Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14744 del 14/07/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 14744 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso 19451-2014 proposto da:
API – ANONIMA PETROLI ITALIANA SPA, in persona
dell’Amministratore Delegato, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA CONDOTTI 91, presso lo studio dell’avvocato FELICE
PATRIZI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
FERDINANDO CARABBA TETTAMANTI giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente contro
CASSONE GIGINO, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA
COLA DI RIENZO 85, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE

Data pubblicazione: 14/07/2015

ANTONIO CARITO, rappresentato e difeso dagli avvocati VITO
DETTOLE, GIANCARLO GIARDINO giusta procura speciale in
calce al controricorso;
– controricorrente avverso la sentenza n. 210/2013 del TRIBUNALE di BARI

SEZIONE DISTACCATA di PUTIGNANO del 3/06/2013,
depositata 1’11/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;
udito l’Avvocato Patrizi Felice difensore della ricorrente che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Giardino Giancarlo difensore del controricorrente
che si riporta e chiede il rigetto del ricorso.

L
….■•■

•■•■•■■

Ric. 2014 n. 19451 sez. M3 – ud. 20-04-2015
-2-

R.g.n. 19451-14 (ud. 20.4.2015)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
§1. Nel marzo del 2006 la API-Anonima Petroli s.p.a. conveniva in
,

giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Putignano Gigino Cassone ed esponeva:

..

a) di avere stipulato con la parte convenuta il 2 dicembre 1999, con
concessione in comodato di un impianto, costituito da un serbatoio e dalle
attrezzature accessorie, in funzione della relativa immissione del gas oggetto
della fornitura;
b) che, in forza di clausola contrattuale, la parte convenuta si obbligava a
consentire il collocamento dell’impianto sul suo immobile e a non rimuoverlo
senza il consenso dell’attrice;
c) che la durata del contratto veniva pattuita per due anni decorrenti dal
primo rifornimento di gas, con previsione di tacito rinnovo per eguale periodo,
in mancanza di disdetta a favore di ognuna delle parti, da inviarsi tre mesi prima
della scadenza, mentre il recesso veniva stabilito, sempre a favore di ognuna, per
sopravvenuti ed imprevedibili gravi motivi;
d) che, nel caso di cessazione del contratto, la società attrice si impegnava
alla rimozione dell’impianto a spese dell’utente, salva la facoltà di acquisto da
parte di costui ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n. 32 del 1998;
e) che alla data di scadenza (6 dicembre 2001) del primo biennio di durata
dalla prima fornitura il contratto si era tacitamente rinnovato per mancanza di
disdetta e, quindi, si era rinnovato parimenti alla scadenza del biennio
successivo, cioè il 6 dicembre 2003, fino al 6 dicembre 2005;
f) che con lettera raccomandata del 24 febbraio 2005 essa attrice, dopo aver
constatato che il serbatoio era stato rimosso dalla sede di installazione sulla
proprietà dell’utente e sostituito con altro di diverso fornitore, aveva intimato
inutilmente al convenuto di risistemarlo in loco e di far fronte agli obblighi
derivanti dal contratto di fornitura quanto all’approvvigionamento del gas,
3
Est. Co

aele Frasca

decorrenza dal 7 dicembre 1999, un contratto di fornitura di gas GPL e di

R.g.n. 19451-14 (ud. 20.4.2015)

significando peraltro che l’ultima fornitura di gas era avvenuta il 24 febbraio
2003;
g) che l’utente, con lettera del 6 aprile 2005, aveva dichiarato di non voler

più utilizzare l’impianto e richiesto alla società di ritirarlo.

,

§1.1. Sulla base di tali allegazioni la società attrice chiedeva innanzitutto
durata e che la parte convenuta era inadempiente avendo proceduto alla
rimozione ed al distacco dell’impianto. In conseguenza domandava la
declaratoria della risoluzione del contratto per il duplice inadempimento della
parte convenuta, rappresentato dalla rimozione dell’impianto e dalla cessazione
della fornitura, e la sua condanna al risarcimento del danno da lucro cessante
derivato dal mancato guadagno per il periodo dall’ultima richiesta di
somministrazione di gas sino alla data di scadenza derivante dalla tacita
rinnovazione, nonché del danno emergente derivante dal costo delle operazioni
di ritiro del serbatoio e di ripristino della sua funzionalità.
§2. Nella costituzione della parte convenuta, che assumeva l’infondatezza
della domanda, il Giudice di Pace, con sentenza del luglio del 2007, sulla base
delle sole produzioni documentali delle parti, riteneva fondata la domanda di
risoluzione del contratto e riconosceva alla società attrice soltanto parzialmente
il danno da lucro cessante.
§3. La sentenza veniva appellata dall’utente dinanzi al Tribunale di Bari,
Sezione Distaccata di Putignano, e, nella resistenza della società, il Tribunale,
con sentenza n. 210 del 2013, in accoglimento dell’appello, riformava la
sentenza di primo grado e rigettava le domande proposte dall’API con gravame
delle spese di due gradi di merito.
§4. Avverso la sentenza l’API ha proposto ricorso per cassazione affidato a
quattro motivi.
Ha resistito con controricorso l’utente.
§5. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
4
Est. Qns. Raffaele Frasca

accertarsi che il contratto si era rinnovato tacitamente per il secondo biennio di

R.g.n. 19451-14 (ud. 20.4.2015)

MOTIVI DELLA DECISIONE
§1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia “violazione e falsa
applicazione degli artt. 1362 c.c., 1363 c.c. e 1369 c.c. in relazione all’art. 360 n.
Il motivo si duole che il Tribunale abbia ricondotto il rapporto contrattuale
intercorso fra le parti alla figura del c.d. collegamento negoziale e non, come
aveva fatto il Giudice di Pace, a quella del contratto misto.
Nell’illustrazione ci si diffonde sulle ragioni per cui il Tribunale avrebbe
errato e, nella prospettazione conclusiva, si assume che, se il rapporto fosse stato
qualificato come contratto misto il Tribunale, nella ricerca delle norme
giuridiche destinate a regolarlo, avrebbe dovuto applicare il principio di c.d.
prevalenza dei caratteri di una figura contrattuale tipica e, conseguentemente,
avrebbe dovuto reputare applicabile la disciplina del contratto di
somministrazione.
§1.2. Il motivo — come, del resto, ha anche eccepito parte resistente – è
inammissibile, perché non si correla all’effettiva motivazione della sentenza
impugnata.
E’ vero, infatti, che il Tribunale, come emerge dalle pagine 7-8 della
sentenza impugnata, dopo aver riferito del dibattito fra le parti in ordine alla
qualificazione del contratto e della prospettazione dell’appellante che il rapporto
sarebbe stato riconducibile alla figura del collegamento negoziale e non a quella
del contrato misto, come sostenuto dal primo giudice e dalla società, ha preso
posizione sulla questione di qualificazione, adducendo l’esattezza di quella
dell’appellante.
Senonché il Tribunale, dopo avere brevemente dichiarato la sua opzione
per la qualificazione in termini di collegamento negoziale, ha scritto
testualmente innanzitutto che <>. Quindi, il Tribunale ha così continuato: <> (Cass. n. 359 del 2005, seguita da numerose conformi).

§1.4. D’altro canto, il Tribunale non solo ha considerato irrilevante ai fini
della sua decisione sull’appello la questione della qualificazione del rapporto in

funzione del motivo svolto dall’utente appellante, ma ha anche in concreto
deciso l’appello con la riforma della sentenza di primo grado proprio
considerando -coerentemente con la premessa – a questo fine espressamente
ininfluente la scelta fra l’una e l’altra qualificazione del rapporto contrattuale,
giacché ha reputato infondata la domanda dell’API intesa ad ottenere
l’accertamento della tacita rinnovazione del rapporto per il secondo biennio di
durata senza dare effettivamente rilievo alla qualificazione del rapporto.
Qualificazione che, del resto – essendo riferibile la clausola di tacito rinnovo al
rapporto sic et simpliciter e non ad una delle alternative qualificatorie dibattute
inter partes, cioè essendo la clausola valida o no tanto nell’un caso che nell’altro

— era effettivamente priva di rilevanza ai fini dell’apprezzamento della sua
validità ed efficacia.
§1.4.1. L’inammissibilità sotto tale gradato profilo del motivo in esame è,
d’altro canto, palesata dallo stesso ragionamento svolto nella memoria dalla
ricorrente in replica alla deduzione di inammissibilità svolta dalla parte: a pagina
7 della memoria, infatti, si sostiene che la questione di qualificazione del
rapporto sarebbe di assoluto rilievo, ma tale rilievo viene espressamente
spiegato nel senso che diventerebbe <>. (Cass. n. 11734 del 2004).
Tale orientamento era, del resto, risalente nel tempo.
In precedenza, si veda, infatti, l’affermazione del principio di diritto secondo
cui: <> (Cass. n. 2152 del 1998).
Tale decisione si conformava a Cass. n. 3161 del 1968, n. 2879 del 1974, n.
2276 del 1976,11. 6145 del 1978.
Successivamente e prima della sentenza del 2004, si veda Cass. n. 5131 del
2001.
Si veda ancora Cass. n. 6510 del 2001 per la chiara affermazione che <>.

10
Est. Cons. Rffae1e Frasca

,.
..

R.g.n. 19451-14 (ud. 20.4.2015)

§2.1.2. Parte ricorrente sostiene che il riferito orientamento sarebbe stato,
però, superato da Cass. n. 6314 del 2006, ma l’assunto è privo di fondamento.
Detta sentenza, infatti, escluse la vessatorietà per il carattere di bilateralità
della clausola con riferimento non già ad una clausola di tacito rinnovo, bensì con
riguardo ad una clausola di recesso. Tale esclusione (peraltro già affermata da Cass.
n. 541 del 1991) si spiega sulla base della lettera dell’art. 1341 c.c., mentre proprio
proposito della clausola di rinnovazione tacita.
§2.1.3. Invero tale norma, nello stabilire che <>,
chiaramente contrappone:
a) ipotesi nelle quali si tratta di clausole il cui effetto si risolve
nell’attribuzione di una posizione vantaggiosa al contraente predisponente,
consistente nella previsione della legittimità di un suo comportamento (recesso,
sospensione dell’esecuzione) o della limitazione della sua soggezione alla
responsabilità;
b) ipotesi che invece si risolvono in un effetto che vien detto “a carico”
dell’altro contraente e che, come emerge dall’elencazione è rappresentato
dall’imposizione ad esso di particolari oneri comportamentali.
Ora, stante il riferimento delle prime ipotesi alla previsione che la clausola
sia prevista a vantaggio del predisponente è palese che, quando l’oggetto di
queste ipotesi è contemplato nel contratto sia a favore del predisponente che a
favore dell’altro contraente, la bilateralità della previsione si concreta in una
fattispecie che, concreandosi nella previsione dello stesso contenuto contrattuale
11
Est. Cons.Raffae1e Frasca

la stessa lettera di tale norma spiega l’irrilevanza al contrario della bilateralità a

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per i comportamenti di entrambe le parti, non può ritenersi compreso nella
previsione di vessatorietà. E ciò perché, se nel contratto il comportamentale
regolato dalla clausola è disciplinato allo stesso modo con riguardo ad entrambe
.

le parti, la situazione di eguaglianza in cui si trovano le parti fuoriesce dalla

,

previsione normativa, perché non ne deriva un “vantaggio” a favore del
clausola.
D’altro canto, avendo il legislatore sottolineato la rilevanza della posizione
implicata dalla condizione predisposta dalla parte forte sub specie di
“vantaggio”, ha voluto individuare la ratio dell’inefficacia imponendo
all’interprete di procedere alla valutazione con esclusivo riferimento alla
clausola dal punto di vista della posizione di quella parte. E’ per questo che, se
la clausola è bilaterale, la valutazione, secondo le circostanze del caso, può
essere diversa, perché la bilateralità incide sull’apprezzamento del “vantaggio”.
Viceversa, stante la correlazione della valutazione ex lege di vessatorietà
delle ipotesi contemplate nella norma dopo la disgiuntiva “ovvero” e la loro
caratterizzazione come condizioni relative ad un comportamento della sola parte
debole, non è possibile un’interpretazione che, in ragione della bilateralità della
condizione contrattale prevista, escluda la vessatorietà. In queste ipotesi, infatti,
avendo il legislatore espressamente considerato vessatoria la condizione in
quanto “a carico” dell’altro contraente, la valutazione ex lege così espressa non
risulta superabile per il fatto che la stessa condizione operi anche “a carico”
della parte predisponente. La ragione è che il legislatore ha considerato la
vessatorietà connaturata alla clausola siccome impositiva di comportamento “a
carico” dell’altro contraente e, dunque, l’ha implicitamente ritenuta non elisa
dalla bilateralità e ciò, evidentemente, per l’assorbente rilievo che, avendole
predisposte la parte forte, la circostanza che essa le abbia imposte anche a suo
“carico” non è stata ritenuta idonea ad escludere la vessatorietà .

12
Est. Cons. RaIfc1c Frasca

predisponente. Detto vantaggio si configura solo nel caso della unilateralità della

R.g.n. 19451-14 (ud. 20.4.2015)

Nelle prime ipotesi, quelle previste con l’espressione “a vantaggio” è,
invece, ragionevole reputare che, avendo il legislatore considerato vessatoria la
condizione perché “a vantaggio” del predisponente, l’ha ritenuta tale proprio e
solo in quanto non bilaterale, cioè non comune alle parti, id est non attributiva di
vantaggio ad entrambe.
§2.1.4. La censura è, dunque, infondata sulla base della corretta esegesi
dell’art. 1341, per cui va ribadito che <>.

§2.1.5. Va rilevato che nella memoria parte ricorrente, in replica alla parte
resistente, sostiene che, al contrario di quanto da essa dedotto nel controricorso,
non aveva alcun onere di dedurre che il rapporto inter partes non la vedeva nella
posizione di parte “forte”, dato che il Tribunale su tale questione non si era
soffermato.
Non essendovi stata censura su detta questione da parte della ricorrente è
palese che la discussione fra le parti riguarda una questione che in alcun modo fa
parte del motivo in esame e che, dunque, non dev’essere esaminata. Lo si rileva
non senza rimarcare che la stessa natura del rapporto e la qualità delle parti, ove
la questione si fosse dovuta esaminare, avrebbero evidenziato che l’utente
resistente riveste la posizione di parte debole.
§2.2. Con una seconda censura si assume che la motivazione resa dal
Tribunale per sostenere che il rapporto, in ragione dell’inefficacia della clausola
di tacito rinnovo, era cessato alla scadenza del primo biennio di durata, sarebbe
affetta da “contraddittorietà ed illogicità” rispetto all’affermazione che Esso ha
fatto nel senso che il distacco e la rimozione del serbatoio da parte dell’utente,
avvenuto dopo quella scadenza e fra l’ultima somministrazione di gas e la lettera
13
Est. Cokis. Raffaele Frasca

..

R.g.n. 19451-14 (ud. 20.41015)

con cui egli chiedeva di provvedere al suo ritiro, aveva costituito “l’unica
violazione contrattuale addebitabile” ad esso in quanto contraria al disposto
dell’art. 2 del contratto. La contraddizione starebbe nel fatto che, per esserci
violazione di tale articolo del contratto quest’ultimo avrebbe dovuto essere
vigente.

deduzione di una illogicità e contraddittorietà di motivazione nel vigore del
nuovo art. 360 n. 5 c.p.c. (secondo la lettura datane da Cass. sez. un. n. 8053 e
8054 del 2014) e dovendosi, altresì, constatare che nemmeno essa risulta
ricondotta, nel silenzio sul punto, ad uno specifico diverso paradigma dell’art.
360, appare inammissibile, perché non individua la parte della motivazione
affetta dalla pretesa contraddittorietà.
§2.2.2. Se, d’altro canto, superando tale mancata individuazione, si
procedesse a ricercare nella sentenza impugnata un dictum cui la censura si
potrebbe correlare, non lo si rinverrebbe.
Infatti, a pagina 9 la sentenza, dopo aver riferito la motivazione della
sentenza del giudice di pace, dice che essa non è condivisibile, perché “a tutto
voler concedere l’unico inadempimento imputabile” all’utente riguarda il
distacco del serbatoio e la sua rimozione, in quanto attività compiuta in
violazione dell’art. 2 del contratto, ma tale affermazione — accompagnata anche
da quella che non si sarebbe trattato di inadempimento giustificativo della
risoluzione — è fatta prima dell’enunciazione della successiva e decisiva
motivazione di accertamento dell’inefficacia della clausola di tacito rinnovo e,
quindi, della cessazione del rapporto alla scadenza del primo biennio. Inoltre, a
pag. 14 la sentenza, successivamente alla valutazione espressa circa la scadenza
del contratto per l’inefficacia della clausola, dice che non è stato provato il
danno emergente per l’essere stato distaccato il serbatoio dall’utente anziché
dall’API, così mostrando di ritenere che tale comportamento potesse
astrattamente essere considerato fonte di danno.
14
Est. Co s. Raffaele Frasca

§2.2.1. La censura, in disparte ogni valutazione circa l’incompatibilità della

R.g.n. 19451-14 (ud. 20.42015)

Ora, l’affermazione di scadenza del contratto alla data di decorso del primo
biennio e quella astratta di responsabilità dell’utente per il distacco, sebbene
avvenuto dopo di essa, non sono affatto fra loro in contraddizione, atteso che,
pur cessato il contratto alla scadenza del primo biennio, a causa dell’inefficacia
della clausola di tacito rinnovo, il serbatoio era comunque rimasto nel
godimento dell’utente. Tale godimento era divenuto certamente non più
giustificato dalla pendenze del contratto, ma ciò non toglie che, riguardo ad
esso, l’utente vedeva regolata la sua obbligazione restitutoria sempre dalla
previsione contrattuale. Essa regolava l’obbligazione restitutoria conseguente
alla cessazione della locazione nel senso che l’utente non poteva procedere
comunque di sua iniziativa al distacco.
Si aggiunga che le parti non hanno discusso in sede di merito in alcun
modo di una possibile incidenza dell’effettuazione di un’ultima fornitura di gas
mediante immissione nell’impianto dopo la scadenza del primo biennio di durata
ai fini di poter ritenere continuato comunque il rapporto sulla base di una
rinnovazione avvenuta per fatto concludente. La domanda dell’API non era in
alcun modo basata su simile prospettazione e nemmeno essa è stata introdotta —
salvo verificare se avrebbe potuto esserlo e salva ogni diversa spiegazione della
fornitura successiva alla scadenza del primo biennio – a fronte della postulazione
con l’appello dell’utente dell’inefficacia della clausola.
§2.2.3. Anche la seconda censura del secondo motivo è inammissibile.
§3. Con il terzo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione degli
artt. 1560 c.c.,. 1564 c.c., 1375 c.c. e 1223 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3
c.p.c.”.
Il motivo pertiene alla valutazione espressa dal Tribunale nelle pagine 9-10
a proposito del modo in cui il contratto, al lume della norma del d.lgs. indicato,
avrebbe dovuto regolare la posizione dell’utente in ordine al quantitativo di gas
da fornire.

15
Est. Cons.(Raffaele Frasca

.
,

R.g.n. 19451-14 (ud. 20.4.2015)

§3.1. Senonché anche in tal caso si critica un’opinione espressa dal giudice
d’appello prima di enunciare la ratio decidendi decisiva riguardo alla cessazione
del rapporto contrattuale alla scadenza del primo biennio, sicché il motivo è
inammissibile in quanto non concerne un problema che ha acquisito rilevanza ai
fini dell’esito dell’appello. Ciò è tanto vero che a pagina 15 della memoria la
<> (Cass. sez. un. n. 14989 del 2005; da ultimo
Cass. (ord.) n. 2784 del 2015; Cass. n. 17593 del 2014, fra tante).
§5. Conclusivamente il ricorso è rigettato.
§6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi
del d.m. n. 55 del 2014 nel minimo dello scaglione avuto riguardo al valore (e
non, come da nota spese, nel valore intermedio), atteso il carattere seriale della
controversia.

17
Est. Corls. Raffaele Frasca

contratto per un secondo biennio e negato in conseguenza l’inadempimento

R.g.n. 19451-14 (ud. 20.4.2015)

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve
dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della

ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione alla parte
resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 1092,50, di cui
duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai
sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile3, il 20 a rile 2015.


v

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