Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14753 del 14/06/2017


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Cassazione civile, sez. un., 14/06/2017, (ud. 21/03/2017, dep.14/06/2017),  n. 14753

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente di Sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6348/2015 proposto da:

C.T., nella qualità di legale rappresentante della

omonima ditta individuale e della Velitrae s.a.s. di C.T.

& C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL PARCO 5, presso

lo studio dell’avvocato PIERLUIGI PARENTE;

– ricorrente –

contro

ANAS S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DARDANELLI 13, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE ANGELUCCI, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI APRILIA;

– intimato –

avverso la sentenza del CONSIGLIO DI STATO, depositata in data

15/07/2014.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/03/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

uditi gli Avvocati Pierluigi Parente e Giuseppe Angelucci.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. C.T. nella asserita qualità “di rappresentante legale della omonima ditta individuale e della Velitrae s.a.s. di C.T. & C. di Velletri”, ha proposto ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, contro il Comune di Aprilia e l’A.N.A.S. s.p.a., avverso la sentenza del Consiglio di Stato n. 3702 del 15 luglio 2014, che ha rigettato l’appello, proposto da esso ricorrente sempre nella duplice qualità indicata, contro la sentenza resa in primo grado con il n. 5763 del 2003 dal Tribunale Regionale Amministrativo per il Lazio su tre ricorsi riuniti introdotti nel 2002.

2. Al ricorso ha resistito con controricorso l’A.N.A.S., mentre non ha svolto attività difensiva il Comune di Aprilia.

3. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso appare inammissibile.

2. La ragione di inammissibilità – pur all’esito di un apprezzamento alla stregua di criteri non meramente formali e meno che mai formalistici – si rinviene nell’assoluta mancanza di conformità della struttura del ricorso al paradigma indicato dell’art. 366 c.p.c..

Infatti, la struttura del ricorso è del seguente tenore:

a) nella prima pagina si forniscono l’indicazione della sentenza impugnata e delle parti e si allude, in modo criptico ed assolutamente incomprensibile, alla circostanza che, “stante la scindibilità dei giudizi e la rinunzia alle domande avanzate verso di essa” la Società Esso, “parte nei precedenti giudizi, non appare più essere contraddittore necessario nel corrente ricorso”;

b) immediatamente di seguito, sotto l’intestazione “diritto” si enunciano, fino a tre quarti della seconda pagina, considerazioni sulla sentenza impugnata, con riferimenti alla vicenda in fatto del tutto inidonei ad evidenziarne, sebbene in modo sommario, i termini e che, pertanto risultano del tutto incomprensibili;

c) successivamente, sotto l’intestazione “fatto”, si svolgono, per tutta la terza pagina e per metà della quarta, anzichè enunciazioni dirette ad evidenziare il fatto sostanziale e processuale, considerazioni a commento della sentenza impugnata, che anche in questo caso non mettono il lettore in condizione di comprendere nè i termini della vicenda oggetto del giudizio davanti al giudice amministrativo, nè, conseguentemente, di intenderne il significato;

d) in fine, sotto l’indicazione “per i sovraesposti motivi”, si chiede la cassazione della sentenza “per denegata giurisdizione ai sensi dell’art. 110 n.c.p.a. e art. 362 c.p.c. e art. 2043 c.c., rimettendo all’Ill.mo Consiglio di Stato, o al giudice ritenuto competente, per l’individuazione ed eventuale quantificazione dei profili risarcitori contenuti nelle vicende e domande formulate dalle Ditte C.T. e Velitrae, e/o emettendo tutti i consequenziali provvedimenti di legge. Ciò indipendentemente dal fatto che la formazione delle relative eccezioni e domande dovesse intendersi amministrativamente preclusa da giudicati interni o da mere irregolarità nella formulazione o nella comunicazione delle domande stesse”.

2.1. Nella descritta struttura del ricorso non è dato cogliere, pur all’esito della sua completa lettura nè un’esposizione del fatto sostanziale e processuale nè la formulazione di motivi e meno che mai di un motivo giustificativo dell’accesso a queste Sezioni Unite contro la sentenza del giudice speciale.

In tale situazione il ricorso non si presenta, pur apprezzato alla stregua di una valutazione non formalistica delle forme, in via preliminare in alcun modo percepibile come atto, inteso nel suo complesso, riconducibile ai requisiti di contenuto-forma delineati nell’art. 366 c.p.c., sicchè può dirsi, ad avviso del Collegio, che il lettore non si trovi di fronte ad un atto avente caratteri pur minimali per permettere di iscriverlo nel paradigma della detta norma.

3. Il ricorso è, conclusivamente, dichiarato inammissibile.

L’inammissibilità non rende necessario interrogarsi sul se la mancata evocazione in giudizio della Soc. Esso Italiana a r.l., che figura parte nella sentenza impugnata, fosse riconducibile all’art. 332 c.p.c., come in modo assolutamente incomprensibile, data la struttura del ricorso, hanno allegato i ricorrenti, oppure a quella dell’art. 331 c.p.c..

Invero, quando un ricorso per cassazione è inammissibile, la circostanza che risulti mancante l’evocazione nel giudizio di cassazione di una parte contro la quale risulti pronunciata la sentenza impugnata, non giustifica nè l’esercizio da parte della Corte di cassazione del potere di cui all’art. 291 c.p.c., nè l’esercizio dei poteri di cui agli artt. 331 e 332 c.p.c., che, nel caso della prima e della seconda norma, sono diretti ad assicurare che l’eventuale decisione della Corte che rimetta in discussione le statuizioni della sentenza impugnata venga adottata coinvolgendo tutti le parti che da esse sono coinvolte, e, nel caso dell’art. 332 c.p.c., a consentire che eventuali impugnazioni di altre parti pur non coinvolte dalle possibili decisioni della Corte, siano decise, per ragioni di opportunità ed anche in funzione dell’eventuale insorgenza di interesse ad impugnare da esse dipendente nello stesso processo di cassazione, in quanto relative alla stessa sentenza.

4. Le spese seguono la soccombenza nei confronti della resistente e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014. Non è luogo a provvedere sulle spese riguardo al rapporto processuale fra ricorrenti e Comune di Aprilia. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro settemila, oltre duecento per esborsi, le spese generali al 15% e gli accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 21 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2017

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