Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14753 del 27/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 27/05/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 27/05/2021), n.14753

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17630/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

C.L., con gli avvocati Nino Scripelliti, Elena Bellandi

ed Ornella Manfredini, con domicilio eletto presso lo studio di

quest’ultima, in Roma, alla via G. G. Avezzana, n. 1;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la

Toscana, n. 70/09/13, pronunciata il 19 aprile 2013 e depositata il

17 maggio 2013, non notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 febbraio

2021 dal Co: Marcello M. Fracanzani.

 

Fatto

RILEVATO

Il contribuente sig. C.L. esercita in Comune di (OMISSIS) attività di tassista iscritto a cooperativa ed era attinto da avviso di accertamento il 29 settembre 2008 con cui veniva rideterminato il suo reddito per l’anno di imposta 2004 secondo le modalità dell’accertamento analitico induttivo di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d). Secondo l’Ufficio, infatti, non vi era verosimiglianza tra le dichiarazioni esposte con il reddito effettivamente recepito, non ostante la coerenza e congruità delle dichiarazioni del contribuente con gli “studi di settore”.

La CTP rigettava il ricorso, ritenendo legittimo l’accertamento analitico induttivo, soprattutto sulla scorta delle stesse dichiarazioni del contribuente che, da un lato, affermava di aver soggiornato tre mesi all’estero, dall’altro, risultava aver incassato anche in quei tre mesi; altresì la ricostruzione del reddito era ritenuta legittimamente indotta dallo studio del Comune di (OMISSIS) in tema di prezzo e percorrenza della corsa medie (km 3,2).

La CTR riformava, ritenendo non provata e non affidabile l’esistenza dello studio municipale fiorentino e rilevando come l’Ufficio non avesse detratto dal totale dei km annualmente percorsi gli spostamenti privati o quelli funzionali per recarsi al lavoro, ovvero fra una corsa e l’altra, dividendo il totale lordo dei km percorsi per l’estensione della corsa media, ricavandone così l’introito.

Ricorre per cassazione l’Ufficio affidandosi a due motivi di doglianza, cui replica tempestivamente il contribuente.

In prossimità dell’udienza, la parte contribuente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Vengono proposti due motivi di ricorso.

1. Con il primo motivo si propone doglianza ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, nonchè degli artt. 2727 e 2729 c.c., nella sostanza affermando la legittimità per l’Ufficio di poter procedere con accertamento analitico induttivo, di cui al prefato art. 39, tanto nell’ipotesi di mancata congruenza con gli studi di settore, tanto nell’ipotesi di non verosimiglianza delle dichiarazioni, vuoi perchè gerenti un’attività con criteri antieconomici, vuoi perchè illogici e quindi inattendibili.

Il motivo è fondato. Non si fa questione dei presupposti per procedere con accertamento analitico induttivo che, infatti, l’impugnata sentenza non revoca in dubbio. All’opposto la commissione d’appello ha ritenuto viziata – nel merito – la ricostruzione operata dall’Ufficio, per non aver tenuto conto dei chilometri percorsi oltre alle corse a pagamento: per il tragitto casa-lavoro-casa, per spostamenti fra corse, per uso promiscuo del mezzo (spostamenti privati), oltre a dubitare dell’esistenza ed attendibilità dello studio di settore fiorentino.

A questa Corte compete la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, di dare (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (v. Cass., IV, n. 8718/2005, n. 4842/2006, Cass. V, n. 5583/2011).

Nel caso in esame, per contro, la commissione territoriale si sofferma diffusamente sul dato equivoco della corsa media, ma il compendio indiziario offerto al suo scrutinio era assai più articolato (pag. 18-19 del ricorso) e offerto dalla stessa contribuente (circostanza non contestata), restando non ponderato, prima di ogni altra cosa, il profilo singolare del reddito dichiarato di 3.352 Euro per l’anno 2004 ben al di sotto delle soglia di povertà (fissata all’epoca in 919,98 Euro mensili), che evidenzia un inverosimile anti-economicità dell’attività, neppure focalizzata in quel solo anno, ma cronica (4570 del 2003, 4807 nel 2005) e ancor più inverosimile alla luce del notorio ed elevato valore di marcato delle licenze. In questo si rileva la sconnessione logica nella verifica svolta dalla CTR nel bilanciamento delle diverse prove. Donde, il motivo è fondato e merita accoglimento.

2. Con il secondo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame di fatto decisivo, consistente nella circostanza che il giudice del secondo grado non abbia tenuto conto della contraddittorietà delle dichiarazioni del contribuente, ove afferma di essere stato tre mesi all’estero, ma contemporaneamente afferma di aver lavorato più di trecento giorni in quell’anno. Sicchè delle due l’una: o è stato assente, ma allora le scritture sono inattendibili perchè false dove annotano ricavi anche nei giorni che dovrebbero essere stati di permanenza all’estero, ma allora si giustifica l’accertamento induttivo; ovvero il contribuente non è stato all’estero ed allora l’incasso non è proporzionato ad un anno di lavoro.

Il motivo è inammissibile, poichè il patrono erariale richiama questa circostanza, come ritualmente dedotta in primo grado, ma non indica di averla prospettata al giudicante d’appello nei propri atti difensivi di secondo grado, in modo da porre in condizione questa Corte dall’accertare trattarsi di motivo dedotto e non nuovo.

In ogni caso, il fatto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve concretarsi in un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, ossia un fatto principale, ex art. 2697 c.c. (cioè un “fatto” costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o anche, secondo parte della dottrina e giurisprudenza, un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso. E di tale fatto deve essere indicata anche la natura “decisiva” ai fini del decidere (Cass., Sez. V, n. 16655/2011).

In definitiva, il ricorso è fondato per le ragioni attinte dal primo motivo.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR per la Toscana, in diversa composizione, cui demanda altresì la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2021

 

 

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