Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14742 del 14/07/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 14742 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso 19437-2014 proposto da:
API – ANONIMA PETROLI ITALIANA SPA, in persona
dell’Amministratore Delegato, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA CONDOIT1 91, presso lo studio dell’avvocato FELICE
PATRIZI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
FERDINANDO CARABBA TETTAMANTI giusta procura a
margine del ricorso;

– ricorrente contro
BORRELLI RAFFAELE, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA COLA DI RIENZO 85, presso lo studio dell’avvocato
10tt9

Data pubblicazione: 14/07/2015

RAFFAELE ANTONIO CARITO, rappresentato e difeso dagli
avvocati GIANCARLO GIARDINO, VITO DETTOLE giusta
procura speciale in calce al controricorso;
– controticorrente –

SEZIONE DISTACCATA di PUTIGNANO del 3/06/2013,
depositata il 06/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

del

20/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;
udito l’Avvocato Felice Patrizi difensore della ricorrente che si riporta
agli scritti e chiede raccoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Giardino Giancarlo difensore del controricorrente
che si riporta agli scritti e chiede il rigetto del ricorso.

Pic. 2014 n. 19437 sez. M3 – ud. 20-04-2015
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avverso la sentenza n. 17g/2013 del TRIBUNALE di BARI

R.g.n. 19437-14 (ud. 20.4.2015)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
§1. Nel marzo del 2006 la API-Anonima Petroli s.p.a. conveniva in
giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Putignano Raffaele Borrelli ed esponeva:
a) di avere stipulato con la parte convenuta il 6 ottobre 2003 (con
comodato di un impianto, costituito da un serbatoio e dalle attrezzature
accessorie, in funzione della relativa immissione del gas oggetto della fornitura;
b) che, in forza di clausola contrattuale, la parte convenuta si obbligava a
consentire il collocamento dell’impianto sul suo immobile e a non rimuoverlo
senza il consenso dell’attrice;
c) che la durata del contratto veniva pattuita per due anni decorrenti dal
primo rifornimento di gas, con previsione di tacito rinnovo per eguale periodo,
in mancanza di disdetta a favore di ognuna delle parti, da inviarsi tre mesi prima
della scadenza, mentre il recesso veniva stabilito, sempre a favore di ognuna, per
sopravvenuti ed imprevedibili gravi motivi;
d) che, nel caso di cessazione del contratto, la società attrice si impegnava
alla rimozione dell’impianto a spese dell’utente, salva la facoltà di acquisto da
parte di costui ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n. 32 del 1998;
e) che alla data di scadenza del primo biennio di durata dalla prima
fornitura, cioè all’8 luglio 2005, il contratto si era tacitamente rinnovato per
mancanza di disdetta;
_fi che essa attrice, dopo aver constatato che il serbatoio era stato rimosso
dalla sede di installazione sulla proprietà dell’utente e sostituito con altro di
diverso fornitore, aveva, con propria raccomandata del 10 febbraio 2005,
intimato inutilmente al convenuto di risistemarlo in loco e di far fronte agli
obblighi derivanti dal contratto di fornitura quanto all’approvvigionamento del
gas, e, quindi, con altra raccomandata del 1° marzo 2005, aveva reiterato

3
Est. Con.t Rae1e Frasca

decorrenza dal 9) un contratto di fornitura di gas GPL e di concessione in

R.g.n. 19437-14 (ud. 20.4.2015)

l’intimazione significando peraltro che l’ultima fornitura di gas era avvenuta il
30 novembre 2004;
g) che con lettera del 31 marzo 2005 l’utente aveva dichiarato di non voler

più utilizzare l’impianto e richiesto alla società di ritirarlo.
§1.1. Sulla base di tali allegazioni la società attrice chiedeva innanzitutto
durata e che la parte convenuta era inadempiente avendo proceduto alla
rimozione ed al distacco dell’impianto. In conseguenza domandava la
declaratoria della risoluzione del contratto per il duplice inadempimento della
parte convenuta, rappresentato dalla rimozione dell’impianto e dalla cessazione
della fornitura, e la sua condanna al risarcimento del danno da lucro cessante
derivato dal mancato guadagno per il periodo dall’ultima richiesta di
somministrazione di gas sino alla data di scadenza derivante dalla tacita
rinnovazione, nonché del danno emergente derivante dal costo delle operazioni
di ritiro del serbatoio e di ripristino della sua funzionalità.
§2. Nella costituzione della parte convenuta, che assumeva l’infondatezza
della domanda, il Giudice di Pace, con sentenza del luglio del 2007, sulla base
delle sole produzioni documentali delle parti, riteneva fondata la domanda di
risoluzione del contratto e riconosceva alla società attrice soltanto parzialmente
il danno da lucro cessante.
§3. La sentenza veniva appellata dall’utente dinanzi al Tribunale di Bari,
Sezione Distaccata di Putignano, e, nella resistenza della società, il Tribunale,
con sentenza n. 178 del 2013, in accoglimento dell’appello, riformava la
sentenza di primo grado e rigettava le domande proposte dall’API con gravame
delle spese di due gradi di merito.
§4. Avverso la sentenza l’API ha proposto ricorso per cassazione affidato a
quattro motivi.
Ha resistito con controricorso l’utente.
§5. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
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Est. Cons.

Frasca

accertarsi che il contratto si era rinnovato tacitamente per il secondo biennio di

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MOTIVI DELLA DECISIONE

§1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia “violazione e falsa
applicazione degli artt. 1362 c.c., 1363 c.c. e 1369 c.c. in relazione all’art. 360 n.

Il motivo si duole che il Tribunale abbia ricondotto il rapporto contrattuale
intercorso fra le parti alla figura del c.d. collegamento negoziale e non, come
aveva fatto il Giudice di Pace, a quella del contratto misto.
Nell’illustrazione ci si diffonde sulle ragioni per cui il Tribunale avrebbe
errato e, nella prospettazione conclusiva, si assume che, se il rapporto fosse stato
qualificato come contratto misto il Tribunale, nella ricerca delle norme
giuridiche destinate a regolarlo, avrebbe dovuto applicare il principio di c.d.
prevalenza dei caratteri di una figura contrattuale tipica e, conseguentemente,
avrebbe dovuto reputare applicabile la disciplina del contratto di
somministrazione.
§1.2. Il motivo — come, del resto, ha anche eccepito parte resistente – è
inammissibile, perché non si correla all’effettiva motivazione della sentenza
impugnata.
E’ vero, infatti, che il Tribunale, come emerge dalle pagine 7-8 della
sentenza impugnata, dopo aver riferito del dibattito fra le parti in ordine alla
qualificazione del contratto e della prospettazione dell’appellante che il rapporto
sarebbe stato riconducibile alla figura del collegamento negoziale e non a quella
del contrato misto, come sostenuto dal primo giudice e dalla società, ha preso
posizione sulla questione di qualificazione, adducendo l’esattezza di quella
dell’appellante.
Senonché il Tribunale, dopo avere brevemente dichiarato la sua opzione
per la qualificazione in termini di collegamento negoziale, ha scritto
testualmente innanzitutto che <>. Quindi, il Tribunale ha così continuato: <>.
§1.3. Ebbene, con tale motivazione il Tribunale, assumendo di essere stato
investito di un apposito motivo di appello dall’utente riguardo alla decisione di
primo grado che aveva qualificato il rapporto contrattuale come contratto misto
ha espressamente motivato che detto motivo era inammissibile perché non
diretto ad ottenere alcun effetto sulla sentenza impugnata. Tale affermazione
implicava, in sostanza, che, poiché l’esattezza della specifica qualificazione del
rapporto da parte del giudice di pace, si palesava del tutto ininfluente ai fini
della valutazione della sussistenza dell’inadempimento, ritenuta dal giudice
onorario, ne derivava la conseguenza che, non avendo determinato il tenore
della decisione su quel punto, non poteva la relativa questione assumere rilievo
per censurarla. In pratica, il Tribunale ha affermato, a torto o a ragione è
irrilevante, che, in quanto la doglianza spiegata dall’utente circa la
qualificazione del rapporto contrattuale era stata ininfluente sulla decisione del
Giudice di Pace di Putignano ai fini della individuazione dell’inadempimento
6
Est. Cons. 41fae1e Frasca

l’operazione economica, perché si risolve nella impossibilità di proseguire il

R.g.n. 19437-14 (ud. 20.4.2015)

dell’utente che egli aveva ravvisato, la critica svolta dall’utente appellante
riguardo a quella qualificazione per negare la sussistenza del suo inadempimento
era del tutto priva di pertinenza con il decisum del giudice onorario, onde, per
valutare se quel giudice aveva ritenuto l’inadempimento a torto o a ragione
quella questione era irrilevante. E ciò perché la sussistenza o meno

del rapporto contrattuale e, quindi, a quella ritenuta dal Giudice di Pace.
Ne segue che, questa essendo stata la decisione assunta dal Tribunale sul
punto del rilievo della qualificazione del rapporto, la qui ricorrente, ove avesse
ritenuto che come tale essa fosse stata erronea di per sé oppure comunque avesse
avuto incidenza sulla decisione assunta dal Tribunale stesso, avrebbe dovuto
impugnare la valutazione di irrilevanza della questione e non la dichiarata
irrilevante opinione del Tribunale su di essa.
Viceversa, il motivo in esame assoggetta a critica non già la suddetta
effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata, bensì la valutazione, espressa
in modo assolutamente ininfluente ai fini della sua adozione, espressa dal
Tribunale a proposito della qualificazione del rapporto.
In tal modo il motivo è inammissibile alla stregua del principio di diritto
secondo cui <> (Cass. n. 359 del 2005, seguita da numerose conformi).
§1.4. D’altro canto, il Tribunale non solo ha considerato irrilevante ai fini
funzione del motivo svolto dall’utente appellante, ma ha anche in concreto
deciso l’appello con la riforma della sentenza di primo grado proprio
considerando -coerentemente con la premessa – a questo fine espressamente
ininfluente la scelta fra l’una e l’altra qualificazione del rapporto contrattuale,
giacché ha reputato infondata la domanda dell’API intesa ad ottenere
l’accertamento della tacita rinnovazione del rapporto per il secondo biennio di
durata senza dare effettivamente rilievo alla qualificazione del rapporto.
Qualificazione che, del resto – essendo riferibile la clausola di tacito rinnovo al
rapporto sic et simpliciter e non ad una delle alternative qualificatorie dibattute
inter partes, cioè essendo la clausola valida o no tanto nell’un caso che nell’altro

— era effettivamente priva di rilevanza ai fini dell’apprezzamento della sua
validità ed efficacia.
§1.4.1. L’inammissibilità sotto tale gradato profilo del motivo in esame è,
d’altro canto, palesata dallo stesso ragionamento svolto nella memoria dalla
ricorrente in replica alla deduzione di inammissibilità svolta dalla parte: a pagina
7 della memoria, infatti, si sostiene che la questione di qualificazione del
rapporto sarebbe di assoluto rilievo, ma tale rilievo viene espressamente
spiegato nel senso che diventerebbe <> una volta
dimostrato l’errore del giudice d’appello nel ritenere il dedotto inadempimento
inesistente in quanto il contratto non si era tacitamente rinnovato.
Ne deriva, nella stessa prospettazione della ricorrente, che la questione di
qualificazione assumerebbe rilievo solo una volta superata quest’ultima
valutazione del giudice d’appello, di cui si occupa il secondo motivo, come si
8
Est. Cons. 1affaeIe Frasca

della sua decisione sull’appello la questione della qualificazione del rapporto in

R.g.n. 19437-14 (ud. 20.4.2015)

vedrà immediatamente. Il motivo, in tale prospettazione sarebbe allora rilevante
solo se fosse accolto il secondo motivo.
§1.5. Peraltro, avendo il Tribunale, come s’è detto ritenuto inammissibile il
motivo di appello sulla qualificazione, la conseguenza della sua decisione è,
cosa che sfugge alla ricorrente, ma anche alla parte resistente, che la

contrattuale come contratto misto ebbe a consolidarsi, il che, in presenza del
relativo giudicato interno, rendeva — a prescindere dalle sopra rilevate ragioni di
inammissibilità – perfettamente inutile il motivo di ricorso in esame sotto il
profilo dell’interesse dell’API, giacché la sua prospettazione, trattarsi di
contratto misto, è coperta da giudicato interno.
§1.6. Il primo motivo è, dunque, dichiarato inammissibile.
§2. Con il secondo motivo si prospetta “violazione e falsa applicazione
degli artt. 1341 c.c., 1342 c.c., 1321 c.c. e 1372 c.c., in relazione all’art. 360, n.
3 c.p.c.”.
Il motivo, che si articola con la riproduzione della motivazione della
sentenza impugnata per la parte successiva a quella evocata sopra in sede di
esame del primo motivo, prospetta che erroneamente il Tribunale avrebbe dato
rilievo alla ritenuta vessatorietà della clausola di rinnovo tacito alla scadenza del
primo biennio di durata per concludere, nel presupposto che il rapporto
contrattale non si fosse rinnovato per l’inefficacia della clausola di rinnovo, che
l’unico inadempimento addebitabile all’utente era l’avvenuto distacco e la
rimozione dell’impianto e non anche quello relativo all’obbligo di acquistare
GPL dalla società.
Viceversa, l’inadempimento a tale obbligo si era verificato mentre era in
corso il primo periodo di durata del rapporto e, quindi, ai fini
dell’apprezzamento della sua esistenza non era rilevante stabilire se la clausola
di tacito rinnovo era stata o non era stata efficace.

9
Est. Corìs. affaeIe Frasca

motivazione resa dal giudice di pace sulla qualificazione del rapporto

R.g.n. 19437-14 (ud. 20.4.2015)

§2.1. Il motivo è non solo prospettato senza individuare quale parte del
decisum della sentenza impugnata meriterebbe la censura che vi si svolge, ma
anche — una volta che, con un’inammissibile superamento dell’onere di chi
ricorre in Cassazione, come di chiunque svolge un motivo di impugnazione, di
individuare la parte della decisione impugnata sottoposta a critica – si procedesse

comunque privo di pertinenza con la motivazione e, perciò, altrettanto
inammissibile.
Queste le ragioni.
§2.1.1. Quanto al primo profilo, nell’illustrazione del motivo si sostiene
che l’inadempimento dell’utente dedotto a fondamento delle domande proposte
si era verificato comunque nel corso dell’originario periodo biennale di durata
del rapporto, ma non si individua in alcun modo rispetto a quale domanda tale
collocazione temporale dell’inadempimento dell’utente alla pretesa obbligazione
di acquisto del GPL.
In particolare, avendo l’API dedotto l’inadempimento de quo a sostegno sia
della domanda di risoluzione del rapporto contrattuale per inadempimento, sia a
fondamento della pretesa di risarcimento del danno da lucro cessante, sarebbe
stato onere della stessa API precisare se la mancata considerazione da parte del
Tribunale dell’essersi il dedotto inadempimento verificato prima della
rinnovazione convenzionale ha determinato, nella sua prospettazione, l’erroneità
della sentenza impugnata con riferimento all’azione di risoluzione oppure
all’azione di risarcimento del danno.
Nessuna precisazione al riguardo è contenuta nell’illustrazione.
§2.1.2. Quanto al secondo profilo, se si passa alla lettura della motivazione
della sentenza si evidenzia quanto segue.
La sentenza impugnata ha certamente negato fondatezza alla domanda di
risoluzione per inadempimento perché non vi era stato tacito rinnovo, a cagione
della riconosciuta vessatorietà e, quindi, inefficacia della clausola di rinnovo, ma
10
Est. Cons.

e Frasca

a ricercare nella sentenza ciò cui il motivo stesso potrebbe essersi voluto riferire,

R.g.n. 19437-14 (ud. 20.4.2015)

lo ha fatto dovendo provvedere su una domanda di risoluzione che, in quanto
proposta ai sensi dell’art. 1453 c.c., postulava l’accertamento della risoluzione
del rapporto alla data della sua notificazione, atteso che, quando si propone
un’azione di risoluzione ai sensi di quella norma si postula l’effetto
costitutivo sul contratto, cioè la sua cessazione per inadempimento altrui,

non con riferimento ad un momento pregresso, come nelle ipotesi di cd.
risoluzione di diritto) e, dunque, la domanda deve proporsi necessariamente
in pendenza del rapporto contrattuale. Se il rapporto è cessato il pregresso
inadempimento potrà semmai farsi valere come fonte di una pretesa di
risarcimento dei danni, giacché, essendo cessato il contratto, non se ne può
postulare la cessazione per effetto del diritto potestativo di chiederne la
risoluzione per inadempimento.
Il Tribunale, nel caso di specie, una volta ritenuta la vessatorietà della
clausola e, dunque, in conseguenza della sua inefficacia che non si era verificato
il rinnovo, ha escluso la fondatezza della domanda di risoluzione perché il
rapporto non era più in essere all’atto della proposizione della domanda.
Viceversa, la sentenza ha negato che fosse configurabile un inadempimento
all’obbligazione di acquistare il GPL per il periodo di durata convenuta del
contratto prima della negata tacita rinnovazione, allorquando (pag. IO) ha
motivato che <> l’utente <>.

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Est. Cons. Rffae1e Frasca

con rifermento al momento della instaurazione della pendenza della lite (e

R.g.n. 19437-14 (ud. 20.4.2015)

Ora, con tale motivazione il Tribunale ha rilevato che il primo giudice
aveva negato l’inadempimento da mancato acquisto di GPL e che sul punto non
vi era stata impugnazione incidentale.
Di tanto il motivo in esame non tiene conto e, poiché la motivazione del
Tribunale si riferisce necessariamente (al lume della motivazione di rigetto della

anteriore alla prospettata e negata rinnovazione tacita, si palesa la mancanza di
pertinenza del motivo con la motivazione della sentenza quanto al profilo in
esame.
§2.1.3. Per le plurime ragioni esposte va dichiarata l’inammissibilità
manifesta del secondo motivo.
§3. Con il terzo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione degli
artt. 1560 c.c., 1564 c.c., 1375 c.c. e 1223 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3
c.p.c.”.
Nell’illustrazione si deduce che il tribunale «nella parte motiva già
trascritta nell’incipit del precedente paragrafo 2>> (cioè all’inizio
dell’illustrazione del motivo precedente) avrebbe violato le norme indicate
«nel dichiarare che non vi era un inadempimento>> dell’utente «e che,
quindi, dovevano rigettarsi la richiesta di risoluzione per inadempimento … e la
richiesta di ristoro dei danni consequenziali formulate dalla Società>>.
In tal modo, il motivo sembrerebbe prospettare la violazione delle norme
de quibus con riferimento al rigetto della domanda di risoluzione per

inadempimento ed ai danni conseguenti alla risoluzione.
Tuttavia, dopo la riproduzione delle dette norme, ricorda che «le condotte
in cui si è concretizzato l’inadempimento avverso sono ormai pacifiche fra le
parti, come pacifica è la circostanza che le stesse siano avvenute nell’iniziale
biennio di durata del contratto>>. In tal modo il motivo prospetta la rilevanza
della questione che poi discute anche per il periodo anteriore alla tacita
rinnovazione esclusa dal Tribunale.
12
Est. Cons. Bafe1c Frasca

domanda di risoluzione) all’inadempimento dedotto per il periodo comunque

R.g.n. 19437-14 (ud. 20.4.2015)

La questione che viene, poi, illustrata è che nella specie sarebbe stato
applicabile l’art. 1560 c.c., dovendosi, secondo la logica del carattere di
contratto misto del rapporto contrattuale dare rilevanza prevalente alla figura
della somministrazione. Ne sarebbe derivato che, non essendo stato pattuito un
quantitativo minimo di GPL da acquistarsi da parte dell’utente, egli sarebbe

fabbisogno», secondo la formula dell’art. 1560 c.c. Tale esegesi troverebbe poi
conferma nella clausola n. 3 del contratto, secondo la quale: <> cioè che l’utente «non era
tenuto ad acquistare un quantitativo minimo di GPL (pag. 7 della sentenza

potrebbero integrare inadempimento sono costituite dalla cessazione anticipata
della fornitura e dal distacco e rimozione del serbatoio>>.
Non è dato comprendere come l’API possa pretendere di discutere in
questo giudizio di legittimità del non avere erroneamente ritenuto la sentenza
impugnata che l’art. 1560 c.c. giustificava l’esistenza dell’obbligo dell’utente di
acquistare secondo il suo fabbisogno, una volta che essa ha espressamente
affermato che si era formato giudicato interno sulla decisione del Giudice di
Pace di esclusione dell’obbligo di acquistare un quantitativo minimo di GPL.
D’altro canto, l’API si astiene dal prospettare e spiegare come e perché la
questione dell’applicabilità dell’art. 1560 c.c. fosse stata parte del giudizio di
appello e come ne fosse stato investito il Tribunale.
Gli svolti rilievi di inammissibilità rendono del tutto superfluo considerare
gli argomenti contrari all’applicabilità dell’art. 1560, prospettati dalla parte
resistente sulla base della evocazione della disciplina dell’art. 10 del d.lgs. n. 32
del 1998.
Il motivo è dichiarato inammissibile.
§4. Con un quarto motivo ci si duole di “violazione e falsa applicazione
degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”.
In disparte l’evocazione del parametro dell’art. 360 n. 3 c.p.c. anziché di
quello del n. 4 dell’art. 360, che sarebbe stato pertinente, essendosi denunciata la
violazione di norme del procedimento, si rileva che:
aa) la censura di violazione dell’art. 91, prospettata sotto il profilo che vi
sarebbe stata soccombenza virtuale dell’utente in quanto il suo motivo di appello
14
Est. Cons. RaftaeIe Frasca

gravata)>>, ed ha, quindi, concluso che «pertanto le uniche condotte che

R.g.n. 19437-14 (ud. 20.4.2015)

sulla qualificazione del contratto era stato considerato inammissibile ed il
Tribunale aveva ritenuto esistente un suo inadempimento riguardo al distacco
dell’impianto, non considera che ai fini dell’applicazione del principio di
soccombenza rileva l’esito finale della lite davanti al giudice che provvede sulle
spese: tale esito ha visto rigettata la domanda di accertamento della durata del
rappresentato dal mancato rispetto da parte dell’utente del conseguente vincolo
contrattuale, mentre il Tribunale ha rigettato la domanda relativa al problema del
distacco negando che fosse stato dimostrato un danno;
bb) la censura di violazione dell’art. 92 c.p.c., prospettata sia sulla base

dell’esistenza di ragioni di compensazione delle spese per la reciproca
soccombenza sia per l’esistenza di giusti motivi, rappresentati dall’essere stata
introdotta la questione dell’inefficacia della clausola di rinnovo tacito solo in
appello, si scontra non solo, quanto al primo aspetto con l’inesistenza della
soccombenza reciproca per le ragioni indicate sub aa), sia con il principio di
diritto secondo cui <> (Cass. sez. un. n. 14989 del 2005; da ultimo
Cass. (ord.) n. 2784 del 2015; Cass. n. 17593 del 2014, fra tante).
§5. Conclusivamente il ricorso è rigettato.
§6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi
del d.m. n. 55 del 2014 nel minimo dello scaglione avuto riguardo al valore (e
non, come da nota spese, nel valore intermedio), atteso il carattere seriale della
controversia.

15
Est. Cons. Raffaele Frasca

contratto per un secondo biennio e negato in conseguenza l’inadempimento

R.g.n. 19437-14 (ud. 20.4.2015)

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve
dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione alla parte
resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in e 1092,50, di cui
duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai
sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione CivileIl Presidente

-1

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