Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14737 del 14/07/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 14737 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso 19383-2014 proposto da:
API – ANONIMA PETROLI ITALIANA SPA, in persona
dell’Amministratore Delegato, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA CONDOTTI 91, presso lo studio dell’avvocato FELICE
PATRIZI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
FERDINANDO CARABBA TETTAMANTI giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente contro
TATE° PASQUALE, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA
COLA DI RIENZO 85, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE

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5-5

Data pubblicazione: 14/07/2015

ANTONIO CARITO, rappresentato e difeso dagli avvocati
GIANCARLO GIARDINO, VITO DETTOLE giusta procura
speciale in calce al controricorso;

controricotrente

SEZIONE DISTACCATA di PUTIGNANO del 3/06/2013,
depositata il 06/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;
udito l’Avvocato Felice Patrizi difensore della ricorrente che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Giancarlo Giardino difensore del controricorrente
che si riporta agli scritti e chiede il rigetto del ricorso.

Ric. 2014 n. 19383 sez. M3 – ud. 20-04-2015
-2-

avverso la sentenza n. 167/2013 del TRIBUNALE di BARI

R.g.n. 19383-14 (ud. 20.4.2015)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
§1. Nell’aprile del 2006 la API-Anonima Petroli s.p.a. conveniva in
giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Putignano Pasquale Tateo ed esponeva:
a) di avere stipulato con la parte convenuta il 12 luglio 2002 un contratto di
un serbatoio e dalle attrezzature accessorie, in funzione della relativa
immissione del gas oggetto della fornitura;
b) che, in forza di clausola contrattuale, la parte convenuta si obbligava a
consentire il collocamento dell’impianto sul suo immobile e a non rimuoverlo
senza il consenso dell’attrice;
c) che la durata del contratto veniva pattuita per due anni decorrenti dal
primo rifornimento di gas, con previsione di tacito rinnovo per eguale periodo,
in mancanza di disdetta a favore di ognuna delle parti, da inviarsi tre mesi prima
della scadenza, mentre il recesso veniva stabilito, sempre a favore di ognuna, per
sopravvenuti ed imprevedibili gravi motivi;
d) che, nel caso di cessazione del contratto, la società attrice si impegnava
alla rimozione dell’impianto a spese dell’utente, salva la facoltà di acquisto da
parte di costui ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n. 32 del 1998;
e) che alla data di scadenza (13 luglio 2004) del primo biennio di durata
dalla prima fornitura il contratto si era tacitamente rinnovato per mancanza di
disdetta;
f) che con lettera dell’ 11 maggio 2005 l’utente aveva dichiarato di non
voler più utilizzare l’impianto e richiesto alla società di ritirarlo;
g) che essa attrice, dopo aver constatato che il serbatoio era stato rimosso
dalla sede di installazione sulla proprietà dell’utente e sostituito con altro di
diverso fornitore, aveva, con propria raccomandata, intimato inutilmente al
convenuto di risistemarlo in loco e di far fronte agli obblighi derivanti dal

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Est. Cons.

aele Frasca

fornitura di gas GPL e di concessione in comodato di un impianto, costituito da

R.g.n. 19383-14 (ud. 20.4.2015)

contratto di fornitura quanto all’approvvigionamento del gas, significando
peraltro che l’ultima fornitura di gas era avvenuta il 14 dicembre 2004.
§1.1. Sulla base di tali allegazioni la società attrice chiedeva innanzitutto
accertarsi che il contratto si era rinnovato tacitamente per il secondo biennio di
durata e che la parte convenuta era inadempiente avendo proceduto alla
declaratoria della risoluzione del contratto per il duplice inadempimento della
parte convenuta, rappresentato dalla rimozione dell’impianto e dalla cessazione
della fornitura, e la sua condanna al risarcimento del danno da lucro cessante
derivato dal mancato guadagno per il periodo dall’ultima richiesta di
somministrazione di gas sino alla data di scadenza derivante dalla tacita
rinnovazione, nonché del danno emergente derivante dal costo delle operazioni
di ritiro del serbatoio e di ripristino della sua funzionalità.
§2. Nella costituzione della parte convenuta, che assumeva l’infondatezza
della domanda, il Giudice di Pace, con sentenza del luglio del 2007, sulla base
delle sole produzioni documentali delle parti, riteneva fondata la domanda di
risoluzione del contratto e riconosceva alla società attrice soltanto parzialmente
il danno da lucro cessante.
§3. La sentenza veniva appellata dall’utente dinanzi al Tribunale di Bari,
Sezione Distaccata di Putignano, e, nella resistenza della società, il Tribunale,
con sentenza n. 168 del 2013, in accoglimento dell’appello, riformava la
sentenza di primo grado e rigettava le domande proposte dall’API con gravame
delle spese di due gradi di merito.
§4. Avverso la sentenza l’API ha proposto ricorso per cassazione affidato a
quattro motivi.
Ha resistito con controricorso l’utente.
§5. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
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Est. Cons.’Raffaele Frasca

rimozione ed al distacco dell’impianto. In conseguenza domandava la

R.g.n. 19383-14 (ud. 20.4.2015)

§1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia “violazione e falsa
applicazione degli artt. 1362 c.c., 1363 c.c. e 1369 c.c. in relazione all’art. 360 n.
3 c.p.c.”.
Il motivo si duole che il Tribunale abbia ricondotto il rapporto contrattuale
aveva fatto il Giudice di Pace, a quella del contratto misto.
Nell’illustrazione ci si diffonde sulle ragioni per cui il Tribunale avrebbe
errato e, nella prospettazione conclusiva, si assume che, se il rapporto fosse stato
qualificato come contratto misto il Tribunale, nella ricerca delle norme
giuridiche destinate a regolarlo, avrebbe dovuto applicare il principio di c.d.
prevalenza dei caratteri di una figura contrattuale tipica e, conseguentemente,
avrebbe dovuto reputare applicabile la disciplina del contratto di
somministrazione.
§1.2. Il motivo — come, del resto, ha anche eccepito parte resistente inammissibile, perché non si correla all’effettiva motivazione della sentenza
impugnata.
E’ vero, infatti, che il Tribunale, come emerge dalle pagine 7-8 della
sentenza impugnata, dopo aver riferito del dibattito fra le parti in ordine alla
qualificazione del contratto e della prospettazione dell’appellante che il rapporto
sarebbe stato riconducibile alla figura del collegamento negoziale e non a quella
del contrato misto, come sostenuto dal primo giudice e dalla società, ha preso
posizione sulla questione di qualificazione, adducendo l’esattezza di quella
dell’appellante.
Senonché il Tribunale, dopo avere brevemente dichiarato la sua opzione
per la qualificazione in termini di collegamento negoziale, ha scritto
testualmente innanzitutto che «sennonché l’opzione interpretativa non sposta i
termini della questione perché, sia nell’ipotesi di contratto misto che in quella
del collegamento negoziale così come inteso, il dedotto inadempimento alle
5
Est. Consi R1afae1e Frasca

intercorso fra le parti alla figura del c.d. collegamento negoziale e non, come

R.g.n. 19383-14 (ud. 20.4.2015)

obbligazioni gravanti sull’utente (nella specie, come dedotte dall’API, non
staccare e spostare l’impianto senza il consenso dell’API ed approvvigionarsi

della quota di GPL convenuta sino alla scadenza contrattuale), influenza tutta

l’operazione economica, perché si risolve nella impossibilità di proseguire il
rapporto di somministrazione, con applicazione della regola simul stabunt simul
giudice di pace di inquadrare l’operazione negoziale nella struttura del contratto
misto non muta la conseguenza cui pure questo giudicante ritiene di pervenire,
ossia la cessazione di entrambi i vincoli contrattuali ove l’inadempimento
dedotto assuma i caratteri della gravità, con conseguente pronuncia di
risoluzione in danno della parte inadempiente, il motivo di impugnazione
proposto dall’appellante è inammissibile perché non è diretto ad ottenere un
effetto specifico e particolare sulla decisione adottata>>.
§1.3. Ebbene, con tale motivazione il Tribunale, assumendo di essere stato
investito di un apposito motivo di appello dall’utente riguardo alla decisione di
primo grado che aveva qualificato il rapporto contrattuale come contratto misto
ha espressamente motivato che detto motivo era inammissibile perché non
diretto ad ottenere alcun effetto sulla sentenza impugnata. Tale affermazione
implicava, in sostanza, che, poiché l’esattezza della specifica qualificazione del
rapporto da parte del giudice di pace, si palesava del tutto ininfluente ai fini
della valutazione della sussistenza dell’inadempimento, ritenuta dal giudice
onorario, ne derivava la conseguenza che, non avendo determinato il tenore
della decisione su quel punto, non poteva la relativa questione assumere rilievo
per censurarla. In pratica, il Tribunale ha affermato, a torto o a ragione è
irrilevante, che, in quanto la doglianza spiegata dall’utente circa la
qualificazione del rapporto contrattuale era stata ininfluente sulla decisione del
Giudice di Pace di Putignano ai fini della individuazione dell’inadempimento
dell’utente che egli aveva ravvisato, la critica svolta dall’utente appellante
riguardo a quella qualificazione per negare la sussistenza del suo inadempimento
6
Est. Con

aele Frasca

cadent.>>. Quindi, il Tribunale ha così continuato: <>. (Cass. n. 11734 del 2004).
Tale orientamento era, del resto, risalente nel tempo.
In precedenza, si veda, infatti, l’affermazione del principio di diritto secondo
cui: <> (Cass. n. 2152 del 1998).
Tale decisione si conformava a Cass. n. 3161 del 1968, n. 2879 del 1974, n.
2276 del 1976, n. 6145 del 1978.
Successivamente e prima della sentenza del 2004, si veda Cass. n. 5131 del
2001.
Si veda ancora Cass. n. 6510 del 2001 per la chiara affermazione che <>.
§2.1.2. Parte ricorrente sostiene che il riferito orientamento sarebbe stato,
però, superato da Cass. n. 6314 del 2006, ma l’assunto è privo di fondamento.
10

Est. Cons.

ele Frasca

secondo comma, cod. civ., qualora non siano specificamente approvate per iscritto

R.g.n. 19383-14 (ud. 20.4.2015)

Detta sentenza, infatti, escluse la vessatorietà per il carattere di bilateralità
della clausola con riferimento non già ad una clausola di tacito rinnovo, bensì con
. riguardo ad una clausola di recesso. Tale esclusione (peraltro già affermata da Cass.
n. 541 del 1991) si spiega sulla base della lettera dell’art. 1341 c.c., mentre proprio
la stessa lettera di tale norma spiega l’irrilevanza al contrario della bilateralità a
proposito della clausola di rinnovazione tacita.
effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che
stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di
responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne
l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze,
limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale
nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole
compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria>›,
chiaramente contrappone:
a) ipotesi nelle quali si tratta di clausole il cui effetto si risolve
nell’attribuzione di una posizione vantaggiosa al contraente predisponente,
consistente nella previsione della legittimità di un suo comportamento (recesso,
sospensione dell’esecuzione) o della limitazione della sua soggezione alla
responsabilità;
b) ipotesi che invece si risolvono in un effetto che vien detto “a carico”
dell’altro contraente e che, come emerge dall’elencazione è rappresentato
dall’imposizione ad esso di particolari oneri comportamentali.
Ora, stante il riferimento delle prime ipotesi alla previsione che la clausola
sia prevista a vantaggio del predisponente è palese che, quando l’oggetto di
queste ipotesi è contemplato nel contratto sia a favore del predisponente che a
favore dell’altro contraente, la bilateralità della previsione si concreta in una
fattispecie che, concreandosi nella previsione dello stesso contenuto contrattuale
per i comportamenti di entrambe le parti, non può ritenersi compreso nella
previsione di vessatorietà. E ciò perché, se nel contratto il comportamentale
11

Est. Con Raffaele Frasca

§2.1.3. Invero tale norma, nello stabilire che <>.

§2.1.5. Va rilevato che nella memoria parte ricorrente, in replica alla parte
resistente, sostiene che, al contrario di quanto da essa dedotto nel controricorso,
non aveva alcun onere di dedurre che il rapporto inter partes non la vedeva nella
posizione di parte “forte”, dato che il Tribunale su tale questione non si era
soffermato.
Non essendovi stata censura su detta questione da parte della ricorrente è
palese che la discussione fra le parti riguarda una questione che in alcun modo fa
parte del motivo in esame e che, dunque, non dev’essere esaminata. Lo si rileva
non senza rimarcare che la stessa natura del rapporto e la qualità delle parti, ove
la questione si fosse dovuta esaminare, avrebbero evidenziato che l’utente
resistente riveste la posizione di parte debole.
§2.2. Con una seconda censura si assume che la motivazione resa dal
Tribunale per sostenere che il rapporto, in ragione dell’inefficacia della clausola
di tacito rinnovo, era cessato alla scadenza del primo biennio di durata, sarebbe
affetta da “contraddittorietà ed illogicità” rispetto all’affermazione che Esso ha
fatto nel senso che il distacco e la rimozione del serbatoio da parte dell’utente,
avvenuto dopo quella scadenza e fra l’ultima somministrazione di gas e la lettera
con cui egli chiedeva di provvedere al suo ritiro, aveva costituito “l’unica
violazione contrattuale addebitabile” ad esso in quanto contraria al disposto
dell’art. 2 del contratto. La contraddizione starebbe nel fatto che, per esserci
13
Est. Coni Raffaele Frasca

di un contratto per adesione, rientrano tra quelle sancite a carico del

R.g.n. 19383-14 (ud. 20.4.2015)

violazione di tale articolo del contratto quest’ultimo avrebbe dovuto essere
vigente.
§2.2.1. La censura, in disparte ogni valutazione circa l’incompatibilità di
una illogicità e contraddittorietà di motivazione nel vigore del nuovo art. 360 n.
5 c.p.c. (secondo la lettura datane da Cass. sez. un. n. 8053 e 8054 del 2014) e

sul punto, ad uno specifico diverso paradigma dell’art. 360, appare
inammissibile, perché non individua la parte della motivazione affetta dalla
pretesa contraddittorietà.
§2.2.2. Se, d’altro canto, superando tale mancata individuazione, si
procedesse a ricercare nella sentenza impugnata un dictum cui la censura si
potrebbe correlare, non lo si rinverrebbe.
Infatti, a pagina 9 la sentenza, dopo aver riferito la motivazione della
sentenza del giudice di pace, dice che essa non è condivisibile, perché “a tutto
voler concedere l’unico inadempimento imputabile” all’utente riguarda il
distacco del serbatoio e la sua rimozione, in quanto attività compiuta in
violazione dell’art. 2 del contratto, ma tale affermazione — accompagnata anche
da quella che non si sarebbe trattato di inadempimento giustificativo della
risoluzione — è fatta prima dell’enunciazione della successiva e decisiva
motivazione di accertamento dell’inefficacia della clausola di tacito rinnovo e,
quindi, della cessazione del rapporto alla scadenza del primo biennio. Inoltre, a
pag. 15 la sentenza successivamente alla valutazione espressa circa la scadenza
del contratto per l’inefficacia della clausola, dice che non è stato provato il
danno emergente per l’essere stato distaccato il serbatoio dall’utente anziché
dall’API, così mostrando di ritenere che tale comportamento potesse
astrattamente essere considerato fonte di danno.
Ora, l’affermazione di scadenza del contratto alla data di decorso del primo
biennio e quella astratta di responsabilità dell’utente per il distacco, sebbene
avvenuto dopo di essa, non sono affatto fra loro in contraddizione, atteso che,
14
Est. Coi. R.ffae1e Frasca

dovendosi, altresì, constatare che nemmeno essa risulta ricondotta, nel silenzio

R.g.n.. 19383-14 (ud. 20.4.2015)

pur cessato il contratto alla scadenza del primo biennio, a causa dell’inefficacia
della clausola di tacito rinnovo, il serbatoio era comunque rimasto nel
I godimento dell’utente. Tale godimento era divenuto certamente non più
giustificato dalla pendenze del contratto, ma ciò non toglie che, riguardo ad
esso, l’utente vedeva regolata la sua obbligazione restitutoria sempre dalla
alla cessazione della locazione nel senso che l’utente non poteva procedere
comunque di sua iniziativa al distacco.
Si aggiunga che le parti non hanno discusso in sede di merito in alcun
modo di una possibile incidenza dell’effettuazione di un’ultima fornitura di gas
mediante immissione nell’impianto dopo la scadenza del primo biennio di durata
ai fini di poter ritenere continuato comunque il rapporto sulla base di una
rinnovazione avvenuta per fatto concludente. La domanda dell’API non era in
alcun modo basata su simile prospettazione e nemmeno essa è stata introdotta —
salvo verificare se avrebbe potuto esserlo e salva ogni diversa spiegazione della
fornitura successiva alla scadenza del primo biennio – a fronte della postulazione
con l’appello dell’utente dell’inefficacia della clausola.
§2.2.3. Anche la seconda censura del secondo motivo è inammissibile.
§3. Con il terzo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione dell’art.
10, comma 1, D.Lgs. 32/98, nonché degli artt. 1560 c.c., 1564 c.c., 1375 c.c. e
1223 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.”.
Il motivo pertiene alla valutazione espressa dal Tribunale nelle pagine 10Il a proposito del modo in cui il contratto, al lume della norma del d.lgs.
indicato, avrebbe dovuto regolare la posizione dell’utente in ordine al
quantitativo di gas da fornire.
§3.1. Senonché anche in tal caso si critica un’opinione espressa dal giudice
d’appello prima di enunciare la ratio decidendi decisiva riguardo alla cessazione
del rapporto contrattuale alla scadenza del primo biennio, sicché il motivo è
inammissibile in quanto non concerne un problema che ha acquisito rilevanza ai
15
Est. Colis. RTae1e Frasca

previsione contrattuale. Essa regolava l’obbligazione restitutoria conseguente

R.g.n. 19383-14 (ud. 20.4.2015)

fini dell’esito dell’appello. Ciò è tanto vero che a pagina 15 della memoria la
ricorrente scrive espressamente che l’accertamento svolto dal Tribunale
<>.
Il motivo è, pertanto, inammissibile.
degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”.
In disparte l’evocazione del parametro dell’art. 360 n. 3 c.p.c. anziché di
quello del n. 4 dell’art. 360, che sarebbe stato pertinente, essendosi denunciata la
violazione di norme del procedimento, si rileva che:
aa) la censura di violazione dell’art. 91, prospettata sotto il profilo che vi

sarebbe stata soccombenza virtuale dell’utente in quanto il suo motivo di appello
sulla qualificazione del contratto era stato considerato inammissibile ed il
Tribunale aveva ritenuto esistente un suo inadempimento riguardo al distacco
dell’impianto, non considera che ai fini dell’applicazione del principio di
soccombenza rileva l’esito finale della lite davanti al giudice che provvede sulle
spese: tale esito ha visto rigettata la domanda di accertamento della durata del
contratto per un secondo biennio e negato in conseguenza l’inadempimento
rappresentato dal mancato rispetto da parte dell’utente del conseguente vincolo
contrattuale, mentre il Tribunale ha rigettato la domanda relativa al problema del
distacco negando che fosse stato dimostrato un danno;
bb) la censura di violazione dell’art. 92 c.p.c., prospettata sia sulla base

dell’esistenza di ragioni di compensazione delle spese per la reciproca
soccombenza sia per l’esistenza di giusti motivi, rappresentati dall’essere stata
introdotta la questione dell’inefficacia della clausola di rinnovo tacito solo in
appello, si scontra non solo, quanto al primo aspetto con l’inesistenza della
soccombenza reciproca per le ragioni indicate sub aa), sia con il principio di
diritto secondo cui <> (Cass. sez. un. n. 14989 del 2005; da ultimo
§5. Conclusivamente il ricorso è rigettato.
§6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi
del d.m. n. 55 del 2014 nel minimo dello scaglione avuto riguardo al valore (e
non, come da nota spese, nel valore intermedio), atteso il carattere seriale della
controversia.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve

dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione alla parte
resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 1092,50, di cui
duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai
sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile3 il 20 aprile 2015.

Cass. (ord.) n. 2784 del 2015; Cass. n. 17593 del 2014, fra tante).

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