Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1473 del 25/01/2021

Cassazione civile sez. I, 25/01/2021, (ud. 25/11/2020, dep. 25/01/2021), n.1473

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36111/2018 proposto da:

M.E., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato Grio Maurizio, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Sindaco pro tempore di Roma Capitale, nella qualità di tutore della

minore M.D., elettivamente domiciliato in Roma, Via del

Tempio di Giove n. 21, presso gli Uffici dell’Avvocatura Capitolina,

rappresentato e difeso dall’avvocato Lorenzetti Fiammetta, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

D.P.M., M.C., M.G., Ma.Cr.,

Procuratore Generale presso la Corte di Roma – Sezione Minorenni,

T.F., V.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 6969/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/11/2020 dal Cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 78/2018, depositata il 19 marzo 2018, il Tribunale per i minorenni di Roma, su ricorso del P.M., dichiarava lo stato di adottabilità della minore M.D., ai sensi della L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 8. Il procedimento traeva inizio da una segnalazione di reato del Commissariato di (OMISSIS), che intervenuto presso l’abitazione in cui viveva la minore, in data (OMISSIS) – aveva accertato che la medesima era stata sottoposta ad un autentico pestaggio effettuata “con inaudita ferocia” da parte della madre, M.E., durato ben trenta minuti e che aveva comportato il ricovero della bambina presso il Policlinico (OMISSIS), in codice rosso “per compromissione delle funzioni vitali”. Per tali fatti, la M. veniva tratta in arresto e ristretta nel carcere di (OMISSIS).

2. Con sentenza n. 6969/2018, depositata il 2 novembre 2018, la Corte d’appello di Roma rigettava gli appelli proposti dai nonni materni della minore, M.G. e Ma.Cr., e dalla madre M.E., confermando in toto la decisione di primo grado. La Corte territoriale riteneva di non potere escludere lo stato di abbandono della piccola D., attesa la gravità dei maltrattamenti ai quali la minore risultava essere stata sottoposta nel tempo ed il radicato rifiuto della medesima di incontrare la madre, a causa delle conseguenze gravemente traumatiche prodottesi nella sua psiche a cagione dei gravissimi maltrattamenti subiti.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso M.E. nei confronti di M.D., presso il difensore, del tutore Sindaco pro tempore del Comune di Roma, del Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Roma, nonchè degli altri congiunti della minore, M.G., Ma.Cr., M.C., D.P.M., V.G. e T.F., affidato a due motivi. Il tutore, Sindaco pro tempore del Comune di Roma, ha replicato con controricorso. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, la M. denuncia la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1. Lamenta la ricorrente che la Corte d’appello, in violazione della L. n. 184 del 1983, art. 8, laddove esclude che possa dichiararsi lo stato di abbandono di un minore, qualora la mancanza di assistenza “sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio”. Il giudice del gravame avrebbe, invero, fondato la decisione esclusivamente su di un episodio che, per la sua gravità, è stato assunto come indice sintomatico di un definitivo venir meno della capacità genitoriale, laddove l’isolatezza del fatto, seppure di estrema gravità, non sarebbe sufficiente alla dichiarazione dello stato di adottabilità della minore.

1.2. Il mezzo è inammissibile.

1.2.1. Va osservato, infatti, che lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità ricorre allorquando i genitori non sono in grado di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio, tale essendo quella inidonea per la sua durata a pregiudicare il corretto sviluppo psicofisico del minore, secondo una valutazione che, involgendo un accertamento di fatto, spetta al giudice di merito (Cass., 28/03/2002, n. 4503; Cass., 28/04/2008, n. 10809; Cass., 23/04/2019, n. 11171).

1.2.2. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha – con ampia e analitica motivazione – accertato che l’episodio del (OMISSIS) era stato di una gravità eccezionale, essendosi concretato in un “feroce pestaggio”, anche con oggetti contundenti, della piccola D. da parte della madre, a seguito del quale la minore riportò gravissime lesioni che ne resero necessario il ricovero presso il Policlinico (OMISSIS), con prognosi riservata superiore a quaranta giorni, per “compromissione delle funzioni vitali”. E cosa ancora più grave è che – come è risultato dal referto del (OMISSIS), riportato dalla sentenza impugnata, i sanitari riscontrarono sul corpicino della piccola esiti di “lesioni contusive ed ecchimotiche gravissime recenti e non recenti”; il che – ben al contrario di quanto sostenuto dalla esponente – induce a ritenere che i comportamenti aggressivi e violenti della madre fossero abituali e protratti nel tempo, e non certo limitati al solo episodio in questione.

D’altro canto, tale episodio, lungi dall’essere stato rimosso dalla bambina (di soli tre anni al momento dell’aggressione), è rimasto profondamente radicato nella sua psiche, tanto da indurla a distruggere la foto della mamma consegnatale dai nonni materni, ed a dichiarare – anche a distanza di tempo – di non volerne più sapere di quella “mamma cattiva”. Nè ad esso avevano fatto seguito manifestazioni di pentimento e di ravvedimento della M., la quale aveva perfino rifiutato di chiamare immediatamente i soccorsi, il giorno dopo il pestaggio, come suggerito da uno dei suoi coinquilini, resosi conto del fatto che la bimba stava davvero male, perchè “non voleva altri guai”, stante la pendenza di altro procedimento penale nei suoi confronti, aperto dinanzi al Tribunale di Campobasso, per i maltrattamenti inflitti all’altra figlia Ve..

1.2.3. Orbene, a fronte di tali motivate argomentazioni della Corte d’appello, la doglianza si concreta in un tentativo – mediante l’allegazione di una pretesa, radicalmente smentita dagli accertamenti espletati dal giudice di merito, transitorietà dello stato di abbandono della piccola D. – di dare una diversa lettura dei fatti, non consentita nel giudizio di legittimità.

1.3. Per tali ragioni, il motivo, poichè inammissibile, deve essere disatteso.

2. Con il secondo motivo di ricorso, M.E. denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2.1. Si duole l’istante del fatto che la Corte d’appello non abbia tenuto conto degli elementi fattuali, idonei ad evidenziare la non irreversibilità della situazione nociva per la minore, a suo dire desumibili dalla relazione peritale redatta dal Dott. B., consulente nominato nel giudizio penale.

2.2. Il motivo è inammissibile.

2.2.1. Il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato – ritualmente prodotto nel giudizio di merito – offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Cass., 26/06/2018, n. 16812; Cass., 28/09/2016, n. 19150).

2.2.2. Nel caso di specie, la ricorrente non ha neppure indicato in quale atto del giudizio di primo o di secondo grado, il suddetto documento sarebbe stato prodotto, nè ha indicato le ragioni per le quali detto documento, se esaminato, avrebbe potuto dare luogo ad una decisione diversa da quella emessa dalla Corte territoriale.

Anzi, ben al contrario dell’assunto della ricorrente, la relazione in questione non si palesa assolutamente idonea a veicolare nel processo fatti di tale pregnanza da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato, nel caso concreto, il convincimento espresso dal giudice di merito nell’impugnata sentenza. Ed invero – stando al solo passo trascritto nel ricorso – la M., secondo il perito, è risultata affetta da un disturbo della personalità “con tendenza ad episodi dissociativi sotto stress”, tale da ridurre la sua capacità di intendere e di volere che, al momento del fatto, era “grandemente scemata”. Il consulente ha concluso, pertanto, che, “per l’aspetto psicopatologico sopra descritto, si ritiene che allo stato attuale la M. deve ritenersi socialmente pericolosa, nel senso del rischio di ripetizione degli atti nei confronti della figlia”, di talchè la ripresa dei rapporti con la bambina potrebbe avvenire solo mediante supervisione e controllo e “contestualmente ad un percorso psicoterapeutico” della medesima. Se ne deve inferire, pertanto, che siffatto elaborato peritale è tutt’altro che rivelatore di fatti suscettibili di mettere in luce un’acquisita ed adeguata capacità genitoriale in capo all’odierna ricorrente.

2.3. La doglianza, per la sua inammissibilità, non può, di conseguenza, trovare accoglimento.

3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente alle spese del presente giudizio.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente, in favore del controricorrente, alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. Dispone, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, che in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2021

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