Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14741 del 14/07/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 14741 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso 19424-2014 proposto da:
API – ANONIMA PETROLI ITALIANA SPA, in persona
dell’Amministratore Delegato, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA CONDOTTI 91, presso lo studio dell’avvocato FELICE
PATRIZI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
FERDINANDO C.ARABBA TETTAMANTI giusta procura speciale
a margine del ricorso;
– ricorrente contro

DELFINE DOMENICO, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA COLA DI RIENZO 85, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 14/07/2015

RAFFAELE ANTONIO CARITO, rappresentato e difeso dagli
avvocati GIANCARLO GIARDINO, VITO DETTOLE giusta
procura speciale in calce al controricorso;

– controficorrente avverso la sentenza n. 158/2013 del TRIBUNALE di BARI

SEZIONE DISTACCATA di PUTIGNANO del 3/06/2013,
depositata il 06/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;
udito l’Avvocato Felice Pattizi difensore della ricorrente che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Giancarlo Giardino difensore del controricorrente
che si riporta agli scritti e chiede il rigetto del ricorso.

(

Ric. 2014 n. 19424 sez. M3 – ud. 20-04-2015
-2-

I

R.g.n. 19424-14 (ud. 20.4.2015)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
§1. Nell’aprile del 2006 la API-Anonima Petroli s.p.a. conveniva in
giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Putignano Domenico Delfine ed
esponeva:
decorrenza dal 25 luglio) un contratto di fornitura di gas GPL e di concessione
in comodato di un impianto, costituito da un serbatoio e dalle attrezzature
accessorie, in funzione della relativa immissione del gas oggetto della fornitura;
b) che, in forza di clausola contrattuale, la parte convenuta si obbligava a
consentire il collocamento dell’impianto sul suo immobile e a non rimuoverlo
senza il consenso dell’attrice;
c) che la durata del contratto veniva pattuita per due anni decorrenti dal
primo rifornimento di gas, con previsione di tacito rinnovo per eguale periodo,
in mancanza di disdetta a favore di ognuna delle parti, da inviarsi tre mesi prima
della scadenza, mentre il recesso veniva stabilito, sempre a favore di ognuna, per
sopravvenuti ed imprevedibili gravi motivi;
d) che, nel caso di cessazione del contratto, la società attrice si impegnava
alla rimozione dell’impianto a spese dell’utente, salva la facoltà di acquisto da
parte di costui ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n. 32 del 1998;
e) che il contratto si era rinnovato tacitamente alla data della prima
scadenza sino al 25 luglio 2004 e, quindi, sempre in mancanza di disdetta per
altro biennio sino al 24 luglio 2006;
.

1) che con raccomandata del 7 giugno 2005 il Mancini aveva comunicato di

non voler più utilizzare l’impianto e richiesto alla società di ritirarlo;
g) che essa attrice, dopo aver constatato che il serbatoio era stato rimosso

dalla sede di installazione sulla proprietà dell’utente e sostituito con altro di
diverso fornitore, aveva, con propria raccomandata, intimato inutilmente al
convenuto di risistemarlo in loco e di far fronte agli obblighi derivanti dal
3

Est. Con. Raffaele Frasca

a) di avere stipulato con la parte convenuta in data 29 maggio 2002 (con

R.g.n. 19424-14 (ud. 20.4.2015)

contratto di fornitura quanto all’approvvigionamento del gas, significando
peraltro che l’ultima fornitura di gas era avvenuta il 21 luglio 2004.
§1.1. Sulla base di tali allegazioni la società attrice chiedeva innanzitutto
accertarsi che il contratto si era rinnovato tacitamente per il secondo biennio di
durata e che la parte convenuta era inadempiente avendo proceduto alla
declaratoria della risoluzione del contratto per il duplice inadempimento della
parte convenuta, rappresentato dalla rimozione dell’impianto e dalla cessazione
della fornitura, e la sua condanna al risarcimento del danno da lucro cessante
derivato dal mancato guadagno per il periodo dall’ultima richiesta di
somministrazione di gas sino alla data di scadenza derivante dalla tacita
rinnovazione, nonché del danno emergente derivante dal costo delle operazioni
di ritiro del serbatoio e di ripristino della sua funzionalità.
§2. Nella costituzione della parte convenuta, che assumeva l’infondatezza
della domanda, il Giudice di Pace, con sentenza del maggio del 2007, sulla base
delle sole produzioni documentali delle parti, riteneva fondata la domanda di
risoluzione del contratto e riconosceva alla società attrice soltanto parzialmente
il danno da lucro cessante.
§3. La sentenza veniva appellata dall’utente dinanzi al Tribunale di Bari,
Sezione Distaccata di Putignano, e, nella resistenza della società, il Tribunale,
con sentenza n. 158 del 2013, in accoglimento dell’appello, riformava la
sentenza di primo grado e rigettava le domande proposte dall’API con gravame
delle spese di due gradi di merito.
§4. Avverso la sentenza l’API ha proposto ricorso per cassazione affidato a
quattro motivi.
Ha resistito con controricorso l’utente.
§5. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
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Est. Cons. affaele Frasca

rimozione ed al distacco dell’impianto. In conseguenza domandava la

R.g.n. 19424-14 (ud. 20.4.2015)

§1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia “violazione e falsa
applicazione degli artt. 1362 c.c., 1363 c.c. e 1369 c.c. in relazione all’art. 360 n.
3 c.p.c.”.
Il motivo si duole che il Tribunale abbia ricondotto il rapporto contrattuale

aveva fatto il Giudice di Pace, a quella del contratto misto.
Nell’illustrazione ci si diffonde sulle ragioni per cui il Tribunale avrebbe
errato e, nella prospettazione conclusiva, si assume che, se il rapporto fosse stato
qualificato come contratto misto il Tribunale, nella ricerca delle norme
giuridiche destinate a regolarlo, avrebbe dovuto applicare il principio di c.d.
prevalenza dei caratteri di una figura contrattuale tipica e, conseguentemente,
avrebbe dovuto reputare applicabile la disciplina del contratto di
somministrazione.
§1.2. Il motivo — come, del resto, ha anche eccepito parte resistente – é
inammissibile, perché non si correla all’effettiva motivazione della sentenza
impugnata.
E’ vero, infatti, che il Tribunale, come emerge dalle pagine 7-8 della
sentenza impugnata, dopo aver riferito del dibattito fra le parti in ordine alla
qualificazione del contratto e della prospettazione dell’appellante che il rapporto
sarebbe stato riconducibile alla figura del collegamento negoziale e non a quella
del contrato misto, come sostenuto dal primo giudice e dalla società, ha preso
posizione sulla questione di qualificazione, adducendo l’esattezza di quella
dell’appellante.
Senonché il Tribunale, dopo avere brevemente dichiarato la sua opzione
per la qualificazione in termini di collegamento negoziale, ha scritto
testualmente innanzitutto che <>.
§1.3. Ebbene, con tale motivazione il Tribunale, assumendo di essere stato
investito di un apposito motivo di appello dall’utente riguardo alla decisione di
primo grado che aveva qualificato il rapporto contrattuale come contratto misto
ha espressamente motivato che detto motivo era inammissibile perché non
diretto ad ottenere alcun effetto sulla sentenza impugnata. Tale affermazione
implicava, in sostanza, che, poiché l’esattezza della specifica qualificazione del
rapporto da parte del giudice di pace, si palesava del tutto ininfluente ai fini
della valutazione della sussistenza dell’inadempimento, ritenuta dal giudice
onorario, ne derivava la conseguenza che, non avendo determinato il tenore
della decisione su quel punto, non poteva la relativa questione assumere rilievo
per censurarla. In pratica, il Tribunale ha affermato, a torto o a ragione è
irrilevante, che, in quanto la doglianza spiegata dall’utente circa la
qualificazione del rapporto contrattuale era stata ininfluente sulla decisione del
Giudice di Pace di Putignano ai fini della individuazione dell’inadempimento
dell’utente che egli aveva ravvisato, la critica svolta dall’utente appellante
riguardo a quella qualificazione per negare la sussistenza del suo inadempimento
6
Est. Cons. Riffae1e Frasca

cadent.>>. Quindi, il Tribunale ha così continuato: «Posto che la decisione del

R.g.n. 19424-14 (ud. 20.4.2015)

era del tutto priva di pertinenza con il decisum del giudice onorario, onde, per
valutare se quel giudice aveva ritenuto l’inadempimento a torto o a ragione
quella questione era irrilevante. E ciò perché la sussistenza o meno
dell’inadempimento non si correlava ad una delle due discusse qualificazione
del rapporto contrattuale e, quindi, a quella ritenuta dal Giudice di Pace.
punto del rilievo della qualificazione del rapporto, la qui ricorrente, ove avesse
ritenuto che come tale essa fosse stata erronea di per sé oppure comunque avesse
avuto incidenza sulla decisione assunta dal Tribunale stesso, avrebbe dovuto
impugnare la valutazione di irrilevanza della questione e non la dichiarata
irrilevante opinione del Tribunale su di essa.
Viceversa, il motivo in esame assoggetta a critica non già la suddetta
effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata, bensì la valutazione, espressa
in modo assolutamente ininfluente ai fini della sua adozione, espressa dal
Tribunale a proposito della qualificazione del rapporto.
In tal modo il motivo è inammissibile alla stregua del principio di diritto
secondo cui <>. (Cass. n. 11734 del 2004).
Tale orientamento era, del resto, risalente nel tempo.
In precedenza, si veda, infatti, l’affermazione del principio di diritto secondo
cui: «Pur se una clausola, predisposta unilateralmente, non è a carico soltanto
dell’altro contraente, avendo effetto per entrambe le parti – nella specie tacita
proroga o rinnovo del contratto in difetto di tempestiva disdetta – non perciò è
sottratta alla necessità di specifica approvazione per iscritto, ai sensi dell’art.
1341 cod. civ., perché comunque colui che la propone ha preventivamente
valutato i vantaggi derivantegli dalla accettazione di essa, a differenza del
contraente per adesione, che perciò è necessario vi ponga particolare
attenzione>> (Cass. n. 2152 del 1998).
Tale decisione si conformava a Cass. n. 3161 del 1968, n. 2879 del 1974, n.
2276 del 1976, n. 6145 del 1978.
Successivamente e prima della sentenza del 2004, si veda Cass. n. 5131 del
2001.
Si veda ancora Cass. n. 6510 del 2001 per la chiara affermazione che «In
tema di vessatorietà della clausola di proroga tacita nei contratti per adesione, il
legislatore non ha specificato né il requisito della bilateralità né quello della
unilateralità degli effetti della proroga, per cui essa si riferisce ad entrambe le
ipotesi.>>.
§2.1.2. Parte ricorrente sostiene che il riferito orientamento sarebbe stato,
però, superato da Cass. n. 6314 del 2006, ma l’assunto è privo di fondamento.
10

Est. C

ele Frasca

contraente aderente e sono, pertanto, prive di efficacia, a norma dell’art. 1341,

R.g.n. 19424-14 (ud. 20.4.2015)

Detta sentenza, infatti, escluse la vessatorietà per il carattere di bilateralità
della clausola con riferimento non già ad una clausola di tacito rinnovo, bensì con
riguardo ad una clausola di recesso. Tale esclusione (peraltro già affermata da Cass.
n. 541 del 1991) si spiega sulla base della lettera dell’art. 1341 c.c., mentre proprio
la stessa lettera di tale norma spiega l’irrilevanza al contrario della bilateralità a
proposito della clausola di rinnovazione tacita.

effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che
stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di
responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne
l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze,
limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale
nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole
compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria>>,
chiaramente contrappone:
a) ipotesi nelle quali si tratta di clausole il cui effetto si risolve
nell’attribuzione di una posizione vantaggiosa al contraente predisponente,
consistente nella previsione della legittimità di un suo comportamento (recesso,
sospensione dell’esecuzione) o della limitazione della sua soggezione alla
responsabilità;

19 ipotesi che invece si risolvono in un effetto che vien detto “a carico”
dell’altro contraente e che, come emerge dall’elencazione è rappresentato
dall’imposizione ad esso di particolari oneri comportamentali.
Ora, stante il riferimento delle prime ipotesi alla previsione che la clausola
sia prevista a vantaggio del predisponente è palese che, quando l’oggetto di
queste ipotesi è contemplato nel contratto sia a favore del predisponente che a
favore dell’altro contraente, la bilateralità della previsione si concreta in una
fattispecie che, concreandosi nella previsione dello stesso contenuto contrattuale
per i comportamenti di entrambe le parti, non può ritenersi compreso nella
previsione di vessatorietà. E ciò perché, se nel contratto il comportamentale
11
Est. C

aele Frasca

§2.1.3. Invero tale norma, nello stabilire che <>.

§2.1.5. Va rilevato che nella memoria parte ricorrente, in replica alla parte
resistente, sostiene che, al contrario di quanto da essa dedotto nel controricorso,
non aveva alcun onere di dedurre che il rapporto inter partes non la vedeva nella
posizione di parte “forte”, dato che il Tribunale su tale questione non si era
soffermato.
Non essendovi stata censura su detta questione da parte della ricorrente è
palese che la discussione fra le parti riguarda una questione che in alcun modo fa
parte del motivo in esame e che, dunque, non dev’essere esaminata. Lo si rileva
non senza rimarcare che la stessa natura del rapporto e la qualità delle parti, ove
la questione si fosse dovuta esaminare, avrebbero evidenziato che l’utente
resistente riveste la posizione di parte debole.
§2.2. Con una seconda censura si assume che la motivazione resa dal
Tribunale per sostenere che il rapporto, in ragione dell’inefficacia della clausola
di tacito rinnovo, era cessato alla scadenza del primo biennio di durata, sarebbe
affetta da “contraddittorietà ed illogicità” rispetto all’affermazione che Esso ha
fatto nel senso che il distacco e la rimozione del serbatoio da parte dell’utente,
avvenuto dopo quella scadenza e fra l’ultima somministrazione di gas e la lettera
con cui egli chiedeva di provvedere al suo ritiro, aveva costituito “l’unica
violazione contrattuale addebitabile” ad esso in quanto contraria al disposto
dell’art. 2 del contratto. La contraddizione starebbe nel fatto che, per esserci
13
Est. Cons. affaele Frasca

contraente aderente e sono, pertanto, prive di efficacia, a norma dell’art. 1341,

R.g.n. 19424-14 (ud. 20.4.2015)

violazione di tale articolo del contratto quest’ultimo avrebbe dovuto essere
vigente.
§2.2.1. La censura, in disparte ogni valutazione circa l’incompatibilità della
deduzione di una illogicità e contraddittorietà di motivazione nel vigore del
nuovo art. 360 n. 5 c.p.c. (secondo la lettura datane da Cass. sez. un. n. 8053 e
ricondotta, nel silenzio sul punto, ad uno specifico diverso paradigma dell’art.
360, appare inammissibile, perché non individua la parte della motivazione
affetta dalla pretesa contraddittorietà.
§2.2.2. Se, d’altro canto, superando tale mancata individuazione, si
procedesse a ricercare nella sentenza impugnata un dictum cui la censura si
potrebbe correlare, non lo si rinverrebbe.
Infatti, a pagina 9 la sentenza, dopo aver riferito la motivazione della
sentenza del giudice di pace, dice che essa non è condivisibile, perché “a tutto
voler concedere l’unico inadempimento imputabile” all’utente riguarda il
distacco del serbatoio e la sua rimozione, in quanto attività compiuta in
violazione dell’art. 2 del contratto, ma tale affermazione — accompagnata anche
da quella che non si sarebbe trattato di inadempimento giustificativo della
risoluzione — è fatta prima dell’enunciazione della successiva e decisiva
motivazione di accertamento dell’inefficacia della clausola di tacito rinnovo e,
quindi, della cessazione del rapporto alla scadenza del primo biennio. Inoltre, a
pag. 15 la sentenza successivamente alla valutazione espressa circa la scadenza
del contratto per l’inefficacia della clausola, dice che non è stato provato il
danno emergente per l’essere stato distaccato il serbatoio dall’utente anziché
dall’API, così mostrando di ritenere che tale comportamento potesse
astrattamente essere considerato fonte di danno.
Ora, l’affermazione di scadenza del contratto alla data di decorso del primo
biennio e quella astratta di responsabilità dell’utente per il distacco, sebbene
avvenuto dopo di essa, non sono affatto fra loro in contraddizione, atteso che,
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Est. Co s. Raffaele Frasca

8054 del 2014) e dovendosi, altresì, constatare che nemmeno essa risulta

R.g.n. 19424-14 (ud. 20.4.2015)

pur cessato il contratto alla scadenza del primo biennio, a causa dell’inefficacia
della clausola di tacito rinnovo, il serbatoio era comunque rimasto nel
godimento dell’utente. Tale godimento era divenuto certamente non più
giustificato dalla pendenze del contratto, ma ciò non toglie che, riguardo ad
esso, l’utente vedeva regolata la sua obbligazione restitutoria sempre dalla
alla cessazione della locazione nel senso che l’utente non poteva procedere
comunque di sua iniziativa al distacco.
Si aggiunga che le parti non hanno discusso in sede di merito in alcun
modo di una possibile incidenza dell’effettuazione di un’ultima fornitura di gas
mediante immissione nell’impianto dopo la scadenza del primo biennio di durata
ai fini di poter ritenere continuato comunque il rapporto sulla base di una
rinnovazione avvenuta per fatto concludente. La domanda dell’API non era in
alcun modo basata su simile prospettazione e nemmeno essa è stata introdotta —
salvo verificare se avrebbe potuto esserlo e salva ogni diversa spiegazione della
fornitura successiva alla scadenza del primo biennio – a fronte della postulazione
con l’appello dell’utente dell’inefficacia della clausola.
§2.2.3. Anche la seconda censura del secondo motivo è inammissibile.
§3. Con il terzo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione degli
artt. 1560 c.c., 1564 c.c., 1375 c.c. e 1223 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3
c.p.c.”.
Nell’illustrazione si deduce che il tribunale <>. In tal modo il motivo prospetta la rilevanza
della questione che poi illustra solo per il periodo successivo alla tacita
rinnovazione esclusa dal Tribunale.
Ma in tal modo, ancorché non venga sviluppata una precisa deduzione in
tal senso, la successiva argomentazione viene svolta non considerando che, se la
rinnovazione tacita non era avvenuta, il contratto non pendeva e, dunque, non
poteva chiedersene la risoluzione.
La questione che viene, poi, illustrata è che nella specie sarebbe stato
applicabile l’art. 1560 c.c., dovendosi, secondo la logica del carattere di
contratto misto del rapporto contrattuale dare rilevanza prevalente alla figura
della somministrazione. Ne sarebbe derivato che, non essendo stato pattuito un
quantitativo minimo di GPL da acquistarsi da parte dell’utente, egli sarebbe
stato comunque tenuto ad acquistare in misura «corrispondente al normale
fabbisogno>>, secondo la formula dell’art. 1560 c.c. Tale esegesi troverebbe poi
conferma nella clausola n. 3 del contratto, secondo la quale: «l’API si impegna
a fornire di GPL l’impianto descritto per il quantitativo richiesto dall’utente;
(…) le parti convengono di comune accordo, in relazione alle esigenze di
approvvigionamento espresse dall’utente ed a quelle di programmazione
necessarie all’API, al solo fine di garantire la fornitura idonea a soddisfare il
fabbisogno nel periodo richiesto la fissazione di un quantitativo che, ai soli fini
previsionali, è stabilito in litri 1.500…>>. Secondo la ricorrente l’utente era
«libero di acquistare un quantitativo superiore o inferiore>> a quanto previsto
da tale clausola, «fermo però il suo obbligo di acquistare quanto occorrente al
16
Est. Cons. Raffaele Frasca

parti, come pacifica è la circostanza che le stesse siano avvenute nel [secondo]

R.g.n. 19424-14 (ud. 20.4.2015)

suo reale fabbisogno, non potendo certo sottrarsi arbitrariamente agli obblighi
contrattuali volontariamente assunti».
§3.1. Il motivo è privo di fondamento là dove individua un inadempimento
dell’utente giustificativo della risoluzione del rapporto, atteso che l’API ha agito
in un momento in cui il rapporto poteva pendere solo per effetto della

inefficacia della clausola di rinnovo tacito. Statuizione che l’API non ha
impugnato.
3.2. Il motivo, lo si nota per completezza, è inammissibile anche là dove
individua il preteso inadempimento giustificativo della risoluzione del contrato
assumendo che l’art. 1560 c.c. obbligava l’utente a rifornirsi fino a quella
scadenza del fabbisogno cui allude detta nonna.
Invero, la sentenza impugnata, come s’è già veduto sopra, ha affermato di
condividere <

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