Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14760 del 10/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 10/07/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 10/07/2020), n.14760

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GILOTTA Bruno – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

nel giudizio iscritto al n. 2899/2013, promosso da:

M.P. e M.L., rappresentati e difesi dall’avv.

Giuseppe Marini ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in

Roma via (NDR. Testo non leggibile),

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza 113/64/12 del (NDR. Testo non

leggibile) 2012 della Commissione tributaria regionale per la

Lombardia, sez. stacc. di Brescia.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con la sentenza sopra detta la Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. stacc. di Brescia, in riforma di quella di primo grado, ha validato gli avvisi di accertamento (OMISSIS) e (OMISSIS) i.r.pe.f. 2005 della Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Bergamo, con i quali era stata ripresa a tassazione, ai fini i.r.pe.f., la plusvalenza realizzatasi a favore di M.P. e di M.L. per la vendita infraquinquiennale di un’area edificabile, acquistata per Euro 567.973,90 e rivenduta al prezzo di Euro 900.000,00. L’accertamento si era fondato sull’importo sul quale era intervenuta, da parte dell’acquirente, in sede di imposta di registro, la definizione bonaria dell’avviso di da parte dell’acquirente, in sede di imposta di registro, la definizione bonaria dell’avviso di rettifica e liquidazione, nonchè sui movimenti del deposito bancario dei contribuenti, dai quali l’Ufficio aveva tratto l’esistenza di ricavi non dichiarati.

La sentenza è stata motivata ritenendosi che “il valore di mercato determinato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro può essere legittimamente utilizzato dall’Amministrazione finanziaria come dato presuntivo ai fini dell’accertamento di una plusvalenza realizzata a seguito di cessione immobiliare”, che è onere del contribuente inficiare.

Per la cassazione di questa sentenza, per sette motivi, ricorrono M.P. e M.L..

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Per la trattazione è stata fissata l’adunanza in camera di consiglio del 30 gennaio 2020, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. n. 168 del 2016, conv. in L. n. 197 del 2016.

I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, avendo la Commissione tributaria regionale ritenuto che il prezzo di vendita del terreno potesse essere rideterminato attribuendo valore presuntivo al maggior prezzo con il quale l’acquirente ha immediatamente rivenduto il terreno.

Con il secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo i contribuenti denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5:

– l’omessa considerazione, quali fatti controversi e decisivi, che il valore della compravendita non era stato determinato da dati di mercato, ma dal prezzo dall’immediata rivendita del terreno da parte dell’acquirente a terzi;

– l’omessa considerazione che solo l’acquirente aveva aderito all’accertamento ai fini dell’imposta di registro di un atto di cessione al quale i ricorrenti erano rimasti estranei;

– l’omessa considerazione che la documentazione bancaria aveva confermato la veridicità del prezzo indicato nella compravendita;

– l’omessa considerazione che il prezzo indicato nell’atto di vendita era conforme a quello indicato nella perizia di stima richiesta a norma della L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 7.

Con il sesto e con il settimo motivo denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3,

– la violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 68, nella parte in cui la sentenza ha posto un collegamento automatico fra determinazione dell’imposta di registro e imponibile i.r.pe.f.;

– la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 67, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 67 e 68 e art. 53 Cost., nella parte in cui la sentenza ha ritenuto che la tassazione della plusvalenza – in realtà realizzata dall’acquirente – dovesse avvenire in capo ai primi venditori.

Occorre preliminarmente dare atto che, in tema di imposte sui redditi, la norma di interpretazione autentica di cui al D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 5, comma 3, avente efficacia retroattiva, esclude che l’Amministrazione finanziaria possa determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata dalla cessione di immobili e di aziende solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale, dovendo l’Ufficio individuare ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti, che supportino l’accertamento del maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, su cui grava la prova contraria (Cass., 12131/2019; Cass., 9315/2018; Cass., 19927/2017; Cass. 12265/2017).

Nel caso in esame, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, l’atto impositivo era stato motivato, oltre che dall’accertamento avvenuto in sede di imposta di registro, anche da accertamenti bancari, ritenuti però di “neutra valenza” dalla sentenza di primo grado. In ragione dell’assenza di ulteriori elementi indiziari, la Commissione tributaria provinciale aveva annullato l’accertamento.

La Commissione tributaria regionale, attribuendo invece all’accertamento in sede di imposta di registro valore in sè presuntivo, e ritenendo la movimentazione bancaria inidonea a fornire un significativo supporto alla tesi difensiva del contribuente, ha validato l’accertamento.

Così operando, tuttavia, è incorsa in evidente violazione di legge.

La sentenza si è posta infatti in contrasto con lo ius superveniens, applicabile retroattivamente in ragione della sua espressa funzione di norma interpretativa, che ha attribuito all’accertamento avvenuto in sede di imposta di registro un valore solo indiziario, inidoneo da sè solo a giustificare l’accertamento di una plusvalenza ai fini i.r.pe.f.

In ragione del nuovo quadro normativo, il primo motivo del ricorso deve intendersi ipso iure accolto, con conseguente assorbimento di tutti gli altri.

Il ricorso va quindi accolto e la sentenza cassata e rinviata alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. stacc. di Brescia che rivaluterà il merito nel rispetto dello ius superveniens sopra detto.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale per la Lombardia, sez. stacc. di Brescia, in diversa composizione, anche per le statuizioni riguardanti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2020

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