Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1474 del 25/01/2021

Cassazione civile sez. I, 25/01/2021, (ud. 25/11/2020, dep. 25/01/2021), n.1474

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36520/2018 proposto da:

A.A., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Giardini Giovanni Luca, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

B.E., elettivamente domiciliata in Roma, Piazzale Don G.

Minzoni n. 9, presso lo studio dell’avvocato Luponio Riccardo, che

la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Procura Generale della Repubblica di Ancona;

– intimata –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositato il

20/09/2018

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/11/2020 dal Cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto depositato il 16 marzo 2018, il Tribunale di Pesaro, su ricorso di B.E., affidava i figli minori Ac.As. e N. – nati dalla relazione more uxorio intrattenuta dalla medesima con A.A. – congiuntamente ai genitori, con collocamento prevalente presso la madre, stabilendo le modalità ed i tempi di permanenza dei minori presso il padre, e ponendo a carico di quest’ultimo un assegno di mantenimento, quantificato in Euro 600,00 mensili, oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat, nonchè le spese straordinarie nella misura del 50%.

2. Con decreto n. 4055/2018, depositato il 20 settembre 2018, la Corte d’appello di Ancona rigettava il reclamo proposto da A.A., confermando in toto la decisione di primo grado. La Corte territoriale – per quel che qui interessa – riteneva di non procedere all’audizione dei due figli minori della coppia, reputandolo contrario al loro interesse, e di non ammettere, in quanto irrilevanti per la decisione, i mezzi di prova richiesti dal reclamante.

3. Per la cassazione di tale ordinanza, ha proposto ricorso A.A. nei confronti di B.E., affidato a due motivi. La resistente ha replicato con controricorso e con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va anzitutto rilevato che il decreto della corte di appello, contenente – come nel caso di specie – i provvedimenti in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio e le disposizioni relative al loro mantenimento, è ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., poichè già nel vigore della L. 8 febbraio 2006, n. 54 – che tendeva ad assimilare la posizione dei figli di genitori non coniugati a quella dei figli nati nel matrimonio – ed a maggior ragione dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, che ha abolito ogni distinzione, al predetto decreto vanno riconosciuti i requisiti della decisorietà, in quanto risolve contrapposte pretese di diritto soggettivo, e di definitività, perchè ha un’efficacia assimilabile “rebus sic stantibus” a quella del giudicato (Cass., 26/03/2015, n. 6132; Cass., 07/02/2017, n. 3192).

2. Tanto premesso in via pregiudiziale, va considerato, nel merito, che, con il primo motivo di ricorso, A.A. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 315 bis, 336 bis e 337 octies c.c., art. 12 della Convenzione di New York e art. 6 della Convenzione di Strasburgo sui diritti dei minori, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1. Il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello, in violazione delle disposizioni succitate, non abbia inteso disporre l’audizione quanto meno di Ac.As., la più grande dei due figli delle parti in causa, sebbene la medesima avesse già compiuto gli (OMISSIS) anni e fosse, quindi, perfettamente in grado di esprimersi in ordine all’affidamento all’uno o all’altro genitore.

1.2. Il mezzo è fondato.

1.2.1. Va osservato, al riguardo, che l’audizione dei minori, già prevista nell’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino ed, in particolare, in quelle relative al loro affidamento ai genitori, ai sensi dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la L. n. 77 del 2003, nonchè dell’art. 315-bis c.c. (introdotto dalla L. n. 219 del 2012) e degli artt. 336-bis e 337-octies c.c. (inseriti dal D.Lgs. n. 154 del 2013, che ha altresì abrogato l’art. 155-sexies c.c.).

L’ascolto del minore di almeno (OMISSIS) anni, e anche di età minore ove capace di discernimento, costituisce, pertanto, una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonchè elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse. Costituisce, pertanto violazione del principio del contraddittorio e dei principi del giusto processo il mancato ascolto che non sia sorretto da espressa motivazione sull’assenza di discernimento che ne può giustificare l’omissione, in quanto il minore è portatore di interessi contrapposti e diversi da quelli del genitore, in sede di affidamento e diritto di visita e, per tale profilo, è qualificabile come parte in senso sostanziale (Cass. Sez. U., 21/10/2009, n. 22238; Cass., 26/03/2015, n. 6129; Cass., 07/05/2019, n. 12018; Cass., 30/07/2020, n. 16410).

1.2.2. Ne discende che in tutti i procedimenti previsti dall’art. 337 bis c.c., laddove si assumano provvedimenti in ordine alla convivenza dei figli con uno dei genitori, l’audizione del minore infradodicenne, capace di discernimento, costituisce adempimento previsto a pena di nullità, in relazione al quale incombe sul giudice un obbligo di specifica e circostanziata motivazione, tanto più necessaria quanto più l’età del minore si approssima a quella dei dodici anni, oltre la quale subentra l’obbligo legale dell’ascolto. E ciò, non solo se ritenga il minore infradodicenne incapace di discernimento ovvero l’esame manifestamente superfluo o in contrasto con l’interesse del minore, ma anche qualora il giudice opti, in luogo dell’ascolto diretto, per un ascolto effettuato nel corso di indagini peritali o demandato ad un esperto al di fuori di detto incarico. L’ascolto diretto del giudice dà, per vero, spazio alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda, mentre la consulenza è indagine che prende in considerazione una serie di fattori quali, in primo luogo, la personalità, la capacità di accudimento e di educazione dei genitori, la relazione in essere con il figlio (Cass., 24/05/2018, n. 12957; Cass., 29/09/2015, n. 19327).

1.2.3. Premesso quanto precede, deve ritenersi che, nel caso concreto, il giudice di appello non si sia conformato ai principi di diritto suesposti. La Corte territoriale, invero, pur avendo affermato che l’ascolto dei minori costituisce “uno degli strumenti di maggiore incisività al fine del conseguimento dell’interesse dei medesimi”, ha dipoi escluso – in maniera del tutto incongrua ed in violazione delle disposizioni nazionali ed internazionali succitate – l’audizione anche della minore Ac.As., benchè la medesima (oggi (OMISSIS), essendo nata nel (OMISSIS)) avesse già superato gli undici anni, e fosse, quindi, molto vicina ai dodici anni, al compimento dei quali subentra l’obbligo legale dell’ascolto.

Il giudice di secondo grado – senza motivare in alcun modo in ordine alla concreta capacità di discernimento della minore in questione – si è limitato ad operare un generico riferimento “allo stato dei rapporti tra le parti di estrema tensione e accesa contrapposizione o di elevata conflittualità”, onde inferirne, in via presuntiva, la possibilità di “gravi contraccolpi psicologici” che l’audizione potrebbe comportare per la medesima, che si verrebbe a trovare “nella difficile condizione di schierarsi con l’uno o l’altro dei genitori”. Di più, ad avviso della Corte, l’adempimento in questione “non determina in ogni caso l’obbligo per il giudice di conformarsi alle indicazioni del minore, giacchè la valutazione complessiva del suo superiore interesse potrebbe indurre il giudicante a discostarsene”.

1.2.4. Tali argomentazioni si pongono evidentemente in contrasto con il principio suesposto, secondo cui il minore costituisce una parte sostanziale del procedimento diretto a stabilire le modalità di affidamento, per cui, essendo portatore di interessi contrapposti e diversi da quelli dei genitori, ha diritto di esporre le proprie ragioni nel corso del processo, a contatto diretto con l’organo giudicante.

La Corte – senza, peraltro, addurre specifici motivi per i quali l’audizione di As. fosse da considerarsi pregiudizievole per la stessa, poichè, in ipotesi, portatrice di eventuali disturbi della personalità che ne sconsigliavano l’esame, o perchè in concreto suggestionata o suggestionabile, ovvero pressata o condizionata dall’uno o dall’altro genitore, o per altre plausibili e concrete ragioni, e senza escluderne in alcun modo la capacità di discernimento – si è limitata alle suesposte generiche considerazioni circa la situazione conflittuale tra le parti, peraltro sussistente in tutti i procedimenti di cui all’art. 337 bis c.c., ed alla necessità per la medesima di prendere posizione a favore dell’uno o dell’altro genitore. In tal modo, il giudice di appello ha mostrato di non considerare affatto che non è certo questa la finalità essenziale dell’audizione, essendo tale adempimento finalizzato, per contro, a garantire il diritto del minore di rappresentare al giudice le proprie considerazioni e le proprie esigenze in ordine alle modalità dell’affidamento.

1.2.5. Nè la Corte territoriale avrebbe potuto – come invece ha fatto – escludere l’audizione di As., in base alla considerazione che le sue dichiarazioni non sarebbero state comunque vincolanti per l’organo giudicante, che ben avrebbe potuto discostarsene, tenuto conto della capacità effettiva di discernimento della medesima e dei possibili condizionamenti subiti da parte dei genitori. E’, invero, di chiara evidenza che una decisione sul se attenersi o meno a quanto dichiarato dalla minore avrebbe potuto essere correttamente emessa dalla Corte solo all’esito dell’audizione di quest’ultima, valutando gli elementi probatori – in ipotesi – emersi da siffatta audizione, e tenendo conto di eventuali incertezze e incongruità del narrato dovute all’età, nonchè agli eventuali condizionamenti in concreto ricevuti da uno o da entrambi i genitori.

1.3. Per le ragioni esposte, il primo motivo di ricorso deve essere accolto.

2. Resta assorbito il secondo motivo, avente ad oggetto la mancata ammissione dei mezzi istruttori, con riferimento alla collocazione dei minori presso l’uno o l’altro genitore, alle condotte dei genitori nei confronti dei figli, ed alle determinazioni economiche relative al loro mantenimento.

3. L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio della causa alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame del merito della controversia, facendo applicazione dei principi di diritto suesposti, e provvedendo, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

PQM

Accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo

accolto; rinvia alla causa alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Dispone, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, che in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2021

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