Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14753 del 19/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 19/07/2016, (ud. 06/06/2016, dep. 19/07/2016), n.14753

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

S.P., rappresentato e difeso, in forza di procura speciale

in calce al ricorso, dall’Avv. Piero Conti, con domicilio eletto

presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Filippo Nicolai, n.

16;

– ricorrente –

contro

M.P., rappresentata e difesa, in virtù di procura

speciale a margine del controricorso, dall’Avv. Carlo De Maio, con

domicilio eletto nello studio dell’Avv. Maria Francesca Caldoro in

Roma, via Baiamonti, n. 10;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 1123/12

depositata in data 29 febbraio 2012.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 6

giugno 2016 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito l’Avv. Piero Conti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per

l’inammissibilità e, in subordine, per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – Con atto di citazione notificato il 9 febbraio 2012, S.P. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, M.P., per sentire dichiarare l’avvenuta usucapione del terreno in (OMISSIS), di circa 2.500 mq, (OMISSIS), in quanto da lui posseduto da oltre 20 anni.

Si costituiva M.P., la quale contestava le pretese dell’attore e proponeva domanda riconvenzionale al fine di ottenere la restituzione delle aree indebitamente occupate dall’attore ed il risarcimento del danno.

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 7692/05, accoglieva parzialmente la domanda attrice, dichiarando a favore del S. l’acquisto per usucapione del terreno dell’estensione di mq 1.785,29 circa, e rigettava la riconvenzionale.

2. – M.P. proponeva appello, chiedendo la riforma della sentenza impugnata.

La Corte di Appello di Roma, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 120/12, accoglieva in parte l’appello e rigettava la domanda di usucapione, condannando S.P. a restituire il terreno sito in (OMISSIS), alla (OMISSIS) dell’estensione di mq 1.785,29.

3. – Avverso la indicata sentenza della Corte d’appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione S.P., articolandolo su un motivo.

M.P. ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo, il ricorrente deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a circostanze decisive per il giudizio.

In particolare, egli sostiene che, nel corso del processo di primo grado, aveva depositato una perizia di parte che aveva individuato con precisione il terreno oggetto di causa e che controparte aveva ben compreso di quale immobile si discutesse, tanto che ne aveva domandato in via riconvenzionale il rilascio.

Il ricorrente evidenzia, altresì, che il terreno in questione, dell’estensione di mq 1.785, era parte dei 2.500 erroneamente indicati nell’atto di citazione di primo grado e che i testimoni lo avevano ben individuato.

Inoltre, S.P. contesta la rilevanza della questione concernente la recinzione del fondo de quo e la ritenuta maggiore attendibilità del teste G. rispetto a quella dei testi dal medesimo ricorrente indicati.

2. – Il motivo è infondato.

La Corte di Appello di Roma, con congrua motivazione, priva di mende logiche e giuridiche, ha accertato che l’immobile del quale era stata domandata l’usucapione non era individuabile con esattezza da parte dei testimoni sentiti, alla luce di varie circostanze, quali:

– la notevole differenza fra la superficie del terreno di cui al petitum attoreo e sul possesso del quale i testi erano stati chiamati a deporre (mq 2.500 circa) e quella dell’immobile che il S. voleva in concreto usucapire (mq 1785,29 circa);

– la mancanza di una “recinzione dell’appezzamento”;

– la “conduzione in affitto da parte del S. di immobile… contiguo al terreno in contestazione, ad esso confinante per un lato e liberamente accessibile”.

Tali elementi, infatti, rendevano le dichiarazioni dei testi dell’attore, C. e Sc., “non idonee ad attestare che le attività espletate dal S. si fossero estrinsecate nel ventennio proprio sull’estensione di 1.785,29 mq per la sua interezza piuttosto che su parte solo di tale area ovvero su quella condotta in affitto”, anche perchè non risultava fosse stata loro sottoposta una planimetria dei luoghi.

Inoltre, la Corte territoriale ha rilevato che i due testi da ultimo menzionati si sono contraddetti con riferimento al numero di cavalli e cani allevati in loco ed hanno reso dichiarazioni generiche in ordine alle attrezzature da utilizzare per tale attività ed all’ubicazione della stalla.

In particolare, sono state ritenute inutilizzabili le affermazioni dello Sc., poichè lo stesso non era neppure al corrente se il S. fosse proprietario o conduttore del terreno, con la conseguenza che non era possibile distinguere “nelle dichiarazioni del teste quali fossero le attività che l’attore poneva in essere sul terreno condotto in locazione, pure esso alberato, e quelle sul terreno contiguo”.

La Corte di Appello di Roma ha dato valore, quindi, alla testimonianza del G., secondo cui solo nel 2001 aveva notato “che era in corso la realizzazione di una recinzione sul confine tra il terreno di proprietà della M. e la stradina situata all’interno della proprietà”, mentre in occasione di altro accesso, avvenuto nel 1984, detto cancello non esisteva, così smentendo i testi di controparte.

Privo di valenza è il fatto che nel corso del giudizio di primo grado il ricorrente avesse depositato una perizia di parte da lui considerata idonea ad individuare il terreno e che la controparte avesse ben compreso di quale immobile si discutesse.

Va respinta, infine, la doglianza relativa all’attendibilità dei testi, posto che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili (Cass., Sez. I, 23 maggio 2014, n. 11511).

Il ricorrente, pur lamentando formalmente un decisivo difetto di motivazione, tende, in realtà, ad una (non ammissibile in sede di legittimità) richiesta di rivisitazione del merito della regiudicanda.

3. – Il ricorso è rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 2.000 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 6 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2016

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