Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14723 del 10/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 10/07/2020, (ud. 17/04/2019, dep. 10/07/2020), n.14723

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAGDA Cristiano – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4740-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI UFFICIO DELLE DOGANE DI CATANZARO

in persona dei Direttore pro temoore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.F., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE XXI APRILE

11, presso lo studio dell’avvocato MORRONE CORRADO, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARTUCCI EMILIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2100/2016 della COMM. TRIB. REG. di CATANZARO,

depositata il 15/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/04/2019 dal Consigliere Dott. D’AURIA GIUSEPPE.

Fatto

RILEVATO

Che:

con sentenza n. 2100 /2016 la Commissione Regionale della Calabria, confermava la decisione del giudizio di primo grado ritenendo essenziale l’allegazione (non avvenuta) dei documenti non riprodotti nell’accertamento.

Avverso la predetta sentenza proponeva ricorso presso la Suprema Corte, l’Agenzia Delle Dogane e dei Monopoli affidandosi a due motivi cosi sintetizzabili:

nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, dell’art. 132 c.p.c. nonchè dell’art. 118 disp att c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della L. n. 241 del 1990, art. 21-septies e dell’art. 21-octies. Resisteva con controricorso il T. chiedendo il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

I due motivi del ricorso vanno esaminati congiuntamente stante la stretta correlazione. Per quello che qui interessa deve preliminarmente rilevarsi (contrariamente a quanto dedotto nel controricorso) che l’omissione del termine “nullo ” da parte del ricorrente nel riportare la motivazione della sentenza impugnata è priva di rilevanza sia perchè è stata depositata la sentenza sia perchè dallo sviluppo del motivo era chiaro che vi era stata una mera omissione facilmente percepibile, visto che era stato dedotto che era stata confermata la sentenza di primo grado che aveva ritenuto essenziali alcuni documenti non allegati all’atto impugnato sebbene indicati nel provvedimento della Amministrazione, così come previsto dall’art. 7 Statuto del Contribuente.

Nel merito occorre considerare che l’art. 7 dello Statuto del Contribuente, espressamente indicato dal giudice di primo grado, (e quindi recepito dalla sentenza di conferma) prevede l’onere di allegazione di documenti non conosciuti nè ricevuti dal contribuente cui la motivazione fa riferimento. Il criterio di interpretazione sistematica della norma induce, dunque, a ritenere che l’onere della allegazione riguardi gli atti che costituiscono il presupposto dell’atto impositivo, (L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, prevede che, se nella motivazione dell’atto impositivo si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama) al fine di evitare il pregiudizio del diritto di difesa del contribuente.

Tale mancanza, secondo il giudice del merito, non ha consentito evidentemente di verificare la legittimità della pretesa fiscale.

Incontestata, pertanto, la omessa allegazione dei documenti specificati all’avviso notificato alla contribuente, secondo il percorso logico del giudice, ne conseguiva la invalidità dell’atto impositivo, rivestendo evidentemente tale documentazione carattere integrativo essenziale della indicazione dei presupposti di fatto e diritto a fondamento della pretesa tributaria.

Nella specie quindi, tale conoscenza di fatto dei documenti non allegati da parte della contribuente è rimasta esclusa in base alle valutazioni del giudice.

Una volta che dalla sentenza impugnata traspare il percorso argomentativo seguito, le argomentazioni del ricorrente circa la non essenzialità in definitiva si traducono nella mera contrapposizione di una differente interpretazione. (v. Cass., 21/4/2016, n. 8035; Cass., 17/11/2015, n. 23516; Cass., 17/6/2013, n. 15112; Cass., 25/3/2005, n. 6478). Ne consegue l’inammissibilità dei motivi che denunciano la mancata motivazione da parte del giudice in ordine alle argomentazioni esposte dal ricorrente nel giudizio di appello, senza che sia neppure prodotto l’atto di accertamento o riprodotto il contenuto dello stesso da cui evincersi la non necessità dei documenti non allegati. In sintesi la decisione dalla corte di merito adottata nell’impugnata decisione rimangono non idoneamente censurati.

Emerge dunque evidente come il ricorrente in realtà inammissibilmente prospetti una rivalutazione del merito della vicenda, comportante accertamenti di fatto preclusi a questa Corte di legittimità, nonchè la rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione. Va anche evidenziato che il riferimento alla L. n. 241 del 1990, art. 21-septies ritenuto dal ricorrente erroneo, può essere facilmente emendabile in base al principio iura novit curia, significativamente recepito dalla disposizione contenuta nell’art. 384 c.p.c., u.c., secondo cui le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia comunque conforme allo stesso, non sono soggette a cassazione, dovendo la Corte in tali casi limitarsi a correggere la motivazione. Comunque il riferimento alla L. n. 241 del 1990, art. 21-septies contenuto nella sentenza impugnata non appare incongruo sia perchè tale articolo va letto in stretta correlazione al predetto art. 7 Statuto del Contribuente sia perchè evidentemente il giudice di merito ha ritenuto che le allegazioni dei documenti fosse essenziale per la comprensione dell’atto, come del resto prescrive il citato articolo “E nullo il provvedimento amministrativo clic 171 CI nen deglì clementi essenziali-. Le spese seguono la soccombenza e liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 3000,00 oltre spese spese generali e cpa e iva debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quarter dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bi.

Così deciso in Roma, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2020

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