Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14748 del 14/07/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 6 Num. 14748 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: FALASCHI MILENA

SENTENZA
sul ricorso 349-2014 proposto da:
CHILLA MARIA ABBONDANZA, BLASI DONATO,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI GRACCHI 39, presso
lo studio dell’avvocato ANNAMARIA FEDERICO, rappresentati e
difesi dall’avvocato COSIMO LUPERTO giusta procura speciale 4n
calce al ricorso;

– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

Data pubblicazione: 14/07/2015

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente avverso il decreto n. 401/2013 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
19/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 4 aprile 2012 presso la Corte d’appello di Potenza,
Donato BLASI e Maria Abbondanza CHILLA chiedevano la condanna del
Ministero della giustizia al pagamento del danno non patrimoniale derivato dalla
irragionevole durata della procedura concernente il fallimento della Venturi
Investimenti S.p.A. (già Me.Fi S.p.A.), iniziata con dichiarazione di fallimento da
parte del Tribunale di Lecce in data 11 ottobre 1993 e non ancora conclusasi alla
data della domanda.
L’adita Corte d’appello considerava ragionevole la durata di sette anni, per cui
riteneva che fosse indennizzabile un ritardo di dodici anni, e valutata la modestia
della posta in gioco, liquidava un indennizzo di €. 1.400,00 per ciascun
ricorrente.
Avverso detto decreto il BLASI e la CHILLA hanno proposto ricorso, affidato a
tre motivi.
L’intimato Ministero ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella
redazione della sentenza.

Ric. 2014 n. 00349 sez. M2 – ud. 19-03-2015
-2-

POTENZA del 9/04/2013, depositata il 19/04/2013;

Con il primo motivo ed il secondo i ricorrenti denunciano violazione
dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001, degli artt. 1223, 1226 e 2056 c.c., nonché
degli artt. 6, par. 1 e 13 della CEDU, oltre a vizio di motivazione contraddittoria e
omesso esame su fatti decisivi, censurando il decreto impugnato per essersi la
Corte d’appello discostata dai parametri relativi all’entità degli indennizzi che la

giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha enucleato (e che
prevedono un indennizzo non inferiore a €. 750,00 per ciascuno dei primi tre
anni eccedenti la durata ragionevole e a €. 1.000,00 per ciascuno di quelli
successivi), avendo riconosciuto a ciascun ricorrente un indennizzo pari a poco
più di €. 116,00 per ogni anno di ritardo.
Entrambe le censure — da trattare congiuntamente per la evidente connessione —
sono fondate.
Invero, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che, se è vero che il giudice
nazionale deve, in linea di principio, uniformarsi ai criteri di liquidazione
elaborati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di
garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente
lucrativa, la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola,
non inferiore a €. 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni
eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a €. 1.000,00 per quelli
successivi), permane, tuttavia, in capo allo stesso giudice, il potere di
discostarsene, in misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle peculiarità della
singola fattispecie, ravvisi elementi concreti di positiva smentita di detti criteri,
dei quali deve dar conto in motivazione (Cass. n. 18617 del 2001; Cass. n. 17922
del 2010). Si aggiunga, altresì, che è stato ritenuto in linea con le soglie dettate
tanto dalla giurisprudenza europea quanto da quella nazionale, il criterio di €.
500,00 per anno di ritardo in relazione alle procedure fallimentari (Cass. n. 16311
del 2014).
Tuttavia nella specie la Corte di merito, anche affermando di voler valorizzare il
criterio del valore della posta in gioco, ha poi finito per liquidare un indennizzo
Ric. 2014 n. 00349 sez. M2 – ud. 19-03-2015
-3-

pAr

al di sotto di detto parametro, discostandosi, in senso riduttivo, da suddetti

Il terzo e ultimo motivo — con cui i ricorrenti lamentano la violazione
dell’art. 3 Cost., anche per vizio di motivazione, per avere la Corte d’appello nel
liquidare l’indennizzo, nella sostanza, tenuto conto del valore dei crediti ammessi

avrebbe determinato una disparità non consentita – rimane assorbito
dall’accoglimento dei precedenti.
Conclusivamente, vanno accolti i primi due motivi di ricorso, assorbito il
terzo, e il decreto impugnato deve essere cassato nei limiti sopra esposti.
Non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere
decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, secondo comma, c.p.c..
Infatti, accertata la irragionevole durata della procedura fallimentare in anni
dodici, alla liquidazione dell’indennizzo può procedersi applicando il criterio di €.
500,00 per anno di ritardo, ritenuto dalla più recente giurisprudenza congruo in
relazione alle procedure fallimentari (Cass. n. 16311 del 2014 cit.), e
determinando quindi l’ammontare dell’indennizzo in favore di ciascun ricorrente
in €. 6.000,00.
In conclusione, il Ministero della giustizia deve essere condannato al pagamento,
in favore di ciascun ricorrente, della somma di €. 6.000,00, oltre agli interessi
legali dalla domanda al soddisfo.
Quanto alle spese processuali, va confermata sul punto la statuizione della corte
di merito, con condanna del Ministero alla rifusione delle spese del giudizio di
Cassazione.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il
terzo;
Ric. 2014 n. 00349 sez. M2 – ud. 19-03-2015
-4-

al passivo, e dunque in misura non omogenea per tutti i ricorrenti, per cui

cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero
della giustizia al pagamento, in favore di ciascun ricorrente, della somma – di €.
6.000,00, oltre agli interessi legali dalla data della domanda al saldo;
confermata la statuizione della Corte territoriale sulle spese di merito,
condanna, altresì, il Ministero alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità,

di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione civile, il
19 marzo 2015.

che liquida in €. 700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie e agli accessori

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA