Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14738 del 14/07/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 14738 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

Data pubblicazione: 14/07/2015

SENTENZA
sul ricorso 19385-2014 proposto da:
API – ANONIMA PETROLI ITALIANA SPA, in persona
dell’Amministratore Delegato, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA CONDOn I 91, presso lo studio dell’avvocato FELICE
PATRIZI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
FERDINANDO CARABBA 1 ETTAMANTI giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente contro
SALATINO GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA COLA DI RIENZO 85, presso lo studio dell’avvocato

3o ut
)5

L

RAFFAELE ANTONIO CARITO, rappresentato e difeso dagli
avvocati GIANCARLO GIARDINO, VITO DETTOLE giusta
procura speciale in calce al controricorso;
– controricortente –

SEZIONE DISTACCATA di PUTIGNANO del 3/06/2013,
depositata il 10/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;
udito l’Avvocato Felice Patrizi difensore della ricorrente che ha chiesto
raccoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Giancarlo Giardino difensore del controricorrente
che si riporta agli scritti e chiede il rigetto del ricorso.

Ric. 2014 n. 19385 sez. M3 – ud. 20-04-2015
-2-

avverso la sentenza n. 179/2013 del TRIBUNALE di BARI

R.g.n. 19385-14 (ud. 20.4.2015)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. Nel maggio del 2006 la API-Anonima Petroli s.p.a. conveniva in
giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Putignano Giuseppe Salatino ed esponeva:
a) di avere stipulato con la parte convenuta il 24 luglio 2003 un contratto di
fornitura di gas GPL e di concessione in comodato di un impianto, costituito da
un serbatoio e dalle attrezzature accessorie, in funzione della relativa
immissione del gas oggetto della fornitura;
b) che, in forza di clausola contrattuale, la parte convenuta si obbligava a
consentire il collocamento dell’impianto sul suo immobile e a non rimuoverlo
senza il consenso dell’attrice;
c) che la durata del contratto veniva pattuita per due anni decorrenti dal
primo rifornimento di gas, con previsione di tacito rinnovo per eguale periodo,
in mancanza di disdetta a favore di ognuna delle parti, da inviarsi tre mesi prima
della scadenza, mentre il recesso veniva stabilito, sempre a favore di ognuna, per
sopravvenuti ed imprevedibili gravi motivi;
d) che, nel caso di cessazione del contratto, la società attrice si impegnava
alla rimozione dell’impianto a spese dell’utente, salva la facoltà di acquisto da
parte di costui ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n. 32 del 1998;
e) che alla data di scadenza (indicata nel 23 luglio 2005) del primo biennio
di durata dalla prima fornitura il contratto si era tacitamente rinnovato per
mancanza di disdetta;
f) che essa attrice, dopo aver constatato che il serbatoio era stato rimosso
dalla sede di installazione sulla proprietà dell’utente e sostituito con altro di
diverso fornitore, aveva, con propria raccomandata del 28 aprile 2005, intimato
inutilmente al convenuto di risistemarlo in loco e di far fronte agli obblighi
derivanti dal contratto di fornitura quanto all’approvvigionamento del gas,
significando peraltro che l’ultima fornitura di gas era avvenuta il 28 settembre
2004;
3
Est. Cons. aff.

rasca

,

R.g.n. 19385-14 (ud. 20.4.2015)

g) che con lettera del 13 maggio 2005 l’utente aveva dichiarato di non voler
più utilizzare l’impianto e richiesto alla società di ritirarlo.
§1.1. Sulla base di tali allegazioni la società attrice chiedeva innanzitutto
accertarsi che il contratto si era rinnovato tacitamente per il secondo biennio di
durata e che la parte convenuta era inadempiente avendo proceduto alla
declaratoria della risoluzione del contratto per il duplice inadempimento della
parte convenuta, rappresentato dalla rimozione dell’impianto e dalla cessazione
della fornitura, e la sua condanna al risarcimento del danno da lucro cessante
derivato dal mancato guadagno per il periodo dall’ultima richiesta di
somministrazione di gas sino alla data di scadenza derivante dalla tacita
rinnovazione, nonché del danno emergente derivante dal costo delle operazioni
di ritiro del serbatoio e di ripristino della sua funzionalità.
§2. Nella costituzione della parte convenuta, che assumeva l’infondatezza
della domanda, il Giudice di Pace, con sentenza del luglio del 2007, sulla base
delle sole produzioni documentali delle parti, riteneva fondata la domanda di
risoluzione del contratto e riconosceva alla società attrice soltanto parzialmente
il danno da lucro cessante.
§3. La sentenza veniva appellata dall’utente dinanzi al Tribunale di Bari,
Sezione Distaccata di Putignano, e, nella resistenza della società, il Tribunale,
con sentenza n. 179 del 2013, in accoglimento dell’appello, riformava la
sentenza di primo grado e rigettava le domande proposte dall’API con gravame
delle spese di due gradi di merito.
§4. Avverso la sentenza l’API ha proposto ricorso per cassazione affidato a
quattro motivi.
Ha resistito con controricorso l’utente.
§5. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4
Est. Cons. affaé1èFrasca

rimozione ed al distacco dell’impianto. In conseguenza domandava la

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§1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia “violazione e falsa
applicazione degli artt. 1362 c.c., 1363 c.c. e 1369 c.c. in relazione all’art. 360 n.
3 c.p.c.”.
Il motivo si duole che il Tribunale abbia ricondotto il rapporto contrattuale

aveva fatto il Giudice di Pace, a quella del contratto misto.
Nell’illustrazione ci si diffonde sulle ragioni per cui il Tribunale avrebbe
errato e, nella prospettazione conclusiva, si assume che, se il rapporto fosse stato
qualificato come contratto misto il Tribunale, nella ricerca delle norme
giuridiche destinate a regolarlo, avrebbe dovuto applicare il principio di c.d.
prevalenza dei caratteri di una figura contrattuale tipica e, conseguentemente,
avrebbe dovuto reputare’ applicabile la disciplina del contratto di
somministrazione.
§1.2. Il motivo — come, del resto, ha anche eccepito parte resistente – è
inammissibile, perché non si correla all’effettiva motivazione della sentenza
impugnata.
E’ vero, infatti, che il Tribunale, come emerge dalle pagine 7-8 della
sentenza impugnata, dopo aver riferito del dibattito fra le parti in ordine alla
qualificazione del contratto e della prospettazione dell’appellante che il rapporto
sarebbe stato riconducibile alla figura del collegamento negoziale e non a quella
del contrato misto, come sostenuto dal primo giudice e dalla società, ha preso
posizione sulla questione di qualificazione, adducendo l’esattezza di quella
dell’appellante.
Senonché il Tribunale, dopo avere brevemente dichiarato la sua opzione
per la qualificazione in termini di collegamento negoziale, ha scritto
testualmente innanzitutto che <>.
§1.3. Ebbene, con tale motivazione il Tribunale, assumendo di essere stato
investito di un apposito motivo di appello dall’utente riguardo alla decisione di
primo grado che aveva qualificato il rapporto contrattuale come contratto misto
ha espressamente motivato che detto motivo era inammissibile perché non
diretto ad ottenere alcun effetto sulla sentenza impugnata. Tale affermazione
implicava, in sostanza, che, poiché l’esattezza della specifica qualificazione del
rapporto da parte del giudice di pace, si palesava del tutto ininfluente ai fini
della valutazione della sussistenza dell’inadempimento, ritenuta dal giudice
onorario, ne derivava la conseguenza che, non avendo determinato il tenore
della decisione su quel punto, non poteva la relativa questione assumere rilievo
per censurarla. In pratica, il Tribunale ha affermato, a torto o a ragione è
irrilevante, che, in quanto la doglianza spiegata dall’utente circa la
qualificazione del rapporto contrattuale era stata ininfluente sulla decisione del
Giudice di Pace di Putignano ai fini della individuazione dell’inadempimento
dell’utente che egli aveva ravvisato, la critica svolta dall’utente appellante
riguardo a quella qualificazione per negare la sussistenza del suo, inadempimento
6
Est. ConsXRaffaNe Frasca

cadent.>>. Quindi, il Tribunale ha così continuato: <> l’utente <>.
Ora, con tale motivazione il Tribunale ha rilevato che il primo giudice
aveva negato l’inadempimento da mancato acquisto di GPL e che sul punto non
vi era stata impugnazione incidentale.
Di tanto il motivo in esame non tiene conto e, poiché la motivazione del
Tribunale si riferisce necessariamente (al lume della motivazione di rigetto della
11
Est. Cons. Rffa1e Frasca

in pendenza del rapporto contrattuale. Se il rapporto è cessato il pregresso

R.g.n. 19385-14 (ud. 20.4.2015)

domanda di risoluzione) all’inadempimento dedotto per il periodo comunque
anteriore alla prospettata e negata rinnovazione tacita, si palesa la mancanza di
pertinenza del motivo con la motivazione della sentenza quanto al profilo in
esame.
§2.1.3. Per le plurime ragioni esposte va dichiarata l’inammissibilità

§3. Con il terzo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione degli
artt. 1560 c.c., 1564 c.c., 1375 c.c. e 1223 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3
c.p.c.”.
Nell’illustrazione si deduce che il tribunale <> (cioè all’inizio

dell’illustrazione del motivo precedente) avrebbe violato le norme indicate
<> dell’utente <>.
In tal modo, il motivo sembrerebbe prospettare la violazione delle norme
de quibus con riferimento al rigetto della domanda di risoluzione per
inadempimento ed ai danni conseguenti alla risoluzione.
Tuttavia, dopo la riproduzione delle dette norme, ricorda che <>. In tal modo il motivo prospetta la rilevanza
della questione che poi discute anche per il periodo anteriore alla tacita
rinnovazione esclusa dal Tribunale.
La questione che viene, poi, illustrata è che nella specie sarebbe stato
applicabile l’art. 1560 c.c., dovendosi, secondo la logica del carattere di
contratto misto del rapporto contrattuale dare rilevanza prevalente alla figura
della somministrazione. Ne sarebbe derivato che, non essendo stato pattuito un
quantitativo minimo di GPL da acquistarsi da parte dell’utente, egli sarebbe
12
Est. Cons. Ra

Frasca

manifesta del secondo motivo.

R.g.n. 19385-14 (ud. 20.4.2015)

stato comunque tenuto ad acquistare in misura «corrispondente al normale
fabbisogno>>, secondo la formula dell’art. 1560 c.c. Tale esegesi troverebbe poi
conferma nella clausola n. 3 del contratto, secondo la quale: «l’API si impegna
a fornire di GPL l’impianto descritto per il quantitativo richiesto dall’utente;
(…) le parti convengono di comune accordo, in relazione alle esigenze di

necessarie all’API, al solo fine di garantire la fornitura idonea a soddisfare il
fabbisogno nel periodo richiesto la fissazione di un quantitativo che, ai soli fini
previsionali, è stabilito in litri 1.500…>>. Secondo la ricorrente l’utente era
«libero di acquistare un quantitativo superiore o inferiore>> a quanto previsto
da tale clausola, «fermo però il suo obbligo di acquistare quanto occorrente al
suo reale fabbisogno, non potendo certo sottrarsi arbitrariamente agli obblighi
contrattuali volontariamente assunti>>.
§3.1. Il motivo è privo di fondamento là dove individua un inadempimento
dell’utente giustificativo della risoluzione del rapporto, atteso che l’API ha agito
in un momento in cui il rapporto poteva pendere solo per effetto della
rinnovazione tacita negata dal Tribunale in ragione della vessatorietà ed
inefficacia della clausola di rinnovo tacito. Statuizione che l’API non ha
impugnato.
3.2. Il motivo è inammissibile là dove individua un inadempimento fonte di
risarcimento danno prima della maturazione della scadenza dell’originario
biennio di durata, cioè nella prospettazione per cui l’art. 1560 c.c. obbligava
l’utente a rifornirsi fino a quella scadenza del fabbisogno cui allude detta norma.
Invero, la sentenza impugnata, come s’è già veduto sopra, ha affermato di
condividere «quanto sostenuto dallo stesso giudice di prime cure (ed il punto
della decisione non è stato oggetto di impugnazione incidentale da parte
dell’API, sicché non è passibile di modifiche),>> cioè che l’utente «non era
tenuto ad acquistare un quantitativo minimo di GPL (pag. 7 della sentenza
gravata)>>, ed ha, quindi, concluso che «pertanto le uniche condotte che
13
Est. Cons. RffaeJFrasca

approvvigionamento espresse dall’utente ed a quelle di programmazione

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potrebbero integrare inadempimento sono costituite dalla cessazione anticipata
della fornitura e dal distacco e rimozione del serbatoio>>.
Non è dato comprendere come l’API possa pretendere di discutere in
questo giudizio di legittimità del non avere erroneamente ritenuto la sentenza
impugnata che l’art. 1560 c.c. giustificava l’esistenza dell’obbligo dell’utente di

affermato che si era formato giudicato interno sulla decisione del Giudice di
Pace di esclusione dell’obbligo di acquistare un quantitativo minimo di GPL.
D’altro canto, l’API si astiene dal prospettare e spiegare come e perché la
questione dell’applicabilità dell’art. 1560 c.c. fosse stata parte del giudizio di
appello e come ne fosse stato investito il Tribunale.
Gli svolti rilievi di inammissibilità rendono del tutto superfluo considerare
gli argomenti contrari all’applicabilità dell’art. 1560, prospettati dalla parte
resistente sulla base della evocazione della disciplina dell’art. 10 del d.lgs. n. 32
del 1998.
Il motivo è dichiarato inammissibile.
§4. Con un quarto motivo ci si duole di “violazione e falsa applicazione
degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”.
In disparte l’evocazione del parametro dell’art. 360 n. 3 c.p.c. anziché di
quello del n. 4 dell’art. 360, che sarebbe stato pertinente, essendosi denunciata la
violazione di norme del procedimento, si rileva che:
aa) la censura di violazione dell’art. 91, prospettata sotto il profilo che vi

sarebbe stata soccombenza virtuale dell’utente in quanto il suo motivo di appello
sulla qualificazione del contratto era stato considerato inammissibile ed il
Tribunale aveva ritenuto esistente un suo inadempimento riguardo al distacco
dell’impianto, non considera che ai fini dell’applicazione del principio di
soccombenza rileva l’esito finale della lite davanti al giudice che provvede sulle
spese: tale esito ha visto rigettata la domanda di accertamento della durata del
contratto per un secondo biennio e negato in conseguenza l’inadempimento
14
Est. Cons. affaele Frasca

acquistare secondo il suo fabbisogno, una volta che essa ha espressamente

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rappresentato dal mancato rispetto da parte dell’utente del conseguente vincolo
contrattuale, mentre il Tribunale ha rigettato la domanda relativa al problema del
distacco negando che fosse stato dimostrato un danno;
bb) la censura di violazione dell’art. 92 c.p.c., prospettata sia sulla base

dell’esistenza di ragioni di compensazione delle spese per la reciproca
introdotta la questione dell’inefficacia della clausola di rinnovo tacito solo in
appello, si scontra non solo, quanto al primo aspetto con l’inesistenza della
soccombenza reciproca per le ragioni indicate sub aa), sia con il principio di
diritto secondo cui <> (Cass. sez. un. n. 14989 del 2005; da ultimo
Cass. (ord.) n. 2784 del 2015; Cass. n. 17593 del 2014, fra tante).
§5. Conclusivamente il ricorso è rigettato.
§6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi
del d.m. n. 55 del 2014 nel minimo dello scaglione avuto riguardo al valore (e
non, come da nota spese, nel valore intermedio), atteso il carattere seriale della
controversia.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve
dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione alla parte
resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in E 1092,50, di cui
15
Est. Cons. kaffaele Frasca

soccombenza sia per l’esistenza di giusti motivi, rappresentati dall’essere stata

R.g.n. 19385-14 (ud. 20.4.2015)

duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai
sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
3, il 20 aprile 2015.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile-

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