Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14749 del 05/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 05/07/2011, (ud. 07/06/2011, dep. 05/07/2011), n.14749

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.A.C. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato PACE FABIO, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

-resistente –

avverso la sentenza n. 124/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO del 14/12/07, depositata il 30/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

udito l’Avvocato Pace Fabio, difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIETRO GAETA che aderisce

alla relazione.

La Corte:

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo;

letti gli atti depositati.

Osserva:

P.A.C. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Milano n. 124/27/2007, depositata il 30.6.2008, con la quale -in controversia concernente plusvalenza afferente l’anno 1999 per cessione di un terreno edificabile – è stato disatteso l’appello dalla medesima P. proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso del contribuente esclusivamente con riferimento al profilo sanzionatorio ed è stato invece accolto l’appello incidentale dell’Agenzia avverso il capo della decisione che aveva appunto- annullato le sanzioni irrogate.

La sentenza impugnata ha disatteso la censura della parte contribuente concernente il capo relativo all’accertamento della plusvalenza (sulla scorta del rilievo che “il contribuente era perfettamente a conoscenza della predetta delibera, essendo stata richiamata nell’atto di compravendita”) ed ha accolto la censura dell’Agenzia concernente il capo relativo alle sanzioni (sul rilievo che “non sussistevano le richieste condizioni di incertezza previste dalla legge per la disapplicazione delle sanzioni”).

La parte contribuente ha proposto ricorso affidandolo a sei motivi.

L’Agenzia si è costituita con controricorso.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 c.p.c. – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

I motivi primo e secondo appaiono inammissibili poichè – sub specie del vizio di falsa applicazione della norma di legge (da un canto la L. n. 212 del 2000, art. 7 e d’altro canto il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6 commi 1 e 2)- richiedono questa Corte di rinnovare gli accertamenti di fatto che già sono stati puntualmente svolti dal giudice del secondo grado di giudizio, vuoi con riferimento alla consapevolezza che il contribuente aveva della delibera che ha reso edificabile l’oggetto della compravendita sia con riferimento alla sussistenza delle condizioni di obiettiva incertezza che consentono di disapplicare il provvedimento sanzionatorio. Questa Corte ha già più volte evidenziato (per tutte Cass. Sez. L, Sentenza n. 16698 del 16/07/2010) che l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. I motivi quarto e quinto (improntati al vizio di violazione di legge, in riferimento da un canto agli art. 324 c.p.c. -D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49 e d’altro canto al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53, 56 e 57) appaiono pure inammissibili perchè non prospettati nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, con riferimento all’assunto secondo cui l’Agenzia non avrebbe contestato nell’atto di appello incidentale il capo della decisione di primo grado fondato sull’esistenza dell’errore sul fatto implicante esenzione dalla sanzione, nel mentre invece risulta dalla sentenza qui impugnata che l’Agenzia si è doluta proprio de “la erronea disapplicazione delle sanzioni”. Appare invece manifestamente fondato (ed assorbente del motivo proposto sub n. 6, come vizio di insufficiente motivazione) il motivo terzo del ricorso per cassazione (rubricato come: “in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8”), nell’aspetto in cui si prospetta la falsa applicazione del citato art. 8, in riferimento alle irrogate sanzioni. Riportando il contenuto del ricorso introduttivo di primo grado, l’odierna ricorrente ha significato di avere prospettato l’esistenza di un “errore sul fatto” e di avere perciò invocato l’applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 1, sulla qual cosa il primo giudice aveva dichiarato di dover convenire.

Ritenendo invece non integrati i presupposti di applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8 (e perciò disattendendo la domanda della parte ricorrente proprio in applicazione della invocata norma) la Commissione Regionale è incorsa in vizio di falsa applicazione della disposizione di legge da ultima richiamata, a fronte della quale l’odierna ricorrente assume che occorrerebbe invece fare adeguata applicazione dello speciale disposto del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, che appunto si occupa delle conseguenze della violazione generata da un errore sul fatto.

Non resta che concludere nel senso che necessita una nuova pronuncia sull’istanza di parte ricorrente che tenga conto -in relazione alle irrogate sanzioni- del disposto della norma effettivamente invocata dalla parte ricorrente medesima.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità e per manifesta fondatezza.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che la parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis il cui contenuto non può essere condiviso:

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto per quanto è di ragione che le spese di lite posso essere regolate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo. Rigetta gli altri. Cassa e rinvia alla CTR Lombardia anche per la regolazione delle spese di questo grado.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2011

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