Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14746 del 27/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 27/05/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 27/05/2021), n.14746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21170/2015 R.G. proposto da:

C.A., rappresentato e difeso, giusta procura a margine

del ricorso, dall’Avv. Daniela Boazzelli e dall’Avv. Claudio

Boazzelli, elettivamente domiciliato presso il loro studio, in Roma,

Via Montello n. 30;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello

Stato e presso i cui uffici domicilia in Roma, alla Via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

n. 485/38/2013, depositata il 3 dicembre 2013.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 24 febbraio

2021 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma (n. 456/24/2010), che aveva accolto il ricorso presentato da C.A., comproprietario al 50% di alcuni terreni, per l’anno 2003, contro l’intimazione di pagamento n. (OMISSIS) emessa a seguito dell’avviso di accertamento n. (OMISSIS), emesso dall’Agenzia delle entrate, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, per una plusvalenza da cessione di terreni edificabili avvenuta il (OMISSIS), registrata il (OMISSIS), per la somma di Euro 75.172,30,00. Infatti, il terreno era stato venduto per la somma di Euro 355.000,00, mentre il valore era stato rettificato dall’Agenzia in Euro 487.000,00, come da precedente avviso di rettifica e di liquidazione ai fini della imposta di registro, non impugnato dal contribuente; poichè tale terreno era stato rivalutato ai sensi della L. n. 448 del 2001, art. 7, in virtù di perizia giurata di stima, con l’assoggettamento all’imposta sostitutiva pari al 4%, con la determinazione del valore in Euro 336.655,40, la plusvalenza era appunto pari ad Euro 75.172,30 (Euro 487.000,00 meno Euro 336.655,40=Euro 168.327,70). Essendo il contribuente titolare solo del 50% dei terreni, la plusvalenza riferibile al C. era quella sopra indicata. Secondo il giudice di prime cure, l’Agenzia delle entrate, ai fini della determinazione della plusvalenza, aveva considerato la differenza tra il valore determinato sulla base della perizia giurata di stima, effettuata ai sensi della L. n. 448 del 2001, e del D.L. n. 282 del 2002, pari ad Euro 336.665,40, ed il valore di cessione, accertato con l’avviso di rettifica e liquidazione ai fini dell’imposta di registro pari ad Euro 487.000,00, mente nel contratto di compravendita il prezzo pagato era indicato in Euro 355.000,00; poichè la quota di possesso del contribuente era pari al 50%, si era realizzata una plusvalenza di Euro 9168,00 (Euro 355.000,00 – 336.665,40=18.334,6), che il contribuente non aveva dichiarato nell’anno 2003 ai fini della determinazione dell’Irpef. Il giudice d’appello, invece, evidenziava che, con riferimento all’accertamento delle imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria era legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza realizzata a seguito di cessione di un terreno edificabile, sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro. Era onere probatorio del contribuente superare la presunzione della corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato accertato in base all’imposta di registro. Inoltre, la perizia giurata poteva solo avere valore indiziario, al pari di ogni documento proveniente da un terzo. Il contribuente non aveva allegato, nè provato, l’esistenza di elementi idonei a contrastare il valore accertato in sede di applicazione dell’imposta di registro, sì da confortare quanto dichiarato nella perizia giurata.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il contribuente.

3. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

4. La sezione sesta della Corte di cassazione ha rinviato la trattazione alla sezione quinta, non sussistendo i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

5. Il contribuente ha depositato memoria scritta, contenente documentazione relativa alla richiesta di adesione alla definizione agevolata di cui al D.L. n. 119 del 2018.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di impugnazione il contribuente deduce la “violazione dell’art. 116 c.p.c., degli artt. 2699 e 2700 c.c., dell’art. 2697 c.c., e dei principi generali in tema di distribuzione dell’onere di prova in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4”, in quanto erroneamente il giudice d’appello ha confermato l’accertamento dell’Agenzia delle entrate, che aveva utilizzato una stima redatta dall’Agenzia del territorio, per la determinazione dell’imposta di registro, con riferimento ad altri immobili, elevando il valore del terreno trasferito da Euro 355.000,00 ad Euro 487.000,00. In realtà, l’art. 116 c.p.c., dispone che il giudice valuti le prove secondo il suo prudente apprezzamento, ma la consulenza utilizzata dall’Agenzia delle entrate, redatta dall’ufficio tecnico erariale, era una mera “perizia di parte”, non potendo assurgere ad atto pubblico. Nè la Commissione regionale ha evidenziato l’esistenza di oggettivi e certi elementi di riscontro alle conclusioni di tale consulenza di parte. Inoltre, la stessa stima dell’Agenzia del territorio era motivata, a sua volta, sulla scorta di un criterio comparativo, senza che però alla stima fossero allegate concrete prove idonee a dimostrare la comparabilità del manufatto oggetto di controversia con quelli assunti a comparazione.

2. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente deduce la “violazione dell’art. 116 c.p.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, e dei principi generali in tema di distribuzione dell’onere della prova in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4”. V’è stata, dunque, violazione anche dei principi generali in tema di distribuzione dell’onere della prova. Il giudice d’appello ha, di fatto, legittimato l’accertamento, in via induttiva, del reddito da plusvalenza realizzato a seguito di cessione di un terreno edificabile, sulla base del mero accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro. Tuttavia, mentre il metodo impositivo dell’ufficio del registro si fonda sul valore venale di comune commercio con riferimento al valore del terreno, per cui si prescinde dal prezzo effettivamente pagato, il metodo adottato dall’ufficio delle imposte dirette attiene al reddito prodotto, comprese le plusvalenze. Pertanto, la determinazione del reddito è collegata all’importo stabilito nell’atto di cessione prescindendo dalla rettifica operata dall’Ufficio del registro per l’imposta di sua competenza. Per le imposte di registro si ha riguardo al valore di mercato di un bene, mentre quando si discute di una plusvalenza realizzata occorre verificare la differenza tra il prezzo di acquisto e quello di cessione.

3. Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente si duole della “violazione dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c., e dei principi generali in tema di distribuzione dell’onere di prova, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, in quanto l’Agenzia delle entrate ha contestato al contribuente una plusvalenza da cessione di terreno edificabile per Euro 75.172,30, da quest’ultimo non dichiarata ai fini della determinazione dell’Irpef. La Commissione tributaria provinciale, invece, ha accolto il ricorso proposto dal contribuente, ritenendo più corretto considerare, ai fini della determinazione della plusvalenza, la differenza tra il prezzo indicato nell’atto di vendita e quello stabilito con la perizia giurata di stima prodotta in giudizio. Il giudice d’appello, invece, ha ritenuto che l’Amministratore finanziaria fosse legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza, sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro, presumendo, dunque, la corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato così accertato, con onere probatorio a carico del contribuente per superare detta presunzione. Il giudice d’appello, poi, ha riconosciuto alla perizia giurata di stima solo un valore di mero indizio, inidoneo a contrastare il valore accertato in sede di applicazione dell’imposta di registro. In tal modo, il giudice d’appello è incorso nel vizio di motivazione della decisione. In primo luogo, spetta alla Amministrazione finanziaria, l’onere di provare la legittimità e la fondatezza della pretesa fiscale. Utilizzando le presunzioni semplici, è necessaria la dimostrazione del soddisfacimento dei requisiti previsti dall’art. 2729 c.c., della gravità, precisione e concordanza, affinchè dette presunzioni possano assumere rilevanza probatoria. In secondo luogo, il contribuente ha prodotto una perizia giurata di stima in base alla quale il valore del terreno oggetto di compravendita era di Euro 336.655,40. Tale perizia non è stata contestata specificatamente dalla resistente ex art. 115 c.p.c., e non era, dunque, sufficiente all’Agenzia delle entrate accertare il reddito da plusvalenza semplicemente sulla base del valore individuato in sede di applicazione dell’imposta di registro.

3.1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.

3.2. Invero, il contribuente ha aderito alla definizione agevolata della controversia, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, presentando la domanda il 17-4-2018.

3.3. In particolare, il C. ha prodotto: la comunicazione delle somme dovute come indicate dall’Agenzia delle entrate con comunicazione in data 7 giugno 2019 (debito da pagare Euro 13.928,69) con indicazione delle 10 rate da pagare a decorrere dal 31 luglio 2019 sino al 30 novembre 2023; la quietanza di pagamento delle prime quattro rate, ciascuna per la misura di Euro 1.392,85 (nelle date 16 luglio 2019; 25 novembre 2019; 30 luglio 2020; 14 novembre 2020);

3.4. La memoria, con l’allegata documentazione, non risulta, però, notificata da parte del difensore della società all’Agenzia delle entrate.

4. Il ricorrente, con la memoria, ha chiesto espressamente di dichiararsi “la cessata materia del contendere e compensate le spese di lite”.

5. Deve, dunque, applicarsi il principio per cui, a norma dell’art. 390 c.p.c., u.c., l’atto di rinuncia al ricorso per cassazione deve essere notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto; ne consegue che, in difetto di tali requisiti, l’atto di rinuncia non è idoneo a determinare l’estinzione del processo, ma, poichè è indicativo del venir meno dell’interesse al ricorso, ne determina comunque l’inammissibilità (Cass., sez. un., 18 febbraio 2010, n. 653).

Anche nel caso in esame, è lo stesso ricorrente a manifestare, con la richiesta di dichiarazione della cessazione della materia del contendere, il proprio sopravvenuto difetto di interesse al ricorso.

6. Le spese del giudizio vanno compensate interamente tra le parti, tenendo conto dell’adesione del contribuente alla definizione agevolata.

7. Nell’ipotesi di causa di inammissibilità sopravvenuta alla proposizione del ricorso per cassazione non sussistono i presupposti per imporre al ricorrente il pagamento del cd. “doppio contributo unificato” – fattispecie in tema di rinuncia al ricorso da parte del contribuente per adesione alla definizione agevolata di cui D.L. n. 193 del 2016, art. 6, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 225 del 2016 – (Cass., sez. 5, 7 dicembre 2018, n. 31732).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2021

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