Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14719 del 11/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 14719 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

Re7(1)PE

ORDINANZA
sul ricorso 4683-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
CUDEMO ROSA;

– intimata avverso la sentenza n. 7/10/2010 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di BARI del 15/12/2009, depositata il
12/01/2010;

Data pubblicazione: 11/06/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/04/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. TOMMASO BASILE.

Ric. 2011 n. 04683 sez. MT – ud. 18-04-2013
-2-

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva
La CTR di Bari ha accolto il ricorso per revocazione di Cudemo Rosa avverso la
decisione n.41/10/2008 emessa dalla stessa CTR e con la quale era stato accolto
l’appello proposto da parte dell’Agenzia -appello proposto contro la sentenza
n.16/10/2007 della CTP di Bari che aveva accolto il ricorso della contribuente- ed ha
perciò revocato la propria precedente decisione ed annullato l’avviso di rettifica IVA
relativa all’anno 2001 con cui è stato denegato un credito d’imposta riportato in
dichiarazione ma non assistito dalla necessaria documentazione.
Con il ricorso per revocazione la parte contribuente aveva sostenuto che la sentenza
determinasse contrasto fra giudicati perché in contraddizione con altra precedente
pronuncia, passata in cosa giudicata, adottata dalla CTP di Bari con sentenza
n.2/10/2006.
La predetta CTR ha motivato la pronuncia di revocazione evidenziando che nella
sentenza passata in cosa giudicata della CTP di Bari la questione “dell’efficacia
preclusiva ad ulteriori indagini sui crediti vantati dalla contribuente in presenza di
condono tombale” era stata risolta nel senso dell’efficacia preclusiva del condono,
sicchè appariva “evidente che sussiste un conflitto di giudicati”, atteso che “il
condono operante anche per l’armo 2001 ha cristallizzato l’impostazione contabile,
per cui il giudicato formatosi per l’anno 1999 assume valore anche per l’anno
d’imposta successivo, medesimi essendo i presupposti di fatto e di diritto della causa
nella quale il giudicato viene invocato”, con la conseguente necessità di revocare la
sentenza n.41/10/2008 relativa appunto all’annualità 2001.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.

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letti gli atti depositati

La parte contribuente non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il motivo di censura (centrato sulla violazione dell’art.395 cpc) la
ricorrente Agenzia evidenzia che le due pronunce considerate dal giudice del merito

presupposti di fatto e di diritto.
La censura appare fondata e da accogliersi.
Con allegazione appena autosufficiente (corroborata dalla condotta astensiva della
parte contribuente), la parte ricorrente ha giustificato che l’oggetto del presente
giudizio consiste nel “diniego di rimborso per IVA 2001”, mentre l’oggetto del
giudizio conclusosi con la pronuncia della CTP di Bari che si assume passata in
giudicato consisteva in un “atto di contestazione di sanzione amministrativa per
l’anno 1999” conseguente al “rimborso per IVA ottenuto per l’anno 1999, in carenza
dei presupposti per la liquidazione del rimborso”. I provvedimenti impugnati
apparivano, perciò, riferiti ad una diversa tipologia di controllo e si riferivano ad
annualità diverse e perciò stesso a crediti diversi.
Sulla questione conviene muovere dal ribadito insegnamento della Suprema Corte
secondo cui:” Nel contenzioso tributario, ai fini dell’applicazione dell’art. 395, n. 5,
cod. proc. civ. (richiamato dall’art. 64 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), perché
una sentenza possa considerarsi contraria ad altra precedente avente autorità di cosa
giudicata, occorre che tra i due giudizi vi sia identità di soggetti e di oggetto, tale che
l’oggetto del secondo giudizio sia costituito dal medesimo rapporto tributario definito
irrevocabilmente nel primo, ovvero che in quest’ultimo sia stato definitivamente
compiuto un accertamento radicalmente incompatibile con quello operante nel
giudizio successivo; ne consegue che – posto che, “ex” art. 7 TUIR, l’imposta sui
redditi è dovuta per anni solari, a ciascuno dei quali corrisponde un’obbligazione
tributaria autonoma – non è configurabile il detto motivo di revocazione allorché il
precedente giudicato si riferisca ad un’annualità di imposta sui redditi diversa dal

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non avevano “lo stesso oggetto”, sicché aveva errato la CTR a ravvisare identità di

periodo d’imposta considerato nella impugnata sentenza. (Sez. 5, Sentenza n. 14714
del 21/11/2001; in termini più generali, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12348 del
27/05/2009).
Nella specie di causa (in cui si discute —per quanto se ne può intendere- di crediti di
imposta riferiti ad annualità diverse, di cui in un caso è denegato il rimborso e

possibile ritenere che si tratti di giudizi con identità di soggetti e di oggetto, tale che
tra le due vicende sussista una ontologica e strutturale concordanza degli estremi, nel
mentre si potrebbe —tutt’al più- individuare nella prima delle decisioni emesse la
sussistenza di un possibile antecedente logico rispetto alla questione da risolvere nel
giudizio successivo.
Poiché la decisione qui impugnata non si è attenuta al corretto principio di diritto,
essa appare meritare cassazione, con facoltà per la Corte di provvedere anche nel
merito della lite, rigettando il ricorso per revocazione proposto dalla parte
contribuente, siccome non appaiono necessari ulteriori accertamenti di fatto.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza.
Roma, 30 gennaio 2013.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
rigetta il ricorso per revocazione proposto dalla parte contribuente avverso la
sentenza di appello. Condanna la parte contribuente a rifondere le spese di lite di

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nell’altro caso è preteso il recupero, con conseguente inflizione di sanzione) non è

questo grado, liquidate in E 5.000,00 oltre spese prenotate a debito e compensa tra le
parti le spese del giudizio di revocazione in appello.

Così deciso in Roma il 18 aprile 2013.

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