Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14754 del 27/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 27/05/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 27/05/2021), n.14754

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17863/2014 R.G. proposto da:

M.S., con l’avv. Andrea Misfud nel domicilio eletto presso

l’avv. Aurora Spaccatrosi, in Roma, alla via Ferratella in Laterano,

n. 33;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la

Lombardia, n. 1317/13/14, pronunciata il 12 febbraio 2014 e

depositata il 12 marzo 2014, non notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 febbraio

2021 dal Co: Marcello M. Fracanzani;

Lette le conclusioni scritte dal Sost. Procuratore Generale, Dott.

Alberto Cardino che ha chiesto l’accoglimento per quanto di ragione.

 

Fatto

RILEVATO

Il 15 maggio 2008, il contribuente era stato fermato dalla Polizia di Frontiera presso la Dogana di (OMISSIS), rinvenendo 38 fogli di estratti conto relativi a rapporti presumibilmente aperti presso istituto esteri di credito, donde era invitato a presentarsi per chiarimenti sulla propria situazione patrimoniale, da cui emergevano diversi beni-indice di ricchezza, tra cui la piena disponibilità di abitazione secondaria in (OMISSIS), collaboratore familiare convivente, autovettura e polizza, cui si aggiungevano incrementi patrimoniali per gli anni 2006-2010 del contribuente e del suo nucleo familiare. Poichè oltre all’anno 2006 le incoerenze si estendevano anche al successivo anno 2007, l’Ufficio ha proceduto a ricostruzione sintetica del reddito, con conseguente ripresa a tassazione.

I gradi di merito erano sfavorevoli al contribuente che ricorre per cassazione affidandosi a sei motivi di ricorso cui replica l’Avvocatura generale dello Stato con tempestivo controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Vengono proposti sei motivi di ricorso.

1) Con il primo motivo si propone censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, per aver – nel concreto – la CTR richiesto di vincere la presunzione induttiva dell’Ufficio dimostrando non solo di disporre documentalmente di somme che hanno già assolto i propri oneri fiscali, ma anche di aver chiesto la dimostrazione che tali somme siano state concretamente impiegate per sostenere le spese e gli investimenti contestati, ponendosi in contrasto con la norma, nel testo vigente nell’anno di imposta contestato (il 2006), in disparte la circostanza che l’avviso di accertamento sia stato notificato nel 2012.

Il motivo è fondato.

Anche di recente questa Corte ha evidenziato non essere richiesta dalla norma la dimostrazione di aver sostenuto le spese indice di capacità contributiva con denaro fiscalmente esente o già tassato, ma solo di dimostrarne con prova documentale la disponibilità in misura sufficiente per un tenore di vita coerente con gli indicatori riscontrati. Ed infatti, in tema di accertamento cd. sintetico, ove il contribuente deduca che la spesa effettuata deriva dalla percezione di ulteriori redditi di cui ha goduto il proprio nucleo familiare, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6 (applicabile “ratione temporis”), è onerato della prova contraria in ordine sia alla disponibilità di detti redditi che all’entità degli stessi ed alla durata del possesso, sicchè, sebbene non debba dimostrarne l’utilizzo per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti dai quali emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere. (cfr. Cass. V, n. 1510/2017). Di tale principio non ha fatto buon governo la sentenza impugnata. Donde la fondatezza del motivo.

2) Con il secondo motivo, posto in via subordinata, si lamenta ancora violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, in parametro all’art. 360 c.p.c., n. 3, laddove la commissione territoriale non ha ritenuto sufficiente la produzione di un estratto conto con l’indicazione di disponibilità di un fido per settecentomila Euro, richiedendo altresì il contratto di conto corrente giustificativo. Con orientamento consolidato, questa Corte ha ritenuto idoneo l’estratto bancario a dimostrare l’esistenza di provvista (o una situazione debitoria) nella quantità indicata, pur non provando trattarsi di somme che abbiano già assolto il proprio oneri tributari o siano soggetti a tassazione separata (cfr. Cass. V, n. 7258/2017, VI-5 n. 12026/2018). Di tale principio non ha fatto buon governo la sentenza impugnata. Donde la fondatezza del motivo.

3) Con il terzo motivo, in linea subordinata al precedente, in parametro all’art. 360 c.p.c., n. 5, si propone la medesima circostanza in ordine all’estratto conto per aver omesso il giudice d’appello di considerare il fatto dirimente che il saldo di conto corrente si inseriva in un movimento di dare – avere coerente e bilanciato, non come sbilancio poco credibile in ragioni dei redditi annuali del contribuente.

Il motivo, espressamente posto in via gradata, può ritenersi assorbito dall’accoglimento di quello che precede.

4) Con il quarto motivo si profila censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 e dell’art. 2697, nel concreto dovendo gravare sull’Ufficio (e non sul contribuente) la prova che l’immobile in (OMISSIS) sia stato acquistato nel periodo 2006-2010, irrilevante dovendosi considerare la circostanza che sia stato esposto in dichiarazione dei redditi solo a partire dal 2009.

5) Con il quinto motivo si prospetta in via subordinata la medesima censura con riguardo agli artt. 2727 e 2729 c.c., nel concreto lamentandosi che l’impugnata sentenza abbia ritenuto provato l’acquisto dell’immobile in (OMISSIS) nel 2009, mentre il contribuente ha dimostrato che l’esposizione nella denuncia dei redditi del 2010 (relativa all’anno di imposta 2009) abbia richiesto – per la prima volta – l’indicazione anche di quei beni detenuti all’estero, astrattamente capaci di produrre reddito tassabile in Italia, con un’innovazione prima inesistente, tale da far inserire in allora (e non prima) un immobile di cui i redditi sono già astati tassati in (OMISSIS).

I due motivi possono essere trattati congiuntamente, stante la loro stretta connessione riguardante l’esposizione in dichiarazione di un immobile in (OMISSIS).

I motivi sono fondati.

Nel riparto dell’onere probatorio, spetta all’Ufficio provare (anche per presunzioni) i fatti costitutivi del potere-dovere impositivo, mentre sta alla parte contribuente opporre i fatti estintivi o impeditivi. La richiesta – peraltro, a quanto risulta in atti, tramite fonte secondaria – di esposizione in dichiarazione degli immobili detenuti all’estero anche se non produttivi di reddito tassabile in Italia, non può derogare alla previsione di diritto internazionale convenzionale, nella specie nella convenzione bilaterale fra Repubblica Italiana e Stato di Israele, fatta il 22 aprile 1968 e ratificata con L. n. 201 del 1973, redatta secondo il modello OCSE, ove gli immobili vengono tassati nello Stato in cui insistono, nel caso di specie in (OMISSIS). Tanto l’esposizione in dichiarazione non costituisce presunzione di acquisto nel 2009, quanto la produzione documentale (non controversa in atti) della provenienza immobiliare vale come prova liberatoria. I fatti posti a fondamento della sussunzione normativa, ove privi della gravità, precisione e concordanza, sono scrutinabili avanti questa Corte di legittimità con lo strumento dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione delle norme sul riparto della prova (cfr. Cass. VI-3, n. 3541/2020, ma amplius 17535/2007). Di questi principi non ha fatto buon governo la gravata sentenza, il motivo è fondato e merita accoglimento.

6) Con l’ultimo motivo, si propone ancora censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, per aver la CTR interpretato la norma nel senso che l’incremento patrimoniale accertato venga “spalmato” nei quattro anni successivi, anzichè nei quattro precedenti.

In disparte la circostanza che il motivo non tocca una ratio esplicita della sentenza, occorre rilevare come altro è la “spalmatura” ex lege (prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 5) della spesa per incrementi patrimoniali (che si considera sostenuta con redditi conseguiti in quote costanti nell’anno e nei quattro precedenti; vedi Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 12207 del 16/05/2017), altra cosa sono quei fatti che, presupponendo la disponibilità di un corrispondente reddito (stesso art., precedente comma 4), si riflettono, sul piano logico e circostanziale, sul periodo fiscale interessato, traducendosi in autonomi indici rivelatori di capacità contributiva (cfr. Cass. V, n. 6222 del 20/04/2012).

Il motivo rimane assorbito dall’accoglimento dei precedenti.

P.Q.M.

La Corte accoglie i motivi 1, 2, 4 e 5, assorbiti 3 e 6, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR per la Lombardia, sezione di Milano, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2021

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