Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14759 del 18/06/2010

Cassazione civile sez. I, 18/06/2010, (ud. 19/05/2010, dep. 18/06/2010), n.14759

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 14933 del Ruolo Generale degli affari

civili dell’anno 2005 proposto da:

s.r.l. I.C.E.S. – IMPRESA COSTRUZIONI EDILI STRADALI, con sede in

(OMISSIS), in persona del rappresentante M.

F., elettivamente domiciliato in Roma, Via degli Scipioni n.

8 presso l’avv. Francesco Carella, con l’avv. Savi Giancarlo di

Macerata, che la rappresenta e difende per procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA DI MACERATA, in persona del presidente, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Portuense n. 104, presso la Sig.ra Antonia

De Angelis, con l’avv. Bianchini Guido di Macerata, che la

rappresenta e difende, per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona, n. 286 del 30

marzo – 15 aprile 2004, non notificata;

Udita, all’udienza del 19 maggio 2010, la relazione del Cons. dr.

Fabrizio Forte e sentiti l’avv. Savi, per la ricorrente, l’avv.

Renato Bianchini per delega, per la controricorrente, e il P.M. Dott.

APICE Umberto che conclude per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Provincia di Macerata, con atto di citazione notificato il 16 settembre 1989, conveniva in giudizio dinanzi al locale tribunale la s.r.l. I.C.E.S., domandandone la condanna al risarcimento del danno liquidato in L. 222.907.225 per effetto dell’appalto avente ad oggetto il risanamento di movimenti franosi lungo la strada provinciale (OMISSIS), rescisso dalla committente attrice, ai sensi della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 340, all. E, per gravi inadempimenti della convenuta.

La società si costituiva, deducendo la illegittimità della rescissione decisa da controparte, che neppure aveva predisposto e consegnato i progetti con il rilievo plano-altimetrico del tracciato stradale e gli altri elaborati tecnici esecutivi nè i risultati degli accertamenti geognostici che ad essa competevano; con tali condotte e omissioni aveva reso impossibile l’esecuzione dell’appalto la cui risoluzione non era quindi imputabile alla appaltatrice, che contestava comunque l’entità dell’avversa pretesa di cui chiedeva il rigetto, domandando in riconvenzione la condanna della Provincia di Macerata a risarcire i danni e a rimborsare la cauzione prestata. Il Tribunale di Macerata in composizione monocratica, con sentenza del 25 settembre 2002, accoglieva la domanda principale e rigettava la riconvenzionale, condannando la I.C.E.S. a pagare alla Provincia di Macerata Euro 118.141,82, con rivalutazione e interessi e le spese del grado. Ad avviso del primo giudice, i lavori dovevano terminarsi per contratto il 30 novembre 1979 cioè entro otto mesi dalla consegna dei lavori, ma a tale data erano stati appena iniziati, come ammesso dalla stessa I.C.E.S., che attribuiva il ritardo alla Provincia, che non avere consegnato la documentazione tecnica necessaria a dar luogo all’esecuzione dell’appalto.

Il tribunale affermava che vi erano stati inadempimenti della appaltatrice risultati dalle varie sollecitazioni della Provincia a iniziare i lavori rimaste inevase, nell’inerzia per molto tempo della I.C.E.S. che non aveva organizzato neppure il cantiere ad un mese dal termine contrattuale di ultimazione dei lavori.

Gli elaborati tecnici e progettuali forniti dalla Provincia alla appaltatrice, da questa contestati solo dopo che si era evidenziato il ritardo nella esecuzione dell’appalto, ad avviso del c.t.u.

nominato in primo grado, erano sufficienti, pur in difetto di alcuni elementi correggibili, ad aprire il cantiere e a terminare l’intervento oggetto di appalto, desumendosi dal verbale di consegna dei lavori cui era allegato il bando con il progetto, che l’appaltatrice aveva accettato i lavori in tali atti descritti, senza alcuna riserva.

Lo stesso progetto ritenuto inidoneo dalla ricorrente era stato invece correttamente eseguito da altra impresa con la stessa documentazione, progettuale e tecnica, così confermando la sua eseguibilità.

Avverso tale sentenza, la I.C.E.S. ha proposto appello con cui ha dedotto di non essere stata in grado di programmare l’esecuzione dell’appalto, per la mancanza dei progetti esecutivi necessari a individuare la consistenza qualitativa e quantitativa dei lavori a farsi, in violazione del D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 7 (Capitolato generale delle opere pubbliche – da ora: Capitolato), in assenza di un verbale di corrispondenza tra stato dei luoghi e progetto rilasciato dalla Direzione lavori, ai sensi del R.D. 25 maggio 1895, n. 350, art. 5 avendo il c.t.u. nominato nel merito, confermato che l’assenza dei disegni progettuali aveva impedito la programmazione ed esecuzione dei lavori, per cui il contratto di appalto era da ritenere nullo. Unico elaborato progettuale fornito alla I.C.E.S era stata un carta geografica dell’istituto Militare con l’indicazione di otto numeri individuanti le singole frane, non rilevando il computo metrico estimativo allegato come strumento di individuazione dei lavori oggetto del contratto. L’attività della Provincia si era concretata in un comportamento pregiudizievole e vessatorio verso la I.C.E.S., al solo fine di sostituirla con un’impresa locale, che ha poi eseguito i lavori, con un aumento del prezzo dell’appalto del 93,24%, in violazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 339, all. F; a tale condotta illecita avevano contribuito anche il personale ausiliare della Direzione dei lavori nel conteggio dei tempi per la esecuzione e del costo del noleggio di mezzi meccanici. Erronea era stata pure la liquidazione dei danni, immotivata dal tribunale, la cui decisione era da riformare anche per gli accessori delle somme che l’appellante era stata condannata a pagare.

La Provincia di Macerata era quindi evocata in causa dinanzi alla Corte d’appello di Ancona che, con sentenza del 15 aprile 2004, ha respinto il gravame della I.C.E.S., condannandola alle spese del secondo grado, perchè la eventuale carenza o insufficienza dei progetti non determinava la nullità del contratto la cui omessa esecuzione, in base alla valutazione comparata dei comportamenti delle parti del rapporto, correttamente era stata attribuita a responsabilità esclusiva dell’impresa e non s’era ritenuta imputabile alla stazione appaltante. Il primo giudice aveva condiviso le conclusioni del c.t.u. ing. S.A., che aveva rilevato la idoneità degli elaborati grafici allegati al bando a fare eseguire i lavori per i quali si era indetta la gara; di tali progetti la aggiudicataria aveva preso visione prima della gara, potendo valutarne l’idoneità a consentire l’esecuzione dei lavori, anche perchè alcune delle operazioni preliminari all’apertura del cantiere erano in contratto poste a suo carico (prove sui materiali impiegati e da impiegare; sondaggi del terreno e occorrenti per individuare i tratti di strada bisognevoli di sottofondi o di opere speciali per il risanamento di frane, pozzi di assaggio, drenaggio etc.) per cui ancor più l’I.C.E.S. avrebbe potuto valutare l’eseguibilità dei progetti allegati al bando che non potevano essere dettagliati anche per l’esistenza di tali oneri.

Essendo la consegna dei lavori avvenuta alla data del relativo verbale, cioè al 30 marzo 1979 e dovendo gli stessi terminare entro otto mesi, il completamento dell’appalto doveva aversi entro il 30 novembre 1979 ma, nonostante i solleciti della Provincia, l’appaltatrice s’era limitata nel luglio 1979, ad evidenziare difficoltà nell’approvvigionamento della nafta, che avevano imposto di lavorare con pochi mezzi, incidendo sui tempi di esecuzione dei lavori.

Nessuna difficoltà era stata invece evidenziata per la esecuzione dei lavori per la carente progettazione, essendosi i rinvii chiesti solo in ragione del richiamato difficile approvvigionamento del carburante, dalla difficoltà d’impianto del cantiere e dei tempi necessari ai sondaggi ad opera dell’impresa.

La sentenza della Corte d’appello ritiene che le difficoltà di esecuzione dell’appalto non erano derivate dalle carenze dei progetti esecutivi ma da altri elementi, essendo la documentazione fornita dalla stazione appaltante sufficiente e idonea a far concludere tempestivamente l’appalto, la cui tardiva esecuzione giustificava la rescissione decisa unilateralmente dalla provincia di Macerata.

Ad avviso della Corte di merito, il computo metrico estimativo, pur non potendo integrare il contratto evidenziava la piena eseguibilità dei lavori che, per loro natura, dovevano svolgersi in base a quanto emergeva nel corso della loro esecuzione sullo stato della strada da porre in sicurezza.

Nessuna contestazione era stata mossa ai progetti allegati al bando, ritenuti sufficienti per partecipare alla gara e che il c.t.u. aveva qualificato idonei a supportare l’esecuzione dei lavori, che, a distanza di vari mesi da quando dovevano cominciare, erano appena iniziati in un termine che si era evidenziato congruo per l’impresa che successivamente aveva sostituito nell’appalto l’appellante, eseguendolo sulla base dei medesimi elaborati progettuali rifiutati dalla società.

Non poteva ritenersi fondata quindi la domanda di risoluzione dell’impresa, per inadempimento della Provincia da mancata consegna dei lavori e dei progetti nei termini, avanzata dopo molti mesi dalla data della stessa consegna come emergente dagli atti, periodo durante il quale la I.C.E.S. non aveva avanzato riserve o obiezioni sui progetti a sua disposizione cui dare esecuzione. Esclusa quindi una condotta illecita o illegittima della Provincia, era respinta ogni domanda risarcitoria della appellante nei confronti dell’ente locale;

il richiamo al R.D. n. 350 del 1895, art. 5 per il quale la verifica del progetto va effettuata prima della gara non assume rilievo in rapporto al contratto di appalto successivo sottoscritto dalle parti, potendo rilevare solo per la regolarità della gara pregressa.

Ritenuti congrui i danni liquidati in primo grado computati nella maggior somma pagata alla nuova impresa che aveva eseguito i lavori oggetto del contratto concluso dalle parti di questa causa, criterio che non era stato superato dalle obiezioni dell’appellante sul punto, la circostanza che questa nessuna prova aveva dato di una eseguibilità delle opere a costi minori nè aveva dimostrato una condotta illecita o illegittima della Provincia nella aggiudicazione dei lavori ad altra impresa, confermava per tale profilo la decisione oggetto di gravame.

Erano poi respinti i motivi di gravame sugli accessori del credito risarcitorio, qualificato esattamente di valore dal primo giudice e relativo a inadempimento di obblighi di fare, essendo gli stessi infondati e spettando alla danneggiata rivalutazione ed interessi come sancito in primo grado; nessun motivo vi era per disporre un rinnovo delle operazioni del c.t.u. e la sentenza di primo grado doveva confermarsi con spese del grado di appello a carico dell’appellante.

Per la cassazione di tale pronuncia, la s.r.l. I.C.E.S. ha proposto ricorso di tre motivi notificato il 30 maggio 2005 alla Provincia di Macerata, che replica, con controricorso notificato il successivo 6 luglio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo di ricorso censura la sentenza di merito, per violazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, artt. 340, 332, 341 e 320, all. F, del R.D. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 5 e 11, del R.D. 8 febbraio 1923, n. 422, art. 1, del D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 4, 5, 7, 10, 18 e 29 (Capitolato), artt. 1352, 1175 1218, 1227, 1346, 1418, 1375, 1453 e ss., 1460 e 1465 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. S’insiste dall’I.C.E.S. in primis nel dedurre che, nel caso, inadempiente è stata la Provincia di Macerata, per violazione delle norme che precedono consistita nella mancata consegna dei lavori e del progetto contenente i disegni esecutivi dell’opera da realizzare, avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto inadempiente l’appaltatrice nella comparazione del comportamento di lei con quello della Provincia, in base ai principi generali relativi agli inadempimenti contrattuali, nel valutare i quali, in alcun conto ha tenuto delle violazioni delle norme di legge e regolamentari denunciate nel primo motivo d’impugnazione. Su tale atteggiamento ermeneutico si fonda la scelta della Corte di appello di ritenere valido un progetto esecutivo costituito da una carta militare con la indicazione sulla stessa dei punti ove si erano rilevati i maggiori movimenti franosi da mettere in sicurezza.

Accertata la mancanza di un progetto esecutivo doveva affermarsi l’inadempimento della stazione appaltante, cui andava attribuito ogni ritardo nell’esecuzione dei lavori. Attribuire la colpa di detta omessa consegna dei progetti, all’inerzia dell’appaltatrice invece che a condotte omissive della Provincia di Macerata è incongruo e in contrasto con il complesso delle norme indicate, da ritenersi violate dalla Corte di merito, che ha pure disapplicato i principi codicistici in materia di ermeneutica contrattuale di cui alle norme richiamate, non potendosi la violazione d’una pluralità di obblighi contrattuali dell’amministrazione non esaminarsi per giungere ad un ribaltamento della colpa a carico dell’impresa per il mancato compimento dei lavori.

1.2. Si lamenta, in secondo luogo, la violazione dell’art. 2697 c.c. art. 112 c.p.c., art. 113 c.p.c., comma 1, artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., per avere la pronuncia oggetto di ricorso omesso di decidere su domande e istanze proposte dalla ricorrente, avendo la Corte negato la nullità del contratto per illegittimità della procedura di gara, nella quale mancavano i progetti esecutivi dell’opera cui comunque aveva diritto la I.C.E.S. che, in mancanza di essi, poteva risolvere il contratto, soffermandosi sulla legittimità della rescissione dalla Provincia, per comportamenti che si pretende di qualificare inadempimenti della sola impresa. Si è omesso di applicare la normativa che impone la esecuzione delle opere pubbliche in base a “progetti regolarmente compilati e approvati” (R.D. n. 422 del 1923, art. 1 e L. n. 2248 del 1865, art. 332, All. F), in contrasto con quella sulla consegna dei lavori e sul tracciamento delle opere da eseguirsi, da verbalizzare con il concorso delle parti del rapporto (della citata L. del 1865, art. 320 e art. 10 del Capitolato con il R.D. n. 350 del 1895). Sulla base di tali omissioni si è chiesto dall’I.C.E.S. in sede di merito di dichiarare nullo l’appalto, anche per violazione dell’art. 10 del Capitolato, che impone l’allegazione del progetto esecutivo al contratto per consentirne la regolare esecuzione, con mancanza conseguente dell’oggetto stesso dell’atto nei suoi requisiti essenziali (art. 1346 c.c.) e per contrarietà di questo con norme imperative (art. 1418 c.c.), mancando il verbale sottoscritto dalle parti.

Nessun rilievo s’è dato alle censure mosse con l’appello in ordine alle conclusioni del tribunale e del c.t.u. sugli elaborati di progetto, considerati esistenti ed eseguibili, ma in realtà assolutamente inidonei ad essere qualificati “progetto esecutivo” e ritenuti anzi dallo stesso ausiliare del giudice, “limitati e migliorabili”, come evidenziato dalle osservazioni del c.t.p. all’impresa.

Altrettanto è a dire, in rapporto agli oneri che la Corte afferma gravavano sull’impresa, la quale agli stessi non poteva ottemperare senza la consegna del progetto esecutivo; nessun rilievo si è dato ai solleciti dell’impresa alla Provincia per ottenere la consegna dei progetti, condannando l’I.C.E.S. al risarcimento per il suo comportamento rispettoso e leale verso la inadempiente stazione appaltante. Nessuna pronuncia vi è stata dalla Corte di merito sul ritardo nei lavori, addebitabile alla Provincia di Macerata e tale omessa decisione costituisce altro grave vizio della sentenza, anche in considerazione del divieto di variazioni dei lavori in corso d’opera consentite solo in ristretti limiti (1/5 delle previsioni di progetto, secondo l’art. 14 del Capitolato) e, in concreto, molto più rilevanti e tali da dar luogo al recesso giustificato dell’appaltatore che, secondo la Corte d’appello, non si sarebbe perfezionato. La Corte neppure ha considerato il mancato rispetto della cronologia del procedimento di aggiudicazione e della successiva conclusione del contratto stipulato senza i progetti esecutivi delle opere a farsi ed essendo impossibile una effettiva verifica del progetto. La sentenza impugnata addebita all’I.C.E.S. il mancato recesso per tale mancanza di ricezione del progetto esecutivo, a fronte della quale rileva una sorta d’acquiescenza o inerzia dell’impresa che, invece, per tale ritardo, aveva manifestato la volontà di recedere; la sentenza non evidenzia neppure il carattere peculiare del capitolato speciale che stabiliva di ragguagliare alle previsioni del progetto, in fatto inesistenti, le misurazioni degli scavi ed altre operazioni in concreto eseguite dall’appaltatrice.

La stessa Direzione lavori aveva imposto una serie di lavori senza tenere conto della mancanza del progetto, ponendo in essere alcuni gravi abusi per i quali il ritardo nei lavori non era dipeso solo dalla impresa ricorrente che non era concessionaria e quindi non aveva i poteri di progettare le opere da realizzare.

Infine nessuna rilevanza la Corte d’appello ha dato alle difese del c.t.p. della ricorrente, non ammettendo un confronto di questo con il c.t.u., invano richiesto dall’appellante.

Nessun rilievo si era dato in sede di appello al ritardo nella stipula del contratto di appalto rispetto ai termini di cui al D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 4 procedendosi alla stipula di esso solo due mesi prima del data prevista di termine dei lavori, cioè il 30 settembre 1979 quando i lavori dovevano completarsi entro il 30 novembre successivo; tale data della stipula era incompatibile con il termine previsto di conclusione dei lavori . che non poteva essere ovviamente rispettato.

1.3. Si lamenta infine omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione,- su punto decisivo della controversia prospettato dalle parti e rilevabile di ufficio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo la Corte, con motivazione apparente, rinviato alle conclusioni del c.t.u., per affermare fatti incerti e contestati in ordine ai progetti da eseguire con l’appalto per cui è causa.

Ciò è accaduto nell’attribuzione alla I.C.E.S. di responsabilità e colpe della Provincia, non traendosi le conseguenze ovvie del ritardo nella stipula del contratto dovuta alla P.A., in ordine alle pretese condotte inadempienti della ricorrente. Assolutamente scarna e insoddisfacente è la motivazione sulla mancata consegna dei lavori e sulla scarsità dei disegni esistenti, neppure descritti in sentenza e inidonei a dar luogo a qualsiasi attività esecutiva dell’impresa;

la stessa richiesta di recesso della I.C.E.S. le viene addebitata ed è posta a base della giustificazione dei comportamenti della stazione appaltante.

La motivazione non fa alcun riferimento al comportamento di buona fede tenuto dalla società appaltatrice, a fronte di quello chiaramente ingiusto della Provincia, che aveva violato tutte le norme di condotta desumibili dalla disciplina della buona fede nell’esecuzione dei rapporti; neppure s’è tenuto conto delle prove orali assunte in primo grado, che confermavano il comportamento in mala fede dell’Amministrazione provinciale.

2.1. La controricorrente deduce poi la inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 366 c.p.c., insistendosi con esso nella denuncia della mancata consegna dei progetti esecutivi, con argomentazioni tratte dalle conclusioni del tecnico di parte, prodotte solo in appello e contenenti deduzioni mai fatte in primo grado e con il gravame stesso. Nel merito si afferma la infondatezza delle avverse deduzioni in ordine alla consegna dei lavori, alla completezza del progetto da eseguire e al ritardo nel dare inizio ai lavori, punti su cui sussistono motivazioni approfondite e congrue delle sentenze dei due gradi di merito.

In base alle produzioni documentali in atti e alla testimoniale assunta in primo grado dell’ingegnere capo della Provincia, la consegna dei lavori alla I.C.E.S. avvenne materialmente il 30 marzo 1979, per cui l’appalto doveva concludersi entro il 30 novembre dello stesso anno, essendosi stipulato il (OMISSIS).

Dal verbale di consegna risultano fornite all’impresa tutte le spiegazioni tecniche necessarie ad eseguire i lavori e la controparte avrebbe potuto astenersi dal partecipare alla gara, se avesse ritenuto il progetto inadeguato. Dalla relazione del c.t.u. risulta che gli elaborati progettuali “contengono tutti gli elementi necessari all’impresa per aprire il cantiere e portare a termine l’intervento”, non avendo la I.C.E.S. formulato riserve su tali elementi, nelle forme e nei modi di legge. Tali circostanze sono confermate dal fatto che l’impresa, nell’ottobre 1979, aveva chiesto di essere autorizzata all’uso di attrezzature particolari e più costose per eseguire i lavori, dei quali aveva quindi piena contezza così come dei luoghi ove doveva operare, in assenza di qualsiasi censura sui progetti e sull’avvenuta consegna del cantiere da parte sua che, su tali presupposti di fatto soltanto, poteva chiedere l’uso di attrezzature diverse. Tali repliche sembrano peraltro parzialmente irrilevanti in considerazione delle censure proposte in questa sede, facendo riferimento anche ad altri lavori per i quali la S.I.C.E.S. ha in corso una controversia analoga con la stessa controricorrente.

La condotta della società ha quindi confermato la consegna dei progetti, la cui mancanza è ancora posta a base dei motivi di ricorso per cassazione.

La Provincia rileva poi che, con il suo ricorso, la I.C.E.S. non insiste nelle domande di restituzione della cauzione a suo tempo versata e di risarcimento del danno, proposte nei gradi di merito, sul cui rigetto deve quindi ritenersi formato il giudicato.

Ad avviso della controricorrente, correttamente si è respinta la richiesta di rinnovo della nomina del c.t.u., essendosi ritenuta esauriente la relazione dell’ausiliare nominato in primo grado.

3. Deve anzitutto escludersi la eccepita inammissibilità del ricorso, per violazione dell’art. 366 c.p.c., per non autosufficienza, non essendo in esso riportati gli atti processuali su cui fondare la decisione e, in particolare, la relazione del consulente della società I.C.E.S., in ordine alla questione proposta nei tre motivi di impugnazione, cioè quella della mancanza dei progetti che la impresa assume di non avere mai ricevuto in una versione idonea ad essere eseguiti.

Invero, come risulta chiaro dallo svolgimento del processo, la società I.C.E.S., già con l’appello in sede di merito aveva dedotto la medesima questione, denunciando la errata decisione su di essa in primo grado e chiedendo alla Corte di merito il suo riesame, riproponendola con il ricorso per cassazione, anche se in rapporto alle pretese violazioni di legge di cui al primo motivo di ricorso.

La sentenza di appello, in ordine ai progetti mancanti, afferma che il c.t.u. aveva rilevato che la carta militare con la individuazione in essa dei movimenti franosi in corso era sufficiente come progetto da attuare, anche in ragione della particolare natura dei lavori e dei rilievi del terreno posti comunque a carico dell’appaltatrice.

Nel caso si era avuta la consegna dei lavori prima della stipula del contratto (su fattispecie di consegna di poco anteriore alla conclusione dell’appalto cfr. Cass. 27 marzo 2007 n. 7481), per cui ove la I.C.E.S. si fosse resa consapevole della non eseguibilità dell’appalto per le carenze dei progetti avrebbe dovuto contestualmente chiedere il recesso, che non risulta domandato.

Ad avviso della corte d’appello le circostanze di fatto sopra riportate escludono le violazioni lamentate nel primo motivo di ricorso in ordine al progetto esecutivo delle opere a farsi, ritenuto esistente e idoneo ad essere eseguito, per cui necessariamente doveva rilevarsi l’inadempimento della società appaltatrice nell’obbligo di completare i lavori nei nove mesi dal marzo 1979.

Esattamente si sono ritenute tardive le richieste di recesso della I.C.E.S. intervenute non subito dopo la mancata consegna dei progetti, ma solo quasi alla conclusione contrattuale dei lavori allorchè i suoi inadempimenti erano palesi (sul punto, art. 10 Capitolato e Cass. 5 marzo 2008 n. 5951 e 14 aprile 2004 n. 7069).

Correttamente i giudici del merito hanno ritenuto inadempiente il comportamento della I.C.E.S., che dopo la rilevata immissione in possesso nelle aree da destinare a cantiere ha lasciato decorrere molto tempo per denunciare la mancanza del progetto e chiedere la risoluzione del contratto.

I progetti esecutivi, come risulta dalla sentenza di merito, erano allegati al bando, ed erano sufficienti a consentire l’esecuzione dei lavori oggetto d’appalto, per il risanamento dei movimenti franosi incidenti su una strada provinciale; è ovvio che al bando era stata allegata una cartina militare comprendente la detta strada con una serie di cerchi colorati che individuavano i vari movimenti franosi in atto, rilevati dall’amministrazione e sui quali intervenire per porre in sicurezza il tracciato stradale.

Tale progetto, su cui l’impresa nessuna riserva aveva avanzato tempestivamente e già nella partecipazione alla gara, era stato ritenuto sufficiente ed idoneo dal c.t.u., anche se ovviamente migliorabile e ulteriormente specificabile; in rapporto all’oggetto dei lavori il progetto che precede era da ritenersi sufficiente e anche per tale profilo il primo motivo di ricorso deve essere rigettato.

3.2. Il rigetto del primo motivo di ricorso assorbe, per la parte sostanziale, anche il secondo motivo, in quanto deve escludersi fosse mancante il progetto esecutivo e dovesse lo stesso contratto d’appalto stipulato per effetto della aggiudicazione ritenersi nullo, perchè privo d’oggetto.

Comunque la Corte d’appello ha negato che la eventuale incompletezza o inidoneità del progetto potesse incidere sulla validità dell’appalto (cfr. pag. 9 della sentenza), rilevando che la prospettata carenza poteva riflettersi solo sulla legittimità della gara e sulla eventuale impugnabilità degli atti relativi.

L’oggetto del contratto su cui la Corte non si sarebbe pronunciata, consisteva nei lavori di messa in sicurezza dai movimenti franosi in atto sulla strada provinciale (OMISSIS), per la quale quasi nessuna esecuzione vi è stata da parte della I.C.E.S. rimasta inerte fino al settembre 1979, pur avendo essa l’obbligo contrattuale di completare l’appalto entro il 30 novembre successivo, con chiaro inadempimento del contratto che ha giustificato la rescissione della Provincia, ai sensi della Legge sui lavori pubblici del 1865, art. 340 possibile proprio in quanto il rapporto non poteva ritenersi sorto per l’inefficacia conseguente a tale risoluzione unilaterale, dovendosi negare la nullità del contratto su cui la Corte di merito s’è pronunciata, rigettando espressamente e correttamente la domanda relativa della ricorrente in questa sede.

La esistenza di lavori da eseguire per effetto dell’appalto e la mancanza di contrarietà alla legge dell’oggetto di esso, determinato in parte e nel resto determinabile nel corso dei lavori, anche attraverso la individuazione di movimenti franosi diversi da quelli di cui alla mappa allegata al bando di gara, esclude che quest’ultima fosse inidonea a consentire l’inizio dei lavori e la conclusione di essi, tanto che, sulla base della stessa carta militare, con l’indicazione delle aree colpite dai movimenti franosi, si è data poi esecuzione all’appalto da altra impresa scelta in sostituzione della I.C.E.S., sia pure a prezzo maggiore di quello concordato in questa sede, così evidenziando la piena eseguibilità degli elaborati progettuali allegati al bando di gara.

2.3. Infine in parte inammissibile e in parte infondato è il terzo motivo di ricorso, che censura la sentenza di appello, denunciandone la insufficiente, carente e illogica motivazione, senza specificare le circostanze di fatto o i punti decisivi su cui tali difetti motivazionali si sono in concreto evidenziati.

E’ inammissibile la censura alla motivazione della sentenza di merito per la parte in cui essa, tra un comportamento contra leqem della Provincia ed uno solo violativo del contratto da parte della appaltatrice, sanziona quest’ultimo e non il primo: tale deduzione comporterebbe infatti non un’insufficiente motivazione ma una vera e propria violazione di legge, ma è anche essa inammissibile per la genericità della denuncia, essendosi negata ogni illiceità del contratto dalla Corte di merito, con motivazione non scalfita dalla impugnazione, ed essendosi rilevata la sola inesecuzione dei lavori in esso previsti. Altrettanto è a dire in rapporto alla illogicità della motivazione che, pur riconoscendo elementi di fatto che giustificavano il recesso dell’impresa o il ritardo nell’adempimento, non ne ha tratto le dovute conseguenze. Tale premessa logica peraltro corrisponde alla lettura che la ricorrente da della sentenza impugnata e non al contenuto di essa, da cui traspare con chiarezza solo il grave inadempimento dell’attuale ricorrente, negandosi ogni illiceità e nullità dell’appalto.

Infine ancora una volta, per il profilo della insufficiente motivazione, si censura la sentenza in rapporto alla mancata consegna dei lavori e alla inidoneità dei progetti esecutivi, riprendendo per altro profilo, il primo motivo di ricorso già ritenuto infondato e rigettato.

4. In conclusione, il ricorso è infondato e, per la soccombenza, la I.C.E.S. dovrà corrispondere alla Provincia di Macerata le spese del presente giudizio nella misura che si liquida in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200,00 (tremiladuecento/00), di cui Euro 200,00 (duecento/00) per esborsi, oltre alle spese generali e accessorie come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 1^ sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 19 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2010

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