Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14743 del 14/07/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 14743 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso 19449-2014 proposto da:
API – ANONIMA PETROLI ITALIANA SPA, in persona
dell’Amministratore Delegato, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA CONDOTTI 91, presso lo studio dell’avvocato FELICE
PATRIZI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
FERDINANDO CARABBA TETTAMANT1 giusta procura a
margine del ricorso;

ficorrentE
contro
DALESSANDRO ANTONIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA COLA DI RIENZO 85, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 14/07/2015

RAFFAELE ANTONIO CARITO, rappresentato e difeso dagli
avvocati VITO DETTOLE, GIANCARLO GIARDINO giusta
procura speciale in Calce al controricorso;
– controricorrente –

SEZIONE DISTACCATA di PUTIGNANO del 3/06/2013,
depositata il 06/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;
udito l’Avvocato Felice Patrizi difensore della ricorrente che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Giardino Giancarlo difensore del controricorrente
che si riporta agli scritti e chiede il rigetto del ricorso.

Ric. 2014 n. 19449 sez. M3 – ud. 20-04-2015
-2-

avverso la sentenza n. 257/2013 del TRIBUNALE di BARI

R.g.n. 19449-14 (ud. 20.4.2015)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. Nell’aprile del 2006 la API-Anonima Petroli s.p.a. conveniva in
giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Putignano Antonio Dalessandro ed
esponeva:

decorrenza dal successivo 24 novembre), un contratto di fornitura di gas GPL e
di concessione in comodato di un impianto, costituito da un serbatoio e dalle
attrezzature accessorie, in funzione della relativa immissione del gas oggetto
della fornitura;
b) che, in forza di clausola contrattuale, la parte convenuta si obbligava a
consentire il collocamento dell’impianto sul suo immobile e a non rimuoverlo
senza il consenso dell’attrice;
c) che la durata del contratto veniva pattuita per due anni decorrenti dal
primo rifornimento di gas, con previsione di tacito rinnovo per eguale periodo,
in mancanza di disdetta a favore di ognuna delle parti, da inviarsi tre mesi prima
della scadenza, mentre il recesso veniva stabilito, sempre a favore di ognuna, per
sopravvenuti ed imprevedibili gravi motivi;
d) che, nel caso di cessazione del contratto, la società attrice si impegnava
alla rimozione dell’impianto a spese dell’utente, salva la facoltà di acquisto da
parte di costui ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n. 32 del 1998;
e) che alla data di scadenza (23 novembre 2001) del primo biennio di
durata il contratto si era tacitamente rinnovato per mancanza di disdetta sino al
23 novembre 2003, e, quindi, a quella data per altro biennio, cioè sino al 23
novembre 2005;
f) che con lettera del 16 marzo 2005 l’utente aveva dichiarato di non voler
più utilizzare l’impianto e richiesto alla società di ritirarlo;
g) che essa attrice, dopo aver constatato che il serbatoio era stato rimosso
dalla sede di installazione sulla proprietà dell’utente e sostituito con altro di
3
Est. Cons.

ele Frasca

a) di avere stipulato con la parte convenuta il 4 ottobre 1999 (con

R.g.n. 19449-14 (ud. 20.4.2015)

diverso fornitore, aveva, con lettere del 1° e del 23 marzo 2005, intimato
inutilmente al convenuto di risistemarlo in loco e di far fronte agli obblighi
derivanti dal contratto di fornitura quanto all’approvvigionamento del gas,
significando peraltro che l’ultima fornitura di gas era avvenuta 1’8 novembre
2004.
accertarsi che il contratto si era rinnovato tacitamente per il secondo biennio di
durata e che la parte convenuta era inadempiente avendo proceduto alla
rimozione ed al distacco dell’impianto. In conseguenza domandava la
declaratoria della risoluzione del contratto per il duplice inadempimento della
parte convenuta, rappresentato dalla rimozione dell’impianto e dalla cessazione
della fornitura, e la sua condanna al risarcimento del danno da lucro cessante
derivato dal mancato guadagno per il periodo dall’ultima richiesta di
somministrazione di gas sino alla data di scadenza derivante dalla tacita
rinnovazione, nonché del danno emergente derivante dal costo delle operazioni
di ritiro del serbatoio e di ripristino della sua funzionalità.
§2. Nella costituzione della parte convenuta, che assumeva l’infondatezza
della domanda, il Giudice di Pace, con sentenza del maggio del 2007, sulla base
delle sole produzioni documentali delle parti, riteneva fondata la domanda di
risoluzione del contratto e riconosceva alla società attrice soltanto parzialmente
il danno da lucro cessante.
§3. La sentenza veniva appellata dall’utente dinanzi al Tribunale di Bari,
Sezione Distaccata di Putignano, e, nella resistenza della società, il Tribunale,
con sentenza n. 157 (e non 257 come indicato nel ricorso) del 2013, in
accoglimento dell’appello, riformava la sentenza di primo grado e rigettava le
domande proposte dall’API con gravame delle spese di due gradi di merito.
§4. Avverso la sentenza l’API ha proposto ricorso per cassazione affidato a
quattro motivi.
Ha resistito con controricorso l’utente.
4
Est. Cons. IRaffaele Frasca

§1.1. Sulla base di tali allegazioni la società attrice chiedeva innanzitutto

R.g.n. 19449-14 (ud. 20.4.2015)

§5. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
§1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia “violazione e falsa
3 c.p.c.”.
Il motivo si duole che il Tribunale abbia ricondotto il rapporto contrattuale
intercorso fra le parti alla figura del c.d. collegamento negoziale e non, come
aveva fatto il Giudice di Pace, a quella del contratto misto.
Nell’illustrazione ci si diffonde sulle ragioni per cui il Tribunale avrebbe
errato e, nella prospettazione conclusiva, si assume che, se il rapporto fosse stato
qualificato come contratto misto il Tribunale, nella ricerca delle norme
giuridiche destinate a regolarlo, avrebbe dovuto applicare il principio di c.d.
prevalenza dei caratteri di una figura contrattuale tipica e, conseguentemente,
avrebbe dovuto reputare applicabile la disciplina del contratto di
somministrazione.
§1.2. Il motivo — come, del resto, ha anche eccepito parte resistente – è
inammissibile, perché non si correla all’effettiva motivazione della sentenza
impugnata.
E’ vero, infatti, che il Tribunale, come emerge dalle pagine 7-8 della
sentenza impugnata, dopo aver riferito del dibattito fra le parti in ordine alla
qualificazione del contratto e della prospettazione dell’appellante che il rapporto
sarebbe stato riconducibile alla figura del collegamento negoziale e non a quella
del contrato misto, come sostenuto dal primo giudice e dalla società, ha preso
posizione sulla questione di qualificazione, adducendo l’esattezza di quella
dell’appellante.
Senonché il Tribunale, dopo avere brevemente dichiarato la sua opzione
per la qualificazione in termini di collegamento negoziale, ha scritto
s
Est. Cons. jaffae1e Frasca

applicazione degli artt. 1362 c.c., 1363 c.c. e 1369 c.c. in relazione all’art. 360 n.

R.g.n. 19449-14 (ud. 20.4.2015)

testualmente innanzitutto che <>. Quindi, il Tribunale ha così continuato: «Posto che la decisione del

giudice di pace di inquadrare l’operazione negoziale nella struttura del contratto
misto non muta la conseguenza cui pure questo giudicante ritiene di pervenire,
ossia la cessazione di entrambi i vincoli contrattuali ove l’inadempimento
dedotto assuma i caratteri della gravità, con conseguente pronuncia di
risoluzione in danno della parte inadempiente, il motivo di impugnazione
proposto dall’appellante è inammissibile perché non è diretto ad ottenere un
effetto specifico e particolare sulla decisione adottata>>.
§1.3. Ebbene, con tale motivazione il Tribunale, assumendo di essere stato
investito di un apposito motivo di appello dall’utente riguardo alla decisione di
primo grado che aveva qualificato il rapporto contrattuale come contratto misto
ha espressamente motivato che detto motivo era inammissibile perché non
diretto ad ottenere alcun effetto sulla sentenza impugnata. Tale affermazione
implicava, in sostanza, che, poiché l’esattezza della specifica qualificazione del
rapporto da parte del giudice di pace, si palesava del tutto ininfluente ai fini
della valutazione della sussistenza dell’inadempimento, ritenuta dal giudice
onorario, ne derivava la conseguenza che, non avendo determinato il tenore
della decisione su quel punto, non poteva la relativa questione assumere rilievo
per censurarla. In pratica, il Tribunale ha affermato, a torto o a ragione è
irrilevante, che, in quanto la doglianza spiegata dall’utente circa la
qualificazione del rapporto contrattuale era stata ininfluente sulla decisione del
6
Est. Cons. aaffaele Frasca

della quota di GPL convenuta sino alla scadenza contrattuale), influenza tutta

R.g.n. 19449-14 (ud. 20.4.2015)

Giudice di Pace di Putignano ai fini della individuazione dell’inadempimento
dell’utente che egli aveva ravvisato, la critica svolta dall’utente appellante
riguardo a quella qualificazione per negare la sussistenza del suo inadempimento
era del tutto priva di pertinenza con il decisum del giudice onorario, onde, per
valutare se quel giudice aveva ritenuto l’inadempimento a torto o a ragione
dell’inadempimento non si correlava ad una delle due discusse qualificazione
del rapporto contrattuale e, quindi, a quella ritenuta dal Giudice di Pace.
Ne segue che, questa essendo stata la decisione assunta dal Tribunale sul
punto del rilievo della qualificazione del rapporto, la qui ricorrente, ove avesse
ritenuto che come tale essa fosse stata erronea di per sé oppure comunque avesse
avuto incidenza sulla decisione assunta dal Tribunale stesso, avrebbe dovuto
impugnare la valutazione di irrilevanza della questione e non la dichiarata
irrilevante opinione del Tribunale su di essa.
Viceversa, il motivo in esame assoggetta a critica non già la suddetta
effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata, bensì la valutazione, espressa
in modo assolutamente ininfluente ai fini della sua adozione, espressa dal
Tribunale a proposito della qualificazione del rapporto.
In tal modo il motivo è inammissibile alla stregua del principio di diritto
secondo cui <> (Cass. n. 359 del 2005, seguita da numerose conformi).
della sua decisione sull’appello la questione della qualificazione del rapporto in
funzione del motivo svolto dall’utente appellante, ma ha anche in concreto
deciso l’appello con la riforma della sentenza di primo grado proprio
considerando -coerentemente con la premessa – a questo fine espressamente
ininfluente la scelta fra l’una e l’altra qualificazione del rapporto contrattuale,
giacché ha reputato infondata la domanda dell’API intesa ad ottenere
l’accertamento della tacita rinnovazione del rapporto per il secondo biennio di
durata senza dare effettivamente rilievo alla qualificazione del rapporto.
Qualificazione che, del resto – essendo riferibile la clausola di tacito rinnovo al
rapporto sic et simpliciter e non ad una delle alternative qualificatorie dibattute
inter partes, cioè essendo la clausola valida o no tanto nell’un caso che nell’altro

— era effettivamente priva di rilevanza ai fini dell’apprezzamento della sua
validità ed efficacia.
§1.4.1. L’inammissibilità sotto tale gradato profilo del motivo in esame è,
d’altro canto, palesata dallo stesso ragionamento svolto nella memoria dalla
ricorrente in replica alla deduzione di inammissibilità svolta dalla parte: a pagina
7 della memoria, infatti, si sostiene che la questione di qualificazione del
rapporto sarebbe di assoluto rilievo, ma tale rilievo viene espressamente
spiegato nel senso che diventerebbe <> una volta
dimostrato l’errore del giudice d’appello nel ritenere il dedotto inadempimento
inesistente in quanto il contratto non si era tacitamente rinnovato.
Ne deriva, nella stessa prospettazione della ricorrente, che la questione di
qualificazione assumerebbe rilievo solo una volta superata quest’ultima
8
Est. Cons. R4ffaale Frasca

§1.4. D’altro canto, il Tribunale non solo ha considerato irrilevante ai fini

R.g.n. 19449-14 (ud. 20.4.2015)

valutazione del giudice d’appello, di cui si occupa il secondo motivo, come si
vedrà immediatamente. Il motivo, in tale prospettazione sarebbe allora rilevante
solo se fosse accolto il secondo motivo.
§1.5. Peraltro, avendo il Tribunale, come s’è detto ritenuto inammissibile il
motivo di appello sulla qualificazione, la conseguenza della sua decisione è,
motivazione resa dal giudice di pace sulla qualificazione del rapporto
contrattuale come contratto misto ebbe a consolidarsi, il che, in presenza del
relativo giudicato interno, rendeva — a prescindere dalle sopra rilevate ragioni di
inammissibilità – perfettamente inutile il motivo di ricorso in esame sotto il
profilo dell’interesse dell’API, giacché la sua prospettazione, trattarsi di
contratto misto, è coperta da giudicato interno.
§1.6. Il primo motivo è, dunque, dichiarato inammissibile.
§2. Con il secondo motivo si prospetta “violazione e falsa applicazione
degli artt. 1341 c.c., 1342 c.c., 1321 c.c. e 1372 c.c., in relazione all’art. 360, n.
3 c.p.c.”.
Il motivo, che si articola con la riproduzione della motivazione della
sentenza impugnata per la parte successiva a quella evocata sopra in sede di
esame del primo motivo, prospetta due censure.
§2.1. Con la prima ci si duole che il Tribunale abbia considerato, ai sensi
degli arti. 1341 e 1342 c.c. inefficace la clausola di tacito rinnovo, desumendone
la conseguenza che il rapporto contrattuale era cessato alla scadenza del primo
biennio e che, pertanto, non essendovi stata prosecuzione del rapporto dopo di
essa, era priva di fondamento la domanda dell’API intesa ad ottenere la
risoluzione per inadempimento ed il ristoro dei danni conseguenti, atteso che il
vincolo contrattuale era cessato.
Si sostiene che erroneamente il Tribunale avrebbe considerato irrilevante la
circostanza della bilateralità della previsione del tacito rinnovo evocando Cass.

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Est. Cons. Jffae1e Frasca

cosa che sfugge alla ricorrente, ma anche alla parte resistente, che la

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n. 11734 del 2004, il cui insegnamento era stato invece sperato da Cass. n. 6314
del 2006.
§2.1.1. La censura non è fondata.
Va rilevato che lo stato della giurisprudenza della Corte è effettivamente
scolpito dalla sentenza n. 11734 del 2004, che è l’ultima oggetto di massima
tacita o di rinnovazione del contratto, se predisposte dal contraente più forte
nell’ambito di un contratto per adesione, rientrano tra quelle sancite a carico del
contraente aderente e sono, pertanto, prive di efficacia, a norma dell’art. 1341,
secondo comma, cod. civ., qualora non siano specificamente approvate per iscritto
dal contraente aderente, anche quando hanno carattere di reciprocità e
bilateralità.>>. (Cass. n. 11734 del 2004).
Tale orientamento era, del resto, risalente nel tempo.
In precedenza, si veda, infatti, l’affermazione del principio di diritto secondo
cui: <> (Cass. n. 2152 del 1998).
Tale decisione si conformava a Cass. n. 3161 del 1968, n. 2879 del 1974, n.
2276 del 1976, n. 6145 del 1978.
Successivamente e prima della sentenza del 2004, si veda Cass. n. 5131 del
2001.
Si veda ancora Cass. n. 6510 del 2001 per la chiara affermazione che <>.

§2.1.5. Va rilevato che nella memoria parte ricorrente, in replica alla parte
resistente, sostiene che, al contrario di quanto da essa dedotto nel controricorso,
non aveva alcun onere di dedurre che il rapporto inter partes non la vedeva nella
posizione di parte “forte”, dato che il Tribunale su tale questione non si era
soffermato.
Non essendovi stata censura su detta questione da parte della ricorrente è
palese che la discussione fra le parti riguarda una questione che in alcun modo fa
parte del motivo in esame e che, dunque, non dev’essere esaminata. Lo si rileva
non senza rimarcare che la stessa natura del rapporto e la qualità delle parti, ove
la questione si fosse dovuta esaminare, avrebbero evidenziato che l’utente
resistente riveste la posizione di parte debole.
§2.2. Con una seconda censura si assume che la motivazione resa dal
Tribunale per sostenere che il rapporto, in ragione dell’inefficacia della clausola
di tacito rinnovo, era cessato alla scadenza del primo biennio di durata, sarebbe
affetta da “contraddittorietà ed illogicità” rispetto all’affermazione che Esso ha
13
Est. ConsL.Raff i cIc Frasca

solo in quanto non bilaterale, cioè non comune alle parti, id est non attributiva di

R.g.n. 19449-14 (ud. 20.4.2015)

fatto nel senso che il distacco e la rimozione del serbatoio da parte dell’utente,
avvenuto dopo quella scadenza e fra l’ultima somministrazione di gas e la lettera
con cui egli chiedeva di provvedere al suo ritiro, aveva costituito “l’unica
violazione contrattuale addebitabile” ad esso in quanto contraria al disposto
dell’art. 2 del contratto. La contraddizione starebbe nel fatto che, per esserci

vigente.
§2.2.1. La censura, in disparte ogni valutazione circa l’incompatibilità della
doglianza di illogicità e contraddittorietà di motivazione nel vigore del nuovo
art. 360 n. 5 c.p.c. (secondo la lettura datane da Cass. sez. un. n. 8053 e 8054 del
2014) e dovendosi, altresì, constatare che nemmeno essa risulta ricondotta, nel
silenzio sul punto, ad uno specifico diverso paradigma dell’art. 360, appare
inammissibile, perché non individua la parte della motivazione affetta dalla
pretesa contraddittorietà.
§2.2.2. Se, d’altro canto, superando tale mancata individuazione, si
procedesse a ricercare nella sentenza impugnata un dictum cui la censura si
potrebbe correlare, non lo si rinverrebbe.
Infatti, a pagina 9 la sentenza, dopo aver riferito la motivazione della
sentenza del giudice di pace, dice che essa non è condivisibile, perché “a tutto
voler concedere l’unico inadempimento imputabile” all’utente riguarda il
distacco del serbatoio e la sua rimozione, in quanto attività compiuta in
violazione dell’art. 2 del contratto, ma tale affermazione — accompagnata anche
da quella che non si sarebbe trattato di inadempimento giustificativo della
risoluzione — è fatta prima dell’enunciazione della successiva e decisiva
motivazione di accertamento dell’inefficacia della clausola di tacito rinnovo e,
quindi, della cessazione del rapporto alla scadenza del primo biennio. Inoltre, a
pag. 15 la sentenza, successivamente alla valutazione espressa circa la scadenza
del contratto per l’inefficacia della clausola, dice che non è stato provato il
danno emergente per l’essere stato distaccato il serbatoio dall’utente anziché
14
Est. Cons4 Rffae1e Frasca

violazione di tale articolo del contratto quest’ultimo avrebbe dovuto essere

R.g.n. 19449-14 (nel 20.4.2015)

dall’API, così mostrando di ritenere che tale comportamento potesse
astrattamente essere considerato fonte di danno.
Ora, l’affermazione di scadenza del contratto alla data di decorso del primo
biennio e quella astratta di responsabilità dell’utente per il distacco, sebbene
avvenuto dopo di essa, non sono affatto fra loro in contraddizione, atteso che,

della clausola di tacito rinnovo, il serbatoio era comunque rimasto nel
godimento dell’utente. Tale godimento era divenuto certamente non più
giustificato dalla pendenze del contratto, ma ciò non toglie che, riguardo ad
esso, l’utente vedeva regolata la sua obbligazione restitutoria sempre dalla
previsione contrattuale. Essa regolava l’obbligazione restitutoria conseguente
alla cessazione della locazione nel senso che l’utente non poteva procedere
comunque di sua iniziativa al distacco.
Si aggiunga che le parti non hanno discusso in sede di merito in alcun
modo di una possibile incidenza dell’effettuazione di un’ultima fornitura di gas
mediante immissione nell’impianto dopo la scadenza del primo biennio di durata
ai fini di poter ritenere continuato comunque il rapporto sulla base di una
rinnovazione avvenuta per fatto concludente. La domanda dell’API non era in
alcun modo basata su simile prospettazione e nemmeno essa è stata introdotta —
salvo verificare se avrebbe potuto esserlo e salva ogni diversa spiegazione della
fornitura successiva alla scadenza del primo biennio – a fronte della postulazione
con l’appello dell’utente dell’inefficacia della clausola.
§2.2.3. Anche la seconda censura del secondo motivo è inammissibile.
§3. Con il terzo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione dell’art.
10, comma 1, D-Lgs. 32/98, nonché degli artt. 1560 c.c., 1564 c.c., 1375 c.c. e
1223 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.”.
Il motivo pertiene alla valutazione espressa dal Tribunale nelle pagine 1011 a proposito del modo in cui il contratto, al lume della norma del d.lgs.

15
Est. Cons. LRffdc1e Frasca

pur cessato il contratto alla scadenza del primo biennio, a causa dell’inefficacia

R.g.n. 19449-14 (ud. 20.4.2015)

indicato, avrebbe dovuto regolare la posizione dell’utente in ordine al
quantitativo di gas da fornire.
§3.1. Senonché anche in tal caso si critica un’opinione espressa dal giudice
d’appello prima di enunciare la ratio decidendi decisiva riguardo alla cessazione
del rapporto contrattuale alla scadenza del primo biennio, sicché il motivo è
fini dell’esito dell’appello. Ciò è tanto vero che a pagina 15 della memoria la
ricorrente scrive espressamente che l’accertamento svolto dal Tribunale
<>.
Invero, il motivo si duole che non si sia considerato un inadempimento
dell’utente al preteso obbligo di acquisto di un quantitativo di gas, ma non si
preoccupa di dire quale sarebbe stato il periodo in cui si sarebbe verificato
l’inadempimento di cui discorre. In particolare non si dice se l’inadempimento si
sarebbe collocato prima della scadenza del rapporto alla cessazione del primo
biennio di durata, per come ritenuta da Tribunale oppure successivamente.
Escluso il primo caso, dato che la stessa ricorrente ha dedotto che l’ultima
fornitura si situò 1’8 novembre 2004, cioè proprio in coincidenza della scadenza
del primo biennio, si deve considerare che la ricorrente discuta
dell’inadempimento con riguardo alla pretesa vigenza successiva del rapporto
contrattuale. Avendo il Tribunale ritenuto che non vi era stata rinnovazione alla
scadenza del primo biennio di durata del rapporto (cioè a quella del 23
novembre 2001: si veda, in particolare, l’espressa ricostruzione in tale senso
nell’illustrazione della seconda censura del motivo precedente), in ragione della
vessatorietà ed inefficacia della clausola di tacito rinnovo, non è dato
comprendere come si possa ragionare di inadempimento in una situazione
relativa ad un periodo in cui il rapporto non era in corso perché cessato. Ne
deriva che la questione discussa è del tutto irrilevante una volta consolidatasi la

16
Est. Co s. Raffaele Frasca
,.._…—\_

inammissibile in quanto non concerne un problema che ha acquisito rilevanza ai

R.g.n. 19449-14 (ud. 20.4.2015)

sentenza impugnata in punto di cessazione del contratto alla scadenza del primo
biennio di durata pattuita.
Il motivo è, pertanto, inammissibile.
§4. Con un quarto motivo ci si duole di “violazione e falsa applicazione
degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”.

quello del n. 4 dell’art. 360, che sarebbe stato pertinente, essendosi denunciata la
violazione di norme del procedimento, si rileva che:
aa) la censura di violazione dell’art. 91, prospettata sotto il profilo che vi
sarebbe stata soccombenza virtuale dell’utente in quanto il suo motivo di appello
sulla qualificazione del contratto era stato considerato inammissibile ed il
Tribunale aveva ritenuto esistente un suo inadempimento riguardo al distacco
dell’impianto, non considera che ai fini dell’applicazione del principio di
soccombenza rileva l’esito finale della lite davanti al giudice che provvede sulle
spese: tale esito ha visto rigettata la domanda di accertamento della durata del
contratto per un secondo biennio e negato in conseguenza l’inadempimento
rappresentato dal mancato rispetto da parte dell’utente del conseguente vincolo
contrattuale, mentre il Tribunale ha rigettato la domanda relativa al problema del
distacco negando che fosse stato dimostrato un danno;
bb) la censura di violazione dell’art. 92 c.p.c., prospettata sia sulla base
dell’esistenza di ragioni di compensazione delle spese per la reciproca
soccombenza sia per l’esistenza di giusti motivi, rappresentati dall’essere stata
introdotta la questione dell’inefficacia della clausola di rinnovo tacito solo in
appello, si scontra non solo, quanto al primo aspetto con l’inesistenza della
soccombenza reciproca per le ragioni indicate sub aa), sia con il principio di
diritto secondo cui <> (Cass. sez. un. n. 14989 del 2005; da ultimo
Cass. (ord.) n. 2784 del 2015; Cass. n. 17593 del 2014, fra tante).
§5. Conclusivamente il ricorso è rigettato.
del d.m. n. 55 del 2014 nel minimo dello scaglione avuto riguardo al valore (e
non, come da nota spese, nel valore intermedio), atteso il carattere seriale della
controversia.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve
dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione alla parte
resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 1092,50, di cui
duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai
sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile3, il 20 ap 1 2015.

§6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi

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