Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14756 del 05/07/2011
Cassazione civile sez. I, 05/07/2011, (ud. 14/06/2011, dep. 05/07/2011), n.14756
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 8430/2010 proposto da:
D.D. ((OMISSIS)), ved. T., T.
R. ((OMISSIS)), T.S. ((OMISSIS)),
tutte nella qualità di eredi legittime di T.G.),
elettivamente domiciliate in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
nonchè M.F. (anche in proprio), rappresentate e difese
dall’avv. MOBILIA Fabrizio, giusta mandato speciale a margine del
ricorso;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE ((OMISSIS));
– intimato –
avverso il decreto n. 203/08 della CORTE D’APPELLO di MESSINA
dell’8.1.08, depositato il 22/01/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
14/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;
udito per i ricorrenti anche nella persona dell’Avvocato Fabrizio
Mobilia che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. NICOLA
LETTIERI che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1.- D.D. vedova T., T.R. e T.S. nella qualità di eredi di T.G. hanno proposto ricorso per cassazione – affidato a tre motivi illustrati con memoria – nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze contro il decreto in data 22.1.2009 con il quale la corte di appello d’appello di Messina ha parzialmente accolto la domanda presentata dal predetto T.G. diretta ad ottenere l’equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 in riferimento al giudizio promosso dal medesimo innanzi al TAR Sicilia con ricorso del 6.8.1998, non definito al momento della domanda di equa riparazione.
La Corte d’appello, accertata la violazione del diritto al termine di ragionevole durata del giudizio presupposto, ha liquidato il danno non patrimoniale in Euro 2.000,00, tenuto conto della modestia della posta in gioco. Il Ministero intimato non ha svolto difese.
1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in camera di consiglio.
2. – Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione di norme di diritto lamentando l’ingiustificato discostamento dai parametri CEDU quanto alla liquidazione dell’indennizzo, operata senza predeterminazione del periodo di durata irragionevole del processo nonchè l’erronea applicazione del criterio della posta in gioco.
Con il secondo motivo denunciano violazione di norme di diritto perchè la Corte di merito ha liquidato le spese senza distinzione tra diritti e onorari e con il terzo lamentano l’omessa distrazione delle spese.
2.1.- Il primo motivo è fondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale nella quantificazione dell’equa riparazione in misura inferiore allo standard minimo annuo fissato dalla Corte europea non può aversi riguardo generico alla modestia della pretesa azionata, senza prendere in considerazione, comparativamente, le condizioni economiche dell’interessato e raffrontare la natura e l’entità della pretesa patrimoniale (c.d.
posta in gioco) e la condizione socio-economica del richiedente, al fine di accertare l’impatto dell’irragionevole ritardo sulla psiche di questo (Cass. n. 14955 del 2008; n. 23048 del 2007).
L’accoglimento della censura comporta l’assorbimento dei restanti motivi.
La Corte, cassato il decreto impugnato – tenuto conto della durata complessiva del giudizio presupposto di 9 anni e 10 mesi e della durata ragionevole per un grado, pari a tre anni, – può procedere ex art. 384 c.p.c., alla decisione nel merito liquidando ai ricorrenti, pro quota, l’indennizzo nella misura di Euro 6.083,00, alla luce del principio per il quale ove non emergano elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale, l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa comporta che la quantificazione del danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a Euro 1000,00 per quelli successivi, in quanto l’irragionevole durata eccedente tale periodo da ultimo indicato comporta un evidente aggravamento del danno (Sez. 1, Sentenza n. 21840/2009).
Le spese processuali, nella misura precisata in dispositivo, vanno poste a carico dell’Amministrazione.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere ai ricorrenti, nella qualità in atti, pro quota, la somma di Euro 6.083,00 per indennizzo, gli interessi legali su detta somma dalla domanda e le spese del giudizio:
che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 794,00 per diritti e Euro 490,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge;
e per il presente giudizio di legittimità in Euro 965,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge;
dispone che le spese siano distratte in favore del difensore antistatario.
Così deciso in Roma, il 14 giugno 2011.
Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2011