Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14730 del 05/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 05/07/2011, (ud. 17/05/2011, dep. 05/07/2011), n.14730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4270-2008 proposto da:

F.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

STAZIONE DI MONTE MARIO 9, presso lo studio dell’avvocato GULLO

ALESSANDRA, rappresentata e difesa dall’avvocato MAGARAGGIA GIUSEPPE,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, GIANNICO GIUSEPPINA, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI MATINO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1889/2007 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 04/10/2007 R.G.N. 3324/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/05/2011 dal Consigliere Dott. GABRIELLA COLETTI DE CESARE;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA per delega RICCIO ALESSANDRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Lecce, accogliendo parzialmente la domanda di F.L., respinta in primo grado, ha riconosciuto il diritto dell’istante all’indennità di accompagnamento, ma solamente dal 1 gennaio 2007, condannando quindi l’INPS alla erogazione del beneficio da tale data.

Per la cassazione di questa sentenza la F. ha proposto ricorso affidato a due motivi. L’INPS resiste con controricorso. Il Comune di Matino, anch’esso intimato, non ha svolto attività difensiva.

Motivazione Semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Nel primo motivo si censura la sentenza per vizio di motivazione in relazione alla L. n. 18 del 1980, art. 1 alla L. n. 508 del 1988 e al D.Lgs. n. 509 del 1988, art. 6 sostenendo la ricorrente che la valutazione relativa al momento di insorgenza dello stato invalidante tutelabile non è stata eseguita con la “massima precisione” e non tiene conto delle critiche mosse in appello al giudizio (di non invalidità) espresso dal c.t.u. di primo grado.

2. Nei secondo motivo, sempre con denuncia di violazione delle indicate norme di legge, si sostiene che la Corte di merito ha espresso valutazioni che non tengono conto della “ratio” delle norme che disciplinano l’indennità di accompagnamento e che richiedono, per la sua attribuzione, non già l’impossibilità, bensì la persistente difficoltà di deambulazione o di espletamento degli atti della vita quotidiana, compresi quelli della cd. “vita sociale o di relazione”.

3. Il ricorso non è fondato.

4. Quanto al primo motivo, è sufficiente rilevare che la Corte di merito ha disposto una nuova c.t.u. espressamente motivando tale rinnovazione con la necessità di tener conto delle osservazioni critiche formulate dall’appellante alla consulenza di primo grado e dei documenti da costei prodotti; altrettanto sorretta da esplicita ed adeguata motivazione è l’affermazione di condivisione delle conclusioni del designato c.t.u. (dott. B.T.) quanto al momento in cui si era realizzata la condizione di non autosufficienza richiesta dalla legge per il conseguimento del beneficio reclamato in giudizio, specificando la Corte di merito che si trattava di conclusioni espresse sulla base della documentazione sanitaria allegata oltre che di un’accurata visita personale e che, comunque, non erano state contestate dalle parti.

In realtà, con e censure esposte in ricorso non solo non viene contestata l’affermazione della Corte di merito secondo cui nessuna critica era stata mossa alla relazione di consulenza, ma inammissibilmente si contrappone la valutazione della parte circa l’entità e l’incidenza del dato patologico al diverso giudizio diagnostico espresso nella sentenza impugnata, posto che la ricorrente non evidenzia – come invece richiesto dalla costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., fra tante, Cass. n. 569 del 2011, nn. 10222, 9988 e 4254 del 2009, n. 6589 del 2000) – l’esistenza, nell’indagine tecnica, di affermazioni in palese contrasto con le nozioni correnti della scienza medica, ovvero l’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, ovvero ancora la mancata considerazione di patologie documentate e di decisivo valore invalidante; in particolare, nella specie, le malattie che si dicono trascurate sono state , invece, espressamente valutate dal c.t.u. (che, difatti, aveva accertato, a carico dell’appellante, “deterioramento cognitivo da cerebrosclerosi; spondiloartrosi diffusa; miocardioaortosclerosi ipertensiva; sindrome depressiva endoreattiva).

5. Parimenti non fondata è la questione posta nel secondo motivo, dal momento che la più recente giurisprudenza di questa Corte (cfr.

Cass. n. 26092 del 2010, n. 12521 del 2009; n. 10281 del 2003), che qui si condivide, interpreta la L. 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1 (nel testo modificato dalla L. 21 novembre 1988, n. 508, art. 1, comma 2) nel senso che le condizioni ivi previste per l’attribuzione dell’indennità di accompagnamento consistono, alternativamente, nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure nell’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita, con la conseguente necessità di assistenza continua; requisiti, quindi, diversi e più rigorosi della semplice difficoltà di deambulazione o di compimento degli atti quotidiani della vita e configuranti impossibilità.

6. In conclusione il ricorso va rigettato.

7. La soccombente non è condannata al pagamento, nei confronti dell’INPS, delle spese del giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c. , nel testo vigente prima delle modifiche introdotte dal D.L. n. 269 del 2003 (convertito nella L. n. 326 del 2003), nella specie inapplicabile ratione temporis.

Nulla deve disporsi per le spese nei confronti del Comune di Matino, in difetto di attività difensiva dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2011

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