Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1476 del 23/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/01/2020, (ud. 23/10/2019, dep. 23/01/2020), n.1476

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27607-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

UNICREDIT SPA;

– intimati –

Nonchè da:

UNICREDIT SPA in persona del Direttore pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI 11, presso lo studio

dell’avvocato GABRIELE ESCALAR, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato LIVIA SALVINI delega a margine;

– controricorrenti incidentali –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE; EQUITALIA NORD SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 63/2012 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

VERONA, depositata il 16/04/2012;

udita le relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/10/2019 dal Consigliere Dott. FRACANZANI MARCELLO MARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e incidentale;

udito per il ricorrente l’Avvocato FARACI che si riporta;

udito per il controricorrente l’avvocato ESCALAR che si riporta.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Unicredit spa, in allora UniCredit Corporate Banking spa, reagiva alla cartella di pagamento con cui veniva rettificata l’aliquota Irap per l’anno di imposta 2006 da 4,25% in 4,40% previsto dalla L.R. Toscana n. 43 del 2002 e, per l’effetto, recuperate le maggiori somme ed irrogate le conseguenti sanzioni.

La contribuente contestava nel metodo l’applicabilità della procedura di correzione automatizzata di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e nel merito la fondatezza della ripresa a tassazione, argomentando sulla successione temporale delle norme regionali e statali in materia di aliquota Irap, anche alla luce dell’intervento del Giudice delle leggi.

Ottenuto apprezzamento delle proprie ragioni in prima grado, diversa sorte esitava l’appello, ove la CTR riteneva applicabile l’aliquota fissata dalla legge toscana, seppure riteneva non dovute -e disapplicava- le sanzioni, sul presupposto che ricorressero le condizioni di obbiettiva incertezza normativa, tali da ingenerare l’affidamento del contribuente e sufficienti per affrancarlo dall’irrogazione afflittiva.

Su quest’ultimo profilo ricorre con unico motivo l’Erario, mentre spiega controricorso e ricorso incidentale con cinque motivi l’istituto di credito contribuente, riproponendo le censure procedimentali e sostanziali respinte in secondo grado.

In prossimità dell’udienza, la parte privata da depositato memoria, affermando l’essersi formato giudicato interno a favore della contribuente.

Diritto

RAGIONI DELLE DECISIONE

0. Per ragioni logiche dev’essere esaminato con precedenza il ricorso incidentale, dalla cui fondatezza o meno dipende anche il conseguente profilo sanzionatorio che è oggetto del ricorso principale.

Nel ricorso incidentale vengono proposti cinque motivi.

1. Con il primo motivo si denuncia violazione D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 25, in parametro all’art. 360 n. 3 codice di rito, ove è stato ritenuto errore soggetto a rettifica automatica l’applicazione di una diversa aliquota Irap, circostanza invece attratta -in tesi- a difficile operazione esegetica.

Sul punto è intervenuta più volte questa Corte, affermando che non occorre altra motivazione della cartella allorquando, come nel caso in esame, essa derivi da un mero controllo formale della dichiarazione sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente e, in tal senso, è costantemente orientata la giurisprudenza di questa Corte, affermando come in tema di motivazione della cartella di pagamento, l’atto con cui siano rettificati i risultati della dichiarazione e, quindi, sia esercitata una vera e propria potestà impositiva, va motivato debitamente, dovendosi rendere edotto il contribuente dei fatti su cui si fonda la pretesa, mentre quello con cui si proceda, in sede di controllo cartolare D.P.R. n. 600 del 1973, ex artt. 36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, alla liquidazione dell’imposta in base ai dati contenuti nella dichiarazione o rinvenibili negli archivi dell’anagrafe tributaria, può essere motivato con il mero richiamo alla dichiarazione, poichè il contribuente è già in grado di conoscere i presupposti della pretesa. (Cfr. Cass., V, n. 25329/2014, più di recente, cfr. Cass., V, n. 21804/2017).

Trattasi qui di applicazione di diversa aliquota rispetto a quella individuata dal contribuente, nè il dichiarato sforzo ermeneutico rilevato dal contribuente esclude l’automatismo della rettifica.

Il motivo è dunque infondato e va disatteso.

2. Con il secondo motivo si prospetta violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per insufficiente motivazione in ordine all’accertamento del fatto se la cartella individui esattamente l’errore commesso dalla contribuente e ritenuto emendabile dall’Ufficio. Il motivo può essere trattato assieme ai seguenti, per la loro stretta connessione.

Infatti il terzo motivo prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12 ove la CTR ha rigettato il motivo di appello relativo alla carenza di motivazione della cartella impugnata; il quarto motivo lamenta violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4 per ultrapetizione, avendo la CTR confermato la cartella di pagamento su circostanze non prospettate nell’appello dell’Ufficio; il quinto ed ultimo motivo rappresenta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 stesso codice di rito civile per violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16 e 45, della L. n. 289 del 2000, art. 3, comma, della L.R. Toscana n. 43 del 2002, art. 2, per aver ritenuto che l’aliquota applicabile a fini Irap per le banche per l’anno di imposta 2006 fosse al 4,40%.

3. I motivi 2, 3 e 5 possono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione, involgendo la ricostruzione e (‘esegesi delle norme richiamate. La questione è stata trattata più volte da questa Corte a partire dalla sentenza n. 5867/2012, poi ripresa ed approfondita dalla n. 19838/2012, cui è stata data continuità, tra ie altre con n. 3574, 3883, 15123 del 2015 e, da ultimo, con n. 27486/2018 e 1756/2019, ricostruendo il quadro normativo nel senso già individuato dalla CTR, ovvero di ritenere legittima ed efficace la previsione di aliquota Irap con legge regionale -per l’anno di imposta 2006 che qui interessa- se contenuta entro il limite del 4,75%, circostanza nel concreto verificatasi, atteso che è stata applicata l’aliquota del 4,40%.

I motivi 2, 3 e 5 sono quindi infondati e vanno disattesi.

3.1. Per contro, il motivo 4 -ove lamenta violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4 per ultrapetizione, avendo la CTR confermato la cartella di pagamento su circostanze non prospettate nell’appello dell’Ufficio-non è fondato, poichè la ritenuta ultrapetizione si concreta, in realtà, in un profilo di applicazione normativa, ove vale il principio iure novit curia e, comunque, la CTR ha dichiarato espressamente di ritenere individuabile nell’atto di appello il motivo di gravame su cui pronunciare.

Il motivo è infondato e va disatteso.

4. Si può procedere ora all’esame del ricorso principale affidato ad unico motivo.

Si prospetta il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, per aver ritenuto sussistere l’obbiettiva incertezza normativa al fine di escludere le sanzioni.

Sul punto è già intervenuta questa Corte affermando comèln tema di sanzioni amministrative per violazione di norme fiscali, sussiste il potere del giudice tributario di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni per errore sulla norma tributaria in caso di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme alle quali la violazione si riferisce, quando la disciplina normativa, della cui applicazione si tratti, contenga una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per equivocità del loro contenuto, derivante da elementi positivi di confusione. L’onere di allegazione della ricorrenza di siffatti elementi di confusione, laddove esistenti, grava sul contribuente, sicchè va escluso che il giudice tributario di merito debba decidere d’ufficio l’applicabilità dell’esimente, nè che sia consentita censura per la mancata pronuncia d’ufficio, ovvero la declaratoria di inammissibilità della questione perchè tardivamente introdotta solo in corso di causa`A (cfr. Cass., V, n. 440/2015, nonchè, da ultimo, nello stesso senso Cass., VI-5, n. 17195/2019).

Il motivo è dunque infondato ed il ricorso principale dev’essere rigettato.

4.1. Con memoria ex art. 378 c.p.c. parte contribuente chiede il rigetto del ricorso principale dell’Ufficio per essersi formato giudicato esterno in esito ad analoga controversia fra le parti e relativa alla legge regionale veneta.

Il rigetto del ricorso principale per infondatezza affranca dall’affrontare l’eccezione di giudicato esterno, che resta quindi assorbita.

In definitiva, tanto il ricorso principale quanto quello incidentale sono infondati e debbono essere rigettati.

La soccombenza reciproca giustifica la compensazione delle spese del grado di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale. Compensa fra le parti le spese del grado di legittimità.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 23 gennaio 2020

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