Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14757 del 30/06/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 14757 Anno 2014
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: NOBILE VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 1585-2012 proposto da:
ASL 02 LANCIANO – VASTO – CHIETI C.F. 02307130696, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. PAULUCCI DE’
CALBOLI 9, presso lo studio dell’avvocato SANDULLI
PIERO, rappresentata e difesa dall’avvocato PENNETTA
2014

PIERLUIGI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

1528
contro

PRACILIO MAURIZIO C.F. PRCMRZ56R05E372D, CAPOBIANCO
ADRIANA C.F. CPBDRN57B49D763S, DI BIASE IVANO C.F.

Data pubblicazione: 30/06/2014

DBSVGN51P17L194D,
.

DARIO

VIVARINI

C.F.

VVRDRA49C25B006B, tutti elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA DI PRISCILLA 35/2, presso lo studio

dell’avvocato PICARDI CARLO, rappresentati e difesi
dall’avvocato DI LORENZO VINCENZO, giusta delega in

– controri correnti –

avverso la sentenza n. 470/2011 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 04/07/2011 R.G.N.
1173/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 30/04/2014 dal Consigliere Dott. VITTORIO
NOBILE;
udito l’Avvocato PENNETTA PIERLUIGI;
udito l’Avvocato SANDULLI PIERO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

atti;

R.G. 1585/2012
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 531 del 2009 il Giudice del lavoro del Tribunale di Chieti
rigettava la domanda proposta da Adriana Capobianco, Maurizio Pracilio,

sanitaria di Ortona 118, titolari di rapporto di lavoro autonomo, continuativo e
coordinato con l’AUSL di Chieti (poi diventata ASL n. 2 di Lanciano-VastoChieti), volta alla declaratoria della natura subordinata del suddetto rapporto di
lavoro, con tutte le conseguenziali statuizioni riguardanti le maturate differenze
retributive, dichiarando cessata la materia del contendere tra le parti
relativamente al periodo successivo alla loro assunzione a tempo indeterminato
presso la stessa Azienda, compensando per metà le spese di lite e ponendo a
carico della resistente la restante parte, nonché le spese della espletata CTU.
I medici proponevano appello avverso la detta sentenza nella parte in cui
aveva disatteso le loro rivendicazioni nel periodo anteriore alla loro assunzione
(avvenuta, rispettivamente, in data 15-8-2001 per Di Biase ed in data 1-7-2003
per gli altri).
L’Azienda si costituiva resistendo al gravame e proponendo appello
incidentale, chiedendo la condanna dei medici al pagamento integrale delle
spese della CTU contabile espletata in primo grado.
La Corte d’Appello dell’Aquila, con sentenza depositata il 4-7-2011, in
accoglimento dell’appello principale e in parziale riforma della pronuncia di
primo grado condannava l’ASL n. 2 di Lanciano-Vasto-Chieti al pagamento
delle somme di euro 80.802,65 in favore della Capobianco, di euro 82.366,48
in favore del Pracilio, di euro 87.935,61 del Di Biase e di euro 89.469,83 in
1

Ivano Di Biase e Dario Vivarini, medici addetti al Servizio di emergenza

favore del Vivarini, con gli interessi legali, nonché alla ricostruzione delle
rispettive posizioni previdenziale e contributiva. La Corte rigettava poi
l’appello incidentale e condannava l’Azienda al pagamento delle spese di
entrambi i gradi.

relative al periodo anteriore all’assunzione, respingeva l’eccezione di
inammissibilità dell’appello, rilevando l’assenza di una mutatio libelli nella
limitazione della domanda originaria alla richiesta delle sole differenze
retributive.
Nel merito la Corte, con riferimento allo stesso periodo, accertava la
sussistenza degli elementi del rapporto di lavoro subordinato e la natura
simulata del rapporto di co.co.co ., con il conseguente diritto degli appellanti, ex
art. 2126 c.c., alle relative differenze retributive, come determinate dal ctu.
Per la cassazione di tale sentenza l’ASL 02 Lanciano-Vasto-Chieti ha
proposto ricorso con quattro motivi.
I medici hanno resistito con controricorso.
All’esito di una prima fase camerale con ordinanza in data 4-7-2013 la
causa è stata rinviata alla pubblica udienza.
Infine la ASL 02 Lanciano-Vasto-Chieti ha depositato memoria ex art.
378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevata preliminarmente la procedibilità del ricorso ex art. 369, comma 2
n. 2 c.p.c., osserva il Collegio che con il primo motivo, denunciando violazione
delll’art. 437 comma 2 c.p.c., la ASL, come già rilevato nella memoria di
costituzione in appello, ribadisce che “la circostanza che il rapporto, con
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In sintesi la Corte territoriale, in via preliminare, riguardo alle richieste

presunte caratteristiche del pubblico impiego, rilevi come rapporto di fatto, con
conseguente applicazione, ai fini retributivi e previdenziali dell’art. 2126 c.c.”
è stata dedotta per la prima volta in appello, essendo stato richiesto in primo
grado “l’accertamento del rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed il

pagamento delle differenze retributive così come elencate”.
In sostanza, secondo la ricorrente vi sarebbe stata al riguardo una mutatio
libelli in appello, come tale inammissibile.
Il motivo è infondato.
Come è stato ripetutamente affermato da questa Corte “si ha “mutatio
libelli” quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella
originaria, introducendo nel processo un “petitum” diverso e più ampio oppure
una “causa petendi” fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e
particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si
ponga al giudice un nuovo tema d’indagine e si spostino i termini della
controversia, con l’effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare
il regolare svolgimento del processo; si ha, invece, semplice “emendatio”
quando si incida sulla “causa petendi”, in modo che risulti modificata soltanto
l’interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto,
oppure sul “petitum”, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo
al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere.” (v. Cass.
27-7-2009 n. 17457, Cass. 8-10-2007 n. 21017).
Nella specie la Corte di merito applicando tale principio legittimamente ha
affermato che “in realtà, gli appellanti, sempre sulla base dell’invocato
riconoscimento della natura subordinata del rapporto, non pretendono più
3

pagamento delle relative differenze retributive, ovvero (al punto 3) il

l’inquadramento nel pubblico impiego, ma si limitano a rivendicare le relative
differenze retributive” (come richieste al punto 3 del ricorso introduttivo), di
guisa che “il rapporto viene comunque a rilevare come rapporto di fatto, per il
quale trova applicazione, ai fini retributivi e previdenziali, l’art. 2126 c.c.”.

in modo che risulta modificata soltanto l’interpretazione o qualificazione
giuridica del fatto costitutivo del diritto, che resta lo stesso, avendo, in effetti,
gli appellanti attuato soltanto una mera riduzione della domanda originaria.
Con il secondo motivo, denunciando violazione dell’art.63 e ss. del d.P.R.
n. 484 del 1996 (Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con
i medici di medicina generale) la ricorrente deduce che il rapporto e la natura
delle funzioni dei medici del 118 sono codificati nel sistema degli accordi
collettivi nazionali e che, nella specie, la natura del rapporto come “rapporto di
lavoro autonomo” è stata specificata ed espressamente accettata dai medici con
la sottoscrizione delle lettere di conferimento degli incarichi.
Con il terzo motivo, denunciando violazione degli arti. 64 e 65 del citato
d.P.R., nonché vizio di motivazione, la ASL rileva che l’attività dei detti
medici è regolamentata dagli Accordi collettivi nazionali ed è, comunque, tale
da imporre turnazione e ciclicità, utilizzo di mezzi e ambienti a disposizione
dell’azienda sanitaria, esclusività della prestazione.
La ricorrente lamenta poi che nell’impugnata sentenza la presenza di
indici sintomatici del rapporto di lavoro subordinato sarebbe soltanto
apoditticamente affermata, mentre non si comprenderebbe da quali prove o,
comunque elementi probatori acquisiti nel processo possano essere stati
desunti.
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La domanda, quindi, avanzata in appello, incide sì sulla causa petendi, ma

Inoltre il successivo inquadramento in ruolo degli appellanti, secondo la
ricorrente, era derivato da procedure selettive esperite a livello regionale ex art.
8 comma 1 bis del d.lgs. 502/1992 e ss., con conseguente mutamento della
natura del rapporto di lavoro, divenuto di pubblico impiego con applicazione

Entrambi i motivi, strettamente connessi, non meritano accoglimento.
Come è stato precisato da questa Corte, “ai fini della qualificazione del
rapporto di lavoro come subordinato o autonomo, poiché l’iniziale contratto dà
vita ad un rapporto che si protrae nel tempo, la volontà che esso esprime ed il
“nomen iuris” non costituiscono fattori assorbenti, diventando viceversa il
comportamento delle parti posteriore alla conclusione del contratto elemento
necessario non solo ai fini della sua interpretazione, ma anche utilizzabile per
l’accertamento di una nuova diversa volontà eventualmente intervenuta nel
corso dell’attuazione del rapporto e diretta a modificare singole clausole
contrattuali e talora la stessa natura del rapporto inizialmente prevista” (v. fra
le altre Cass. 27-10-2003 n. 16119). Tale principio si applica anche
allorquando il contratto si riporti ad una norma di legge o ad un accordo o
contratto collettivo, dovendo comunque accertarsi se il relativo rapporto, che
ne ha recepito la qualificazione, ne abbia avuto poi la effettiva esecuzione,
giacché il carattere autonomo o subordinato del rapporto di lavoro deve essere
pur sempre accertato sulla base della concreta attuazione del rapporto stesso
(cfr. fra le altre Cass. 7-9-2009 n. 19271, Cass. 8-2-2010 n. 2728) e tale
accertamento di fatto è incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da
motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici.

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dei relativi ccnnll.

Lo stesso principio, a maggior ragione, deve affermarsi in materia di
rapporto di lavoro subordinato di fatto ai fini dell’applicazione dell’art. 2126
c.c., che tutela proprio lo svolgimento di prestazioni di fatto, in regime di
subordinazione, con violazione di legge.

documentale e testimoniale ha confermato la natura subordinata del rapporto di
lavoro intercorso fra le parti, in quanto i turni di lavoro erano imposti dalla
ASL, attraverso i vari responsabili del relativo Servizio, i quali esercitavano
direttamenYtun potere direttivo ed organizzativo nei confronti degli stessi
medici, nonché un assiduo potere di vigilanza e controllo, arrivando a
prospettare anche l’adozione di provvedimenti disciplinari. Nel contempo, poi,
sono emersi anche tutti gli altri indici sintomatici della subordinazione, quali
l’incidenza del rischio economico in capo all’Azienda nella cui organizzazione
erano stabilmente inseriti, la forma fissa della retribuzione, la continuità ed
esclusività delle prestazioni, lo svolgimento dell’attività lavorativa con mezzi
ed ambienti messi a disposizione dal datore di lavoro, l’osservanza di un rigido
orario di lavoro.
Peraltro la Corte di merito ha pure accertato che i medici hanno continuato
a svolgere le stesse mansioni, allo stesso modo, anche dopo che sono stati
formalmente assunti dall’azienda, di guisa che, contrariamente a quanto
meramente asserito dalla ricorrente, alcun mutamento di fatto sostanziale è
risultato al riguardo.
Tale motivazione risulta, senza dubbio, congrua e priva da vizi logici e
resiste alle censure della ASL.

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Orbene nel caso in esame la Corte territoriale ha affermato che l’istruttoria

Con il quarto motivo, denunciando violazione degli artt. 414 e 194 c.p.c.,
187 disp. att. c.p.c., nonché vizio di motivazione, la ricorrente deduce la
invalidità della consulenza tecnica d’ufficio e della integrazione della stessa
predisposta sulla base della documentazione che i medici hanno consegnato

avvalendosi della documentazione depositata con il ricorso introduttivo il
consulente non era in condizione di espletare il suo incarico.
In sostanza la ricorrente lamenta che il consulente d’ufficio ha
illegittimamente espletato il suo incarico avvalendosi di documenti non
ritualmente prodotti in causa e senza il consenso delle parti, allorquando,
peraltro, era già spirato il termine per lo svolgimento dell’attività istruttoria. La
ricorrente deduce altresì la inammissibilità della produzione in appello di
conteggi da parte degli attori.
Anche tale motivo risulta infondato.
Sul punto la Corte territoriale, nel rigettare l’eccezione avanzata dalla
appellata ASL, ha rilevato che “con ordinanza del 7-3-2007, il Tribunale aveva
consentito all’ausiliario di accedere presso gli uffici della resistente – peraltro
costituitasi tardivamente nel giudizio di primo grado – per prendere visione
della documentazione necessaria” e che “il datore di lavoro non ha ottemperato
a tale richiesta, per cui il c.t.u. ha acquisito dai ricorrenti (originari) la
documentazione in loro possesso, utilizzando ritualmente la stessa ai fini dei
relativi calcoli, trattandosi di prospetti redatti su carta intestata della medesima
Azienda (in particolare turni di servizio mensili svolti nel periodo oggetto di
causa).”

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brevi manu al c.t.u., al momento delle indagini peritali e un volta accertato che

Orbene anche tale motivazione risulta conforme a diritto ed altresì congrua
e priva di vizi logici.
Del resto la ricorrente, che avrebbe dovuto sollevare a pena di decadenza,
la relativa eccezione concernente la nullità della c.t.u., ed in specie della

10-12-2010 n. 24996, Cass. 8-4-2010 n. 8347), si è limitata a dedurre di aver
contestato con la memoria di costituzione in appello “i conteggi eseguiti e la
quantificazione delle somme”, senza riportare o allegare il verbale di udienza
di primo grado successivo al deposito, di guisa che la censura risulta anche
priva di autosufficienza.
Il ricorso va pertanto respinto e la ricorrente, in ragione della
soccombenza va condannata al pagamento delle spese in favore dei
controricorrenti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare ai
controricorrenti le spese liquidate in euro 100,00 per esborsi e euro 4.000,00
per compensi oltre accessori di legge.
Roma 30 aprile 2014

integrazione della stessa, nella prima udienza successiva al deposito (v. Cass.

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