Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14755 del 30/06/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 14755 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 6339-2008 proposto da:
DE FAZI ANTONINO, STORRI GIANCARLO, SPANO SANDRO,
RUOPPOLO MICHELE, LANCIA IVAN, IZZI ROBERTO, tutti
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESIRA FIORI
32, presso lo studio dell’avvocato LICCIARDELLO
ORAZIO, che li rappresenta e difende, giusta delega in
2014

atti;
– ricorrenti –

1336


4

contro

FONDO GESTIONE ISTITUTI CONTRATTUALI LAVORATORI
PORTUALI IN LCA;

Data pubblicazione: 30/06/2014

- intimato –

avverso la sentenza non definitiva n. 1597/2001 della
CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 13/09/2001
R.G.N. 2147/2000;
avverso la sentenza definitiva n. 7987/2005 della

R.G.N. 2147/2000;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/04/2014 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 16/04/2007

R.G. n. 6339/08
Ud. 15 apr. 2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
rigettava l’opposizione proposta dal Fondo Gestione Istituti
Contrattuali Lavoratori Portuali avverso i decreti ingiuntivi, con i
quali era stato ad esso ingiunto, su richiesta di De Fazi Antonino
ed altri cinque lavoratori, il pagamento degli interessi legali e
della rivalutazione monetaria sul trattamento di fme rapporto
loro tardivamente corrisposto.
Su impugnazione del Fondo anzidetto, la Corte d’appello di
Roma, con sentenza non definitiva n. 1597/01, ritenendo che il
trattamento di fine rapporto corrisposto dal Fondo avesse natura
previdenziale, dopo aver revocato i decreti ingiuntivi, condannava
il Fondo al pagamento, a favore dei lavoratori collocati a riposo
dopo il 31 dicembre 1991, dei soli interessi legali a decorrere dal
121 0 giorno successivo alla data anzidetta, oltre interessi
moratori; condannava altresì il Fondo al pagamento, a favore dei
lavoratori collocati a riposo prima del 31 dicembre 1991, sia
della rivalutazione monetaria che degli interessi legali, oltre
interessi moratori.
Disponeva come da separata ordinanza per la
determinazione dei predetti crediti.
Con sentenza definitiva n. 7987/05 la Corte anzidetta, nel
dare atto che successivamente alla sentenza di primo grado, il
Fondo era stato posto in liquidazione coatta amministrativa,
rilevava che i crediti dei lavoratori dovevano essere insinuati e
determinati nella procedura concorsuale, in sede di verificazione
dello stato passivo. Dichiarava, quindi, la sopravvenuta
improcedibilità della domanda relativa alla liquidazione degli
accessori in questione.

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 2 febbraio 2000,

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Avverso dette sentenze, definitiva e non definitiva,
propongono ricorso per cassazione De Fazi Antonino e gli altri
litisconsorti indicati in epigrafe.
Il Fondo non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo del ricorso, cui fa seguito il relativo
ma applicabile ratione temporis, i ricorrenti denunziano plurime
violazioni di legge nonché omessa, insufficiente e illogica
motivazione circa un punto decisivo della controversia.
Deducono che la natura retributiva del trattamento di fine
di rapporto mai era stata contestata dal Fondo. Ciò nonostante,
la sentenza impugnata ha affrontato tale questione, posta per la
prima volta in appello, ritenendo erroneamente che il t.f.r. avesse
natura previdenziale e non considerando che sia la Corte
costituzionale, con sentenza n. 243/93, che la Corte di
legittimità con numerose sentenze, avevano affermato la natura
retributiva dell’istituto. Da tale natura discendeva che sia gli
interessi legali che la rivalutazione monetaria erano dovuti sul
t.f.r., con decorrenza dalla data di cessazione del rapporto.
2. Il ricorso è inammissibile.
Questa Corte, con riguardo alla riserva di impugnazione
relativa alle sentenze non definitive, ha affermato che essa può
essere formulata in forma libera purché espressa, entro il
termine per impugnare o, sempre che questo non sia ancora
scaduto, non oltre la prima udienza successiva alla
comunicazione della sentenza (cfr. Cass. 14 luglio 2004 n.
13085).
Inoltre, la riserva di impugnazione, per spiegare il duplice
effetto di consentire contemporaneamente l’impugnazione della
sentenza non definitiva e di quella definitiva e di precludere alla
parte, dopo la riserva, di proporre l’impugnazione immediata,
deve essere formulata in maniera chiara ed univoca, costituendo

quesito di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ., non più in vigore

3

manifestazione della volontà di rinunciare all’impugnazione
immediata (Cass. 8 luglio 1996 n. 6194).
Nel rito del lavoro, in cui non è indispensabile per la
proposizione della suddetta riserva la conoscenza della sentenza
nel suo testo integrale, la riserva può essere eseguita già dopo la
lettura del dispositivo in udienza e prima del deposito della

dicembre 2000 n. 16053; Cass. 25 agosto 2003 n. 12482).
Nella specie, la sentenza non definitiva, depositata il 13
settembre 2001, è stata impugnata dai ricorrenti, unitamente a
quella definitiva, depositata il 16 aprile 2007, con ricorso
consegnato all’Ufficiale giudiziario per la notifica il 28 febbraio
2008.
I ricorrenti non deducono che avverso la sentenza non
definitiva sia stata fatta riserva di gravame, ex art. 361 cod. proc.
civ., entro il termine per la proposizione del ricorso, e in ogni
caso non oltre la prima udienza successiva alla comunicazione
della sentenza stessa. Tanto meno, i ricorrenti precisano in quale
forma è stata fatta la riserva di gravame, ed in particolare se
essa è contenuta nel verbale della prima udienza anzidetta o
altrove.
In tale situazione, non rientrando tra i compiti del giudice
di legittimità quello di ricerca degli eventuali adempimenti posti
a carico della parte, peraltro qui nemmeno dedotti dalla parte
stessa, il ricorso avverso la sentenza non definitiva va dichiarato
inammissibile, potendo questo essere differito qualora la parte
soccombente ne faccia, a pena di decadenza, riserva.
3. Anche il ricorso avverso la sentenza definitiva è
inammissibile. Pur risultando proposto tempestivamente, esso,
da un lato, è connesso con quello relativo alla sentenza non
definitiva; dall’altro non contiene alcuna censura avverso la
sentenza definitiva, con la quale è stata dichiarata
l’improcedibilità della domanda relativa alla liquidazione degli
accessori del credito, dovendo, ad avviso della Corte di merito,

motivazione (cfr. Cass. 4 dicembre 2000 n. 1425; Cass . 21

4

questi essere insinuati e determinati nella procedura
concorsuale, in sede di verificazione dello stato passivo.
4. Non v’è luogo a provvedere sulle spese del presente
giudizio, non avendo il Fondo svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma in data 15 aprile 2014.

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