Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14731 del 05/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 05/07/2011, (ud. 17/05/2011, dep. 05/07/2011), n.14731

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 471-2008 proposto da:

C.F., C.L., C.R., C.M.

P., nella qualità di eredi di C.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DELLA STAZIONE DI MONTE MARIO 9, presso lo

studio dell’avvocato GULLO ALESSANDRA, rappresentati e difesi

dall’avvocato MAGARAGGIA GIUSEPPE, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati VALENTE NICOLA,

GIANNICO GIUSEPPINA, RICCIO ALESSANDRO, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI ALESSANO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2275/2006 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 18/12/2006 r.g.n. 3392/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/05/2011 dal Consigliere Dott. GABRIELLA COLETTI DE CESARE;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA per delega ALESSANDRO RICCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine rigetto.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Lecce ha riconosciuto il diritto di C.A. e, per esso, dei suoi eredi, all’indennità di accompagnamento – beneficio non confermato in sede di revisione nel giugno 2000 – a decorrere dal 1 gennaio 2002 (anzichè, come richiesto dall’istante, dal tempo della mancata conferma), condannando quindi l’INPS alla relativa erogazione da tale data.

Per la cassazione di questa sentenza C.M.P., C. R., C.L. e C.F., nella qualità, hanno proposto ricorso affidato a due motivi. L’INPS resiste con controricorso. Il Comune di Alessano, anch’esso intimato, non ha svolto attività difensiva.

Motivazione Semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Nel primo motivo si censura la sentenza per vizio di motivazione, sostenendo i ricorrenti che la valutazione relativa al momento di insorgenza dello stato invalidante tutelabile non è stata eseguita con la “massima precisione” e manca dell’esame sia della documentazione sanitaria versata in atti (dalla quale emergeva resistenza, fin dal 2000, delle condizioni richieste per il riconoscimento del beneficio), sia delle critiche mosse in appello al giudizio diagnostico espresso da c.t.u. di primo grado e confermato da quello designato dalla Corte di merito.

2. Nel secondo motivo si deduce violazione della L. n. 18 del 1980, art. 1 della L. n. 508 del 1988 e del D.Lgs. n. 509 del 1988, art. 6 e si assume che le valutazioni espresse dal giudice d’appello non tengono conto della “ratio” delle norme che disciplinano l’indennità di accompagnamento e che, richiedono, per la sua attribuzione, non già l’impossibilità, bensì la persistente difficoltà di deambulazione e di espletamento degli atti della vita quotidiana, compresi quelli della cd. “vita sociale o di relazione”.

3. Il ricorso non è fondato.

4. Quanto al primo motivo, è sufficiente rilevare che la Corte di merito ha disposto una nuova c.t.u., espressamente motivando tale rinnovazione con la necessità di tener conto delle osservazioni critiche formulate dall’appellante alla consulenza di primo grado e dei documenti da costui prodotti; altrettanto sorretta da esplicita ed adeguata motivazione è l’affermazione di condivisione delle conclusioni del designato c.t.u. (dott. M.M.) quanto al momento in cui si era realizzata la condizione di non autosufficienza richiesta dalla legge per il conseguimento del beneficio reclamato in giudizio, specificando la sentenza impugnata che si trattava di conclusioni espresse in esito alla rilevata mancanza in atti di documentazione idonea a smentire, almeno fino alla fine de 2001, il giudizio di miglioramento formulato dalla competente Commissione medica nel 2000 in sede di revisione (e che aveva portato alla revoca del beneficio).

In realtà, le censure alla c.tu. esposte in ricorso non solo non risultano formulate già dinanzi a giudice a qua, com’era onere dei ricorrenti (vedi, da ultimo, Cass. n. 10222 del 2009), ma si risolvono nel contrapporre le valutazioni della parte circa l’entità e l’incidenza del dato patologico al diverso giudizio diagnostico espresso dall’ausiliare tecnico, e, per ciò stesso, in un’ inammissibile critica del convincimento del giudice (che tale diagnosi ha condiviso), posto che i ricorrenti, pur facendo cenno all’esistenza, in atti, di documentazione sanitaria specialistica attestante la condizione di non autosufficienza (anche) nel periodo escluso dalla relazione di consulenza, si limitano a citare, a tal fine (tra l’altro senza neppure trascriverne in ricorso il contenuto), il verbale della Commissione medica risalente al giugno 2000 e un referto di visita neurologica ancora precedente ((OMISSIS)), ossia documenti già valutati dal c.t.u. come attestanti un, sia pur transitorio, miglioramento delle condizioni neurologiche e psichiatriche dell’invalido.

5. Parimenti non fondata è la questione posta nel secondo motivo, dal momento che la più recente giurisprudenza di questa Corte (cfr.

Cass. n. 26092 del 2010; n. 12521 del 2009; n. 10281 del 2003). che qui si condivide, interpreta la L. 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1 (nel testo modificato dalla L. 21 novembre 1988, n. 508, art. 1, comma 2) nel senso che le condizioni ivi previste per l’attribuzione dell’indennità di accompagnamento consistono, alternativamente, nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure nell’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con la conseguente necessità di assistenza continua; requisiti, quindi, diversi e più rigorosi della semplice difficoltà di deambulazione o di compimento di atti della vita quotidiana e configuranti impossibilità.

6. In conclusione il ricorso va rigettato.

7. I soccombenti non sono condannati al pagamento delle spese del giudizio di cassazione nei confronti dell’INPS ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo vigente prima delle modifiche introdotte dal D.L. n. 269 del 2003 (convertito nella L. n. 326 del 2003), nella specie inapplicabile ratione temporis.

8. Nulla deve disporsi nei confronti del Comune di Alessano, in difetto di attività difensiva dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2011

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