Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14757 del 05/07/2011

Cassazione civile sez. I, 05/07/2011, (ud. 14/06/2011, dep. 05/07/2011), n.14757

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9119/2010 proposto da:

C.L. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA RAFFAELLO GIOVANGNOLI 25, presso lo studio dell’avvocato

ELISABETTA BULDO, rappresentato e difeso dall’avvocato LANDI Alfonso,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso il decreto n. 4208/08 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

19.12.08, depositato il 12/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

14/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. NICOLA

LETTIERI che ha concluso per l’accoglimento parziale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- C.L. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi – nei confronti del Ministero della Giustizia contro il decreto in data 12.2.2009 con il quale la corte di appello d’appello di Napoli ha parzialmente accolto la sua domanda diretta ad ottenere l’equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 in riferimento al procedimento esecutivo promosso nei confronti di L.B. e nel quale il ricorrente era intervenuto il 22.1.1987 quale creditore, non definito al momento della domanda di equa riparazione.

La Corte d’appello, accertato il termine di durata ragionevole in tre anni, accertata la violazione del diritto al termine di ragionevole durata del giudizio presupposto dal 1990 in poi, dichiarata la prescrizione dell’indennizzo per il periodo fino al 1998, ha liquidato il danno non patrimoniale in Euro 10.500,00.

Il Ministero intimato ha resistito con controricorso, eccependo, tra l’altro, la nullità della notifica eseguita presso l’Avvocatura Distrettuale e proponendo ricorso incidentale affidato a tre motivi.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in camera di consiglio.

I ricorsi vanno riuniti perchè proposti contro lo stesso provvedimento.

2. – Va preliminarmente rilevato che la costituzione dell’Avvocatura Generale ha sanato la nullità della notifica.

2.1.- Con entrambi i motivi di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto lamentando l’erronea dichiarazione di estinzione per prescrizione del diritto all’indennizzo.

2.2.- I motivi sono manifestamente fondati perchè la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere, la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, in caso di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (Sez. 1, Sentenza n. 27719/2009).

3.- Con il primo motivo del ricorso incidentale l’Amministrazione denuncia violazione di legge in ordine alla determinazione della durata ragionevole del processo esecutivo in tre anni. Deduce che va valutata la complessità del procedimento. La durata ragionevole sarebbe pari a cinque anni.

Con il secondo ed il terzo motivo l’Amministrazione denuncia vizio di motivazione.

3.1.- Va preliminarmente evidenziata l’inammissibilità del secondo e del terzo motivo del ricorso incidentale per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., non essendo stata formulata la sintesi del fatto controverso.

Ciò determina anche il rigetto del primo motivo del ricorso incidentale perchè – restando incensurata la motivazione del decreto impugnato in ordine alla determinazione della durata ragionevole – va ricordato che la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, dispone che la ragionevole durata di un processo va verificata in concreto, facendo applicazione dei criteri stabiliti da detta norma all’esito di una valutazione degli elementi previsti da detta norma (per tutte, Cass. n. 6039, n. 4572 e n. 4123 del 2009; n. 8497 del 2008) e in tal senso è orientata anche la giurisprudenza della Corte EDU (tra le molte, sentenza 1^ sezione del 23 ottobre 2003, sul ricorso n. 39758/98), la quale ha tuttavia stabilito un parametro tendenziale che fissa la durata ragionevole del giudizio, rispettivamente, in anni tre, due ed uno per il giudizio di primo, di secondo grado e di legittimità;

siffatto parametro va osservato dal giudice nazionale e da esso è possibile discostarsi, purchè in misura ragionevole e sempre che la relativa conclusione sia confortata con argomentazioni complete, logicamente coerenti e congrue, restando comunque escluso che i criteri indicati nell’art. 2, comma 1, di detta legge permettano di sterilizzare del tutto la rilevanza del lungo protrarsi del processo (Cass., Sez. un., n. 1338 del 2004; in seguito, tra le tante, Cass. n. 4123 e n. 3515 del 2009).

Nella concreta fattispecie – come innanzi rilevato – la motivazione del decreto è stata censurata in modo inammissibile.

4.- La Corte, dunque, cassato il decreto impugnato – tenuto conto della durata complessiva del giudizio presupposto di 22 anni e della durata ragionevole per un grado, pari a tre anni, – può procedere ex art. 384 c.p.c., alla decisione nel merito liquidando al ricorrente l’indennizzo nella misura di Euro 18.250,00, alla luce del principio per il quale ove non emergano elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale, l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa comporta che la quantificazione del danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a Euro 1000,00 per quelli successivi, in quanto l’irragionevole durata eccedente tale periodo da ultimo indicato comporta un evidente aggravamento del danno (Sez. 1, Sentenza n. 21840/2009).

Le spese processuali, nella misura precisata in dispositivo, vanno poste a carico dell’Amministrazione.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso incidentale e accoglie il ricorso principale nei termini di cui in motivazione;

cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere ai ricorrenti, nella qualità in atti, pro quota, la somma di Euro 18.250,00 per indennizzo, gli interessi legali su detta somma dalla domanda e le spese del giudizio:

che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti e Euro 490,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge; e per il presente giudizio di legittimità in Euro 965,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge;

dispone che le spese siano distratte in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2011

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