Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14742 del 19/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 19/07/2016, (ud. 27/04/2016, dep. 19/07/2016), n.14742

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29127/2011 proposto da:

F.M., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PIETRO TACCHINI 32, presso lo studio dell’avvocato FIAMMETTA

GUALTIERI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GABRIELLA PESCOSOLIDO COSENZA giusta procura speciale per Notaio

Dott.ssa Giorgia Visotti del 14.5.2015 in Isola Vicentina, Rep. n.

1517;

– ricorrente –

contro

D.F.F., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA ILDEBRANDO GOIRAN 23, presso lo studio dell’avvocato DONATELLA

MARIA INES GEROMEL, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GIUSEPPE BETTANIN;

– controricorrente –

e contro

C.G., M.M., B.A., BO.GI.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1954/2010 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 13/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/04/2016 dal Consigliere Dott. MASSIMO FALABELLA;

udito l’Avvocato FIAMMETTA GUALTIERI, difensore della ricorrente, che

ha chiesto di riportarsi ed ha insistito sull’accoglimento del

ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 25 gennaio 1995, D.F.F. citava innanzi al Tribunale di Vicenza F.M., C.G., M.M., B.A. e Bo.Gi. deducendo di essere proprietario di un fondo contraddistinto col mappale 88, foglio 9, nel Comune di Isola Vicentina, confinante a nord con la proprietà dei convenuti; lamentava che questi ultimi avessero recintato le loro proprietà con un muro che invadeva il proprio fondo e che, in particolare, F.M. avesse edificato una rimessa a cavallo delle proprietà frontistanti, mentre i fabbricati degli altri convenuti risultavano posti a una distanza inferiore a metri cinque dal confine. Domandava quindi di accertarsi che la fascia di terreno che si estendeva per tutta la lunghezza del mappale 88 e per la profondità di 3-4 metri lineari a partire dal muro di recinzione costruito dei convenuti verso i mappali 324, 508, 589, 590 e 597 del foglio 9 del Comune di Isola Vicentina era di proprietà di esso attore; chiedeva, conseguentemente, di sentire condannare i convenuti al rilascio della corrispondente fascia di terreno di sua proprietà e alla demolizione di tutte le opere ivi costruite.

Nel contraddittorio con i convenuti, costituitisi, il Tribunale di Vicenza dichiarava che il confine tra i fondi correva a m. 1,50 dalle recinzione dei convenuti verso il mappale 88 di proprietà di D.F. e rigettava le altre domande.

Proponeva appello l’attore, che lamentava la mancata condanna di F.M. alla demolizione dell’autorimessa costruita a distanza inferiore rispetto a quella legale. Affermava D.F. che nel calcolo della distanza avrebbe dovuto farsi riferimento alla previsione di uno spazio di rispetto di m. 10 tra le costruzioni, che era stabilita dal regolamento edilizio.

Nella resistenza della sola F., la Corte di appello di Venezia, con sentenza depositata il 13 ottobre 2010, condannava la predetta ad arretrare la costruzione fino alla distanza di 5 m. dal confine. Riteneva il giudice distrettuale, per quanto ancora rileva nella presente sede, che tra i fondi di F. e D.F. non vi fosse interposizione di fondi alieni, per cui la distanza andava misurata dalla linea di confine dei medesimi: linea che – in base a quanto i irretrattabilmente accertato dal Tribunale – coincideva con la mezzeria della stradina che si frapponeva tra i due fondi. Precisava poi la Corte che la costruzione dell’odierna ricorrente doveva essere arretrata a 5 m. da tale confine: quindi a 3,5 m. dal margine della strada stessa, non trovando applicazione la norma relativa alle distanze tra fabbricati, dal momento che nessun manufatto risultava essere frontistante al garage di F.M..

La sentenza è stata impugnata per cassazione dalla stessa F., che ha fatto valere due motivi di ricorso. Resiste con controricorso D.F.. Parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 873 e 877 c.c.. Lamenta la ricorrente che la sentenza impugnata non abbia considerato, ai fini del calcolo della distanza, l’intera larghezza della strada, ma solo la metà di questa. Aggiunge che la stradina in questione era delle parti, ma solo per uno specifico tratto e che, in ogni caso, solo in corso di causa le parti avevano appreso di essere proprietarie della metà di quella fascia di terreno, che era pure riservata al passaggio di terzi. Posto che la servitù di transito non era stata ancora accertata allorquando essa istante aveva realizzato la propria costruzione, doveva ritenersi possibile per il vicino avvalersi della facoltà prevista dall’art. 877 c.c.. Rileva altresì che la propria rimessa non poteva essere considerata costruzione in senso proprio, trattandosi di struttura interrata che aveva perso qualsiasi carattere di antigiuridicità, dal momento che la parte edificata che emergeva dal piano di campagna era stata sanata.

Con il secondo motivo è lamentato un vizio di motivazione: uno dei fatti controversi e decisivi in giudizio era dato dalla natura della costruzione realizzata dalla ricorrente. La Corte di merito non aveva affrontato tuttavia la questione, che quindi non era stata decisa in maniera congruente con la materiale probatorio acquisito all’esito del giudizio di primo grado.

Il controricorrente ha eccepito in via preliminare che il ricorso è stato notificato alla parte personalmente.

La questione non ha rilievo sul piano dello svolgimento della vicenda processuale, visto che lo stesso D.F. ha depositato controricorso.

Infatti, la notifica del ricorso per cassazione alla parte personalmente e non al suo procuratore non determina l’inesistenza ma la nullità della notificazione, sanabile ex art. 291 c.p.c., comma 1, con la sua rinnovazione, oppure con l’intervenuta costituzione della parte destinataria, a mezzo del controricorso, secondo la regola generale dettata dall’art. 156 c.p.c., comma 2, applicabile anche al giudizio di legittimità (per tutte: Cass. 3 luglio 2014, n. 15236; Cass. 20 ottobre 2006, n. 22587).

I due motivi possono esaminarsi congiuntamente.

Il primo, sul versante della violazione e falsa applicazione di norme di legge, propone essenzialmente due questioni, una delle quali – afferente la natura di costruzione dell’autorimessa realizzata dalla ricorrente – è affrontata, avendo riguardo a un supposto difetto motivazionale, anche nel secondo.

Le censure non sono fondate.

E’ stato accertato, ed è coperto dal giudicato interno, che il confine tra i fondi degli odierni contendenti sia costituito dalla mediana della strada che corre tra i fondi stessi.

Il giudice di prime cure, la cui sentenza è stata riformata in fase di gravame, aveva ritenuto che se due fondi siano separati da una striscia di terreno inedificata e inedificabile che abbia una larghezza inferiore alla distanza legale prescritta fra le costruzioni, non possa trovare applicazione il diritto di prevenzione riguardo alle costruzioni che siano realizzate su detti fondi dai rispettivi proprietari, sicchè, al fine di assicurare il rispetto delle distanze legali e di ripartire il relativo onere in pari misura, ciascuno dei proprietari può, e deve, costruire sul proprio fondo ad una distanza rispetto al confine con il terreno di proprietà aliena che non sia inferiore alla metà della differenza che residua, sottraendo dal distacco imposto dalla normativa edilizia la misura dello spazio occupato dalla striscia di terreno interposta.

La corte di appello ha stabilito che la costruzione di F.M., in base alla prescrizione del regolamento edilizio locale che regolamenta le distanze dal confine, doveva essere posta a 5 m. dalla mezzeria della strada di cui si è detto: tale distanza è risultata quindi pari a m. 3,5 dal bordo della strada, visto che quest’ultima ha un ampiezza di m. 3. Lo stesso giudice distrettuale ha ritenuto difatti inapplicabile il criterio seguito dal tribunale, assumendo che esso si riferisca alla sola ipotesi di fondi separati “da una striscia di terreno inedificata e inedificabile di proprietà aliena”.

Quest’ultima affermazione è, in realtà, errata, anche se ciò non implica la cassazione della sentenza, la cui decisione è comunque corretta.

Infatti, il menzionato criterio richiamato dal tribunale, che la corte di merito ha ritenuto non spendibile nella fattispecie, trova riscontro applicativo sia che l’area interposta appartenga a terzi, sia che appartenga ai proprietari dei fondi limitrofi; in tutti i casi, infatti, si verifica quell’impossibilità di costruire in appoggio o in aderenza che esclude l’applicazione del principio della prevenzione e che impone di calcolare le distanze secondo il criterio sopra indicato (Cass. 10 aprile 1999, n. 3506, in motivazione; in giurisprudenza, del resto, il principio è richiamato facendosi unicamente riferimento al fatto che l’area interposta sia inedificata o inedificabile: cfr. da ultimo Cass. 18 febbraio 2013, n. 3968).

In tal senso, poichè la distanza tra gli edifici è fissata nel regolamento locale in m. 10, da tale misura andrebbe detratto il valore corrispondente all’ampiezza della strada (che è pari a m. 3), sicchè la costruzione della ricorrente si sarebbe dovuta attestare a una distanza dal confine pari a m. 3,5 (m. 7:2).

Ciò che tuttavia rileva, nel caso in esame, è l’esistenza di una norma del regolamento edilizio che stabilisce una distanza della costruzione dal confine. In presenza di essa, infatti, il principio sopra indicato non è applicabile (Cass. 23 maggio 2002, n. 7525). Tenuto conto che l’area non edificabile risulta di proprietà dei confinanti, per metà ciascuno, non vi è ragione che induca a calcolare il distacco da una linea diversa rispetto a quella di confine. E’ da rilevare, infatti, che la diversa soluzione seguita da Cass. 23 maggio 2002, n. 7525, secondo cui il distacco si identifica sempre con la linea di separazione tra l’aera intermedia ed il terreno del costruttore, non ha ragion d’essere nella fattispecie in esame, in cui l’area della strada appartiene, per metà ciascuno, ai due proprietari frontisti. In termini più generali è stato del resto sottolineato come la nominata pronuncia non dia contezza del fondamento normativo del reciproco diritto dei proprietari dei fondi confinanti di pretendere il rispetto di una distanza maggiore di quella legale e calcolata non dal confine comune, ma da quello col fondo intermedio (Cass. 18 febbraio 2013, n. 3968, in motivazione).

Corretta è quindi la pronuncia impugnata, allorquando stabilisce che la distanza che F.M. doveva osservare nella costruzione dell’opera è pari a m. 5 dal confine.

Che le parti abbiano appreso in corso di causa di essere proprietarie della metà della detta strada e che su di questa gravi una servitù di passaggio in favore di terzi non risulta sia stato dedotto in precedenza: si tratta, comunque di circostanze prive di rilevanza ai fini che qui interessano.

Allo stesso modo, non è concludente il richiamo agli artt. 873 e 877 c.c., visto che il criterio della prevenzione è derogato dal regolamento comunale edilizio allorchè questo fissi la distanza non solo tra le costruzioni, ma anche delle stesse dal confine, salvo che lo stesso consenta ugualmente le costruzioni in aderenza o in appoggio (Cass. 6 novembre 2014, n. 23693; Cass. 30 ottobre 2007, n. 22896): non è dedotto che il regolamento edilizio contenga una tale previsione (previsione che, ove esistente, avrebbe dovuto essere oltretutto trascritta nel rispetto del principio di autosufficienza).

Quanto al rilievo secondo cui l’autorimessa della ricorrente non sarebbe vera e propria costruzione, ai fini della disciplina in tema di distanze, esso ha carattere di novità. Qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675; cfr. pure: Cass. 28 luglio 2008, n. 20518; Cass. 26 febbraio 2007, n. 4391; Cass. 12 luglio 2006, n. 14599; Cass. 2 febbraio 2006, n. 2270).

Il ricorso va dunque respinto.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 27 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2016

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