%,
onere
annuale dedotto dalla contribuente per gli
interessi passivi, su £ 2 miliardi, anziché £ 7
violazione e falsa applicazione, ex art.360 n. 3
c.p.c., degli artt.37 bis comma 4 DPR 600/1973 e 53
Cost. e dei principi in tema di abuso del diritto,
non essendo, da un lato, opponibili all’Ufficio i
comportamenti elusivi anche se frutto, quanto alle
società, di specifiche delibere sociali.
2. La censura è infondata.
2.1. E’ utile una breve ricostruzione del quadro
normativo, come interpretato dalla giurisprudenza
di questa Corte di legittimità.
Recitano i primi cinque commi dell’art.37 bis DPR
600/1973, nel testo vigente ratione temporis: “/.
Sono inopponibili all’amministrazione finanziaria
gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra
loro, privi di valide ragioni economiche, diretti
ad
aggirare
dall’ordinamento
obblighi
o
tributario
divieti
previsti
e
ottenere
ad
riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti
indebiti.
2.
L’amministrazione
finanziaria
disconosce i vantaggi tributari conseguiti
mediante gli atti, i fatti e i negozi di cui al
comma 1, applicando le imposte deter- minate in
base alle disposizioni eluse, al netto delle
imposte dovute per effetto del comportamento
inopponibile all’amministrazione. 3.
Le
disposizioni del commi 1 e 2 si applicano a
4
miliardi), lamenta, con il primo motivo, la
condizione che, nell’ambito del comportamento di
cui al comma 2, siano utilizzate una o piu’ delle
seguenti operazioni: a) trasformazioni, fusioni,
scissioni, liquidazioni volontarie e distribuzioni
ai soci di somme prelevate da voci del patrimonio
netto diverse da quelle formate con utili; b)
conferimenti in societa’, nonche’ negozi aventi ad
oggetto il trasferimento o il godimento di aziende;
d’imposta; e)
operazioni di cui al decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 544,
disposizioni
per
recante
l’adeguamento
alle
direttive comunitarie
relative
fiscale
scissioni, conferimenti
di
fusioni,
d’attivo e scambi di azioni; f)
al
regime
operazioni,
da
chiunque effettuate, incluse le valutazioni, aventi
ad
oggetto
((i
beni
ed i rapporti di cui
all’articolo 81, comma 1, lettere da c) a c
quinquies), del testo unico delle imposte sui
redditi)), approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. 4.
L’avviso di accertamento e’ emanato, a pena di
nullita’, previa richiesta al contribuente
anche per lettera raccomandata, di chiarimenti
da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla
data di ricezione della richiesta nella quale
devono essere indicati i motivi per cui si reputano
applicabili i commi 1 e 2. 5. Fermo restando
quanto
disposto
d’accertamento
dall’articolo
deve
essere
42,
l’avviso
specificamente
motivato, a pena di nullita’, in relazione alle
giustificazioni fornite dal contribuente e
imposte
le
o le maggiori imposte devono essere
calcolate tenendo conto di quanto previsto al comma
2.”.
5
c) cessioni di crediti; d) cessioni di eccedenze
Secondo l’orientamento di questa Corte, formatosi
proprio in relazione alla disposizione antielusiva
di cui all’art.37 bis,
“costituisce condotta
abusiva l’operazione economica che abbia quale suo
elemento predominante ed assorbente lo scopo
elusivo del fisco, sicché il divieto di siffatte
operazioni non opera ove esse possano spiegarsi
altrimenti che con il mero conseguimento di
nonché delle modalità di manipolazione e di
alterazione degli schemi negoziali classici,
considerati come irragionevoli in una normale
logica di marcato ed utilizzati solo per pervenire
a quel risultato fiscale, incombe
sull’Amministrazione finanziaria”
(Cass. n. 21390
del 2012; Cass. n. 1465 del 2009; Cass. S.U. 23
dicembre 2008, n. 30055; Cass. 4603 e 4604/2014,
nella quale ultima si è affermato che “I/ carattere
abusivo va escluso quando sia individuabile una
compresenza, non marginale, di ragioni
extrafiscali, che non necessariamente si
identificano in una redditività immediata, potendo
consistere in esigenze di natura organizzativa ed
in un miglioramento strutturale e funzionale
dell’azienda”.) .
L’Amministrazione finanziaria ha dunque l’onere di
provare il disegno elusivo, nonché le modalità di
manipolazione e di alterazione degli schemi
negoziali classici, considerati come irragionevoli
in una normale logica di mercato ed utilizzati solo
per pervenire a quel risultato fiscale.
Non costituisce elusione la sola scelta del
contribuente di non seguire l’opzione fiscalmente
più onerosa.
Va evidenziato che, mentre al comma l dell’art.37
6
risparmi di imposta; la prova del disegno elusivo,
bis in esame,
si specifica,
quali requisiti
necessari per l’individuazione del comportamento
elusivo, che l’operazione elusiva comporti un
aggiramento
“patologico”
di norme tributarie, che
attraverso essa si realizzi un risparmio d’imposta
indebito e che la stessa operazione,
complessivamente considerata, sia priva di valide
ragioni economiche, nei commi 4 e 5 si tiene conto
il contraddittorio preventivo in materia di
contestazioni di tipo anti-elusivo, la successiva
motivazione dell’avviso di accertamento sulla
scorta dei chiarimenti forniti in sede di
contraddittorio preventivo e, dunque, in sostanza,
la contestazione specifica dell’elusività
dell’operazione
ben
prima
dell’emissione
dell’avviso di accertamento.
2.2. Giova rammentare che, più in generale, il
concetto di abuso del diritto, elaborato dalla
giurisprudenza comunitaria, preclude al
contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali
ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non
contrastante con alcuna specifica disposizione, di
strumenti giuridici idonei ad ottenere
un’agevolazione o un risparmio di imposta, in
difetto di ragioni economicamente apprezzabili,
diverse dalla mera aspettativa di quei benefici, ed
impone al giudice tributario di considerare
l’operazione come un tutto unitario, nella sua
essenza, prescindendo dall’accertamento della
simulazione o del carattere fraudolento(Cass. 20398
e 22932/2005; Cass. 21221/2006; cfr. Cass.S.U.
30055/2008).
2.3.Con una recente pronuncia di questa Corte
(Cass. 438/2015; cfr. anche Cass. 2012/21390 e
7
del diritto di difesa del contribuente, imponendosi
Cass. 2014/4604),
in materia di comportamenti
elusivi ex art.37 bis DPR 600/1973 (ed in relazione
ad una contestata operazione di fusione per
incorporazione), è stato chiarito che “il carattere
elusivo, sotto il profilo fiscale, di una
determinata operazione, nel fondarsi normativamente
conseguimento di
un
ragioni economiche e sul
indebito
presuppone l’esistenza di
vantaggio fiscale,
un adeguato strumento
giuridico che, pur se alternativo a quello scelto
dal contribuente, sia comunque funzionale al
raggiungimento dell’obiettivo economico perseguito
dal contribuente medesimo”;
conseguentemente,
“la
cautela, che deve guidare l’applicazione del
principio, … deve essere massima quando non si
tratti di operazioni finanziarie …, di artificioso
frazionamento di contratti o di anomale
interposizioni di soggetti ma di
ristrutturazioni societarie, soprattutto quando le
stesse avvengono nell’ambito di grandi
gruppi
d’imprese”, dovendo, in questi ultimi casi, essere
indagato se “vi siano manipolazioni ed alterazioni
di schemi
negoziali classici, considerate
irragionevoli in una normale logica di mercato e se
vi sia reale fungibilità con le soluzioni
prospettate da fisco”.
La Corte ha pertanto affermato il seguente
principio
di
diritto:
“nei
processi
di
ristrutturazione e riorganizzazione aziendale
integra gli estremi della condotta elusiva quella
costruzione che, tenuto conto sia della volontà
delle parti implicate che del contesto fattuale e
giuridico, ponga quale elemento essenziale
dell’operazione economica lo scopo di ottenere
vantaggi fiscali, con la conseguenza che il divieto
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sul difetto di valide
di comportamenti abusivi non vale ove quelle
operazioni possano spiegarsi altrimenti che con il
mero conseguimento di risparmi d’imposta e manchi
il presupposto dell’esistenza di un idoneo
strumento giuridico che, pur se alternativo a
quello scelto dalla parte contribuente, sia
comunque funzionale ai raggiungimento
dell’obiettivo economico perseguito”.
anche il legislatore nazionale (legge n. 23
dell’11/03/2014, articolo 5) che, nel delegare al
Governo l’attuazione della disciplina dell’abuso
del diritto e dell’elusione fiscale, coordinandola
con la succitata raccomandazione dell’UE, indica,
tra i principi e i criteri direttivi, quelli di:
“definire la condotta abusiva come uso distorto di
strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio
d’imposta”; “garantire la libertà di scelta del
contribuente tra diverse operazioni comportanti
anche un diverso carico fiscale” ; “considerare lo
scopo di ottenere indebiti vantaggi fiscali come
causa prevalente dell’operazione abusiva”;
“escludere la configurabilità di una condotta
abusiva se l’operazione o la serie di operazioni è
giustificata da ragioni extrafiscall non
marginali”; “stabilire che costituiscono ragioni
extra fiscali anche quelle che non producono
necessariamente una redditività immediata
dell’operazione, ma rispondono ad esigenze di
natura organizzativa e determinano un miglioramento
strutturale
e
funzionale dell’azienda del
contribuente”; “disciplinare
il
regime
della
prova ponendo a carico dell’amministrazione
finanziaria l’onere di dimostrare il disegno
abusivo e le eventuali modalità di manipolazione e
9
2.4. Nella stessa direzione si è mosso, da ultimo,
di
alterazione
giuridici
funzionale degli
utilizzati,
conformità a una
nonché
la
normale logica
strumenti
loro mancata
di mercato,
prevedendo, invece, che gravi sul contribuente
l’onere di allegare l’esistenza di valide
extrafiscali
alternative
o
ragioni
concorrenti
che
giustifichino il ricorso a tali strumenti”;
“prevedere una formale e puntuale individuazione
dell’accertamento fiscale, a pena di nullita’
dell’accertamento stesso”.
2.5. Ora, i giudici della C.T.R., oltre ad avere
precisato che le operazioni poste in essere erano
conseguenti a
“decisioni legittimamente assunte
dagli organi sociali”,
implicanti precise scelte di
politica d’impresa (ricerca di capitali di terzi in
alternativa all’utilizzo di capitali propri), hanno
affermato che le stesse erano sorrette da valide
ragioni economiche, essendo stati documentati
“investimenti”
corrispondente
per
£
7
miliardi,
all’ammontare
del
importo
prestito
obbligazionario.
Il motivo della ricorrente Agenzia delle Entrate
estrapola invece un frammento della complessa
motivazione, isolandolo dal resto.
3. Con il secondo motivo, la stessa ricorrente
censura l’omessa motivazione, ex art.360 n. 5
c.p.c., circa un fatto decisivo e controverso, non
avendo i giudici motivato sul carattere elusivo e
sull’assenza di valide ragioni economiche della
complessiva
operazione posta in essere dalla
società, non tanto in relazione all’emissione del
prestito, finalizzato ad investimenti, quanto alla
riduzione ed al successivo aumento, a distanza di
pochi mesi, del capitale sociale, laddove la
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della condotta abusiva nella motivazione
società
“ben avrebbe potuto evitare di ridurre il
capitale sociale (e di aumentarlo subito dopo) con
la successiva distribuzione ai soci, ed ottenere
poi dagli stessi in prestito la stessa somma
distribuita”,
con identico risultato, divergente
solo per il risparmio di imposta conseguente agli
oneri pagati dalla società per il prestito dei soci
e portati in detrazione, correttamente ripreso a
La censura è infondata.
I giudici hanno ritenuto che le delibere sociali,
dunque quelle di riduzione, prima, nel maggio 1997,
ed aumento, a distanza di quattro mesi, con
emissione del prestito obbligazionario, ad un tasso
annuale dell’8,35, per £
“succedutesi nel tempo”,
7
miliardi, delibere
corrispondono a specifiche
“scelte di politica d’impresa in merito
all’organizzazione produttiva, scelte di mercato e
conseguenti piani finanziari”.
La contribuente aveva, in effetti, documentato la
maggiore onerosità del finanziamento presso un
istituto di credito.
Peraltro, una delibera di riduzione del capitale
sociale può anche essere funzionale alla esigenza
di “liberare” capitali da reinvestire.
Inoltre,
l’aumento
pacificamente,
di
capitale
è
stato,
deliberato successivamente alla
trasformazione della società, da srl a spa, e l’
aumento è stato corrispondente ad importo almeno
pari all’ammontare ritenuto necessario per il piano
di investimenti, programmati ed effettivamente
attuati, come accertato dal giudice di merito.
4. La controricorrente ha proposto due motivi di
ricorso incidentale (Motivo l, per violazione e
falsa
applicazione,
ex art.360
11
n.
3
c.p.c.,
tassazione.
?SENTE DA REGISTRAZIONI!
AI SENSI DEL D.P.R. 26/41196
N. 131 TAB. ALL. B. – N. 5
dell’art.41
bis
all’illegittimità
DPR
600/1973,
dell’avviso
di
in
MATERIA TRISUTARIA
ordine
accertamento
parziale, scaturente da una verifica fiscale
generale e non già da apposita segnalazione; Motivo
2, per violazione e falsa applicazione, ex art.360
n. 4 c.p.c., dell’art.112 c.p.c., avendo i giudici
d’appello omesso di statuire su di un’eccezione
pregiudiziale all’esame del merito della
controversia, ritualmente sollevata dalla
contribuente, in primo grado, e riproposta in
appello, concernente la mancata indicazione, nella
motivazione dell’atto impositivo, delle ragioni
alla luce delle quali l’Ufficio, in violazione del
comma 5 dell’art.37 bis DPR 600/1973, non aveva
considerato i chiarimenti forniti dalla società in
risposta al questionario ex art.37 bis comma 4 DPR
600/1973).
I motivi del suddetto ricorso incidentale, stante
il rigetto del ricorso principale, sono, di
conseguenza, assorbiti.
5. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve
essere respinto.
Le
spese
processuali,
liquidate
come
in
dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito
l’incidentale; condanna la parte ricorrente al DEPOSITATOINCANCELLERIA
rimborso delle spese processuali del presente IL
2015
15 La
giudizio di legittimità, liquidate in complessivi C
Il Funfo a4Giudiziario
4.000,00, a titolo di compensi, oltre rimborso
forfettario spese generali nella misura del 15% ed
accessori di legge.
Deciso in Roma, il 17/04/2015.
Mar4eU BpRAGONA