Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14750 del 14/07/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 14750 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA

sentenza
in forma semplificata

sul ricorso proposto da:
MARTINO Innocenzo, rappresentato e difeso, in forza di procura
speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Attilio Turchetta, con
domicilio eletto nello studio dell’Avv. Piero Frattarelli in
Roma, via degli Scipioni, n. 268/A;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in
Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 14/07/2015

avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia depositato
in data l ° luglio 2013 (Cron. n. 152/13).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7 maggio 2015 dal Consigliere relatore Dott. Alberto

udito l’Avv. Attilio Turchetta.
Ritenuto che la Corte d’appello di Perugia, in sede collegiale, con decreto in data l ° luglio 2013, ha rigettato
l’opposizione proposta da Innocenzo Martino ai sensi dell’art.
5-ter della legge 24 marzo 2001, n. 89, avverso il decreto del
magistrato della stessa Corte d’appello che aveva respinto la
domanda di equa riparazione dallo stesso proposta per la durata non ragionevole dei processi, poi riuniti, svoltisi dinanzi
al Tribunale di Cassino e alla Corte d’appello di Roma;
che la Corte di Perugia ha così motivato: «Nel caso in esame uno dei due processi è rimasto sospeso per un lasso di tempo protrattosi dal 1979 al 1997 per una serie di richieste di
rinvio delle parti per un bonario componimento, l’altro ha subito due anni di rinvio sempre richiesti dalle parti dal 16
marzo 1984 al 14 marzo 1986, per poi essere riuniti. E’ evidente che la condotta tenuta dalle parti integra sicuramente
un chiaro abuso dei poteri processuali tale da determinare una
ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento, che
l’art. 2-quinquies,

lett. f), della legge n. 89 del 2001 indi-

ca come una di quelle ipotesi ostative all’indennizzo»;

– 2 –

Giusti;

che per la cassazione del decreto della Corte d’appello il
Martino ha proposto ricorso, con atto notificato il 24 dicembre 2013 e, a seguito di ordine di rinnovo della notifica, il
2 gennaio 2015,

sulla base di due motivi;

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una
motivazione in forma semplificata;
che con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione o
falsa applicazione dell’art.

2-quingules,

lett. f), della leg-

ge n. 89 del 2001, mentre con il secondo mezzo denuncia omesso
esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto
di discussione;
che i due motivi – da esaminare congiuntamente, stante la
stretta connessione – sono fondati, nei termini di seguito
precisati;
che questa Corte ha già statuito che non può non valutarsi
negativamente l’effetto che sulla sollecita trattazione abbia
avuto una sequela di istanze di differimento (o di adesione a
quelle altrui) non giustificate da esigenze di difesa, ma è
anche vero che l’addebito automatico alla parte di tutti i
tempi dei rinvii disposti è viziato dalla degradazione a mero
spettatore del giudice istruttore del processo, al quale, ai
sensi dell’art. 175 cod. proc. civ., spetta la direzione del
giudizio ed il potere di invitare le parti a rassegnare le
conclusioni e comunque di regolare la sequenza dei differimen-

che il Ministero ha resistito con controricorso.

ti nel rispetto della prescrizione dell’art. 81 disp. att.
cod. proc. civ. (Cass., Sez. I, 10 maggio 2010, n. 11307;
Cass., Sez. VI-2, 6 novembre 2014, n. 23743);
che è dunque compito del giudice dell’equa riparazione, a

opposti) dalla parte e disposti dal giudice istruttore, distinguere, come gli impone l’art. 2, comma 2, della legge n.
89 del 2001, tra tempi addebitabili alla parte e tempi dei
rinvii addebitabili allo Stato per la loro evidente irragionevolezza e pertanto, salvo che sia motivatamente evidenziata
una vera e propria strategia dilatoria della parte, idonea ad
impedire alcun esercizio dei poteri di direzione
dell’istruttore, individuare la durata irragionevole del giudizio comunque ascrivibile allo Stato, ferma restando la possibilità che la frequenza e ingiustificatezza delle istanze di
differimento incida sulla valutazione del patema indotto dalla
durata e quindi sulla misura dell’indennizzo da riconoscere
(Cass., Sez. I, 25 gennaio 2008, n. 1715);
che nella specie la Corte d’appello ha ravvisato la configurabilità di un chiaro abuso dei poteri processuali delle
parti, tale da determinare una ingiustificata dilazione dei
tempi del procedimento, nelle richieste di rinvio per bonario
componimento in uno dei processi dal 1979 al 1997 e nelle richieste di rinvio nell’altro processo dal 1984 al 1986; ma,
nel pervenire a detta valutazione, non ha considerato:

4

fronte di una cospicua serie di differimenti chiesti (o non

(a)

che nella prima causa (di risarcimento dei danni per
rovina di

edificio dovuta a

responsabilità

dell’appaltatore), pendente dal 6 novembre 1975 (WRG
599/75), le richieste di rinvio per trattative di bo-

riparare i difetti riscontrati) si sono avute dal 16
giugno 1978 al 12 marzo 1986, e dopo tale udienza la
causa (seppure riunita di fatto alla causa successivamente instaurata, inscritta al NRG 1114 del 1980, e
promossa per fare accertare l’inidoneità del progetto
di risanamento e per ottenere la condanna al risarcimento dei danni) è rimasta in stato di quiescenza finché, con ordinanza del 3 novembre 1996, è stata rimessa in istruttoria per l’udienza del 29 gennaio 1997 al
fine di procedere alla formale riunione con la causa
successiva;
(b)

che numerose volte le cause riunite sono state trattenute in decisione e rimesse in istruttoria per gli incombenti più vari;

(c)

che anche prima della formale riunione la seconda causa (WRG 1114 del 1980) è stata trattenuta in decisione
e poi rimessa sul ruolo dell’istruttore;

(d)

che soltanto nell’aprile del 2003 è intervenuta la
sentenza del Tribunale di Cassino e nel maggio 2011 la
sentenza della Corte d’appello di Roma;

– 5 –

nario componimento (essendo intervenuto un accordo per

che – stante la delineata scansione procedimentale – ha errato la Corte d’appello a ritenere che la durata del giudizio
sia dipesa esclusivamente da un abuso dei poteri processuali
delle parti, senza considerare il concorso di disfunzioni or-

che, pertanto, il ricorso deve essere accolto e il decreto
impugnato cassato;
che la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di
Perugia, che la deciderà in diversa composizione;
che il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del
giudizio di cassazione.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso, nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per
le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di
Perugia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 7 maggio

ganizzative riferibili all’amministrazione della giustizia;

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