Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1472 del 20/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/01/2017, (ud. 23/11/2016, dep.20/01/2017),  n. 1472

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28477-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

L.M.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7118/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO del 27/10/2014, depositata il 25/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/11/2016 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di L.M.G. (che non resiste), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 7118/28/2014, depositata in data 25/11/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione del diniego opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanza, presentata il 22/11/2006, di rimborso delle indebite trattenute IRPEF operate (per effetto dell’assoggettamento ad IRPEF del 100% in luogo dell’87% dell’imponibile) dal sostituto d’imposta INPDAP sulla pensione integrativa, quanto agli anni dal 1999 al novembre del 2002 (avendo l’Amministrazione accolto l’istanza relativamente alle somme versate dal contribuente nel periodo dal dicembre 2002 al 2005), – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente. I giudici d’appello hanno ritenuto che il contribuente soltanto a seguito della comunicazione dell’INPDAP del 20/10/2006 era venuto a conoscenza dell’indebita ritenuta operata a suo danno.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, avendo i giudici di appello ritenuto che il termine per l’esercizio del diritto al rimborso decorresse dalla comunicazione INPDAP del 2006, con la quale il contribuente era stato reso edotto del diritto al rimborso.

2. La censura è fondata.

La questione di diritto, oggetto della presente controversia, è stata risolta con la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 13676/2014, con la quale è stato affermato il principio di diritto secondo cui “il termine di decadenza per il rimborso delle imposte sui redditi, previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 e decorrente dalla “data del versamento” o da quella in cui “la ritenuta è stata operata”, opera anche nel caso in cui l’imposta sia stata pagata sulla base di una norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell’Unione europea da una sentenza della corte di giustizia, atteso che l’efficacia retroattiva di detta pronuncia – come quella che assiste la declaratoria di illegittimità costituzionale – incontra il limite dei rapporti esauriti, ipotizzabile allorchè sia maturala una causa di prescrizione o decadenza, trattandosi di istituti posti a presidio del principio della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche”.

Ne deriva che, avendo il termine di decadenza di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 portata generale, riferendosi a qualsiasi ipotesi di indebito correlato all’adempimento dell’obbligazione tributaria, qualunque sia la ragione per cui il versamento è in tutto o in parte non dovuto, e quindi ad errori tanto connessi ai versamenti, quanto riferibili all'”an” o al “quantum” del tributo, e nascendo, nel caso di specie, il diritto al rimborso preteso dal contribuente dalla questione relativa al trattamento fiscale da applicare alle somme corrisposte a titolo di pensione integrativa, l’istanza risulta tardiva, per le somme richieste dal contribuente dal 1999 al novembre 2002, in quanto proposta oltre il termine di 48 mesi dai versamenti tramite ritenuta.

L’assunto fatto proprio dalla C.T.R., secondo il quale il dies a quo dovrebbe essere fatto decorrere dalla comunicazione effettuata dall’INPDAP, nel 2006, attraverso la quale il contribuente sarebbe “venuto a conoscenza delle indebite trattenute Orniate a sum danno”, non è corretto. Invero, la contestazione su cui si fondava la domanda di rimborso del contribuente – ossia che la ritenuta era stata operata applicando l’aliquota piena e non l’aliquota dimidiata – attingeva la struttura stessa del calcolo della ritenuta e, pertanto, poteva essere fatta valere fin dal momento di effettuazione della ritenuta, mediante la ripetizione del 50% dell’importo calcolato dal datore di lavoro in base all’aliquota intera (cfr., al riguardo, Cass. n. 21734/14, Cass. 17132/2015).

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va respinto il ricorso introduttivo del contribuente. In considerazione del solo recente intervento delle Sezioni Unite di questa Corte, vanno compensate integralmente tra le parti le spese processuali dei gradi di merito e dichiarate irripetibili quelle del presente giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese dei gradi di merito ed irripetibili quelle del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2017

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