Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14718 del 05/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 05/07/2011, (ud. 05/04/2011, dep. 05/07/2011), n.14718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato PANICI PIER LUIGI, che

lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

TELECOM ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso

lo studio dell’avvocato MARESCA ARTURO, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati MORRICO ENZO, BOCCIA FRANCO RAIMONDO, ROMEI

ROBERTO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 710/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 05/06/2008 r.g.n. 18Z/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/04/2011 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato PANICI PIER LUIGI; udito l’Avvocato BOCCIA FRANCO

RAIMONDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per dichiarazione d1 inammissibilità.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 5 giugno 2008, la Corte d’Appello di Milano accoglieva il gravame svolto da Telecom Italia spa contro la sentenza di primo grado che aveva dichiarato la nullità del contratto di lavoro temporaneo con Saritel s.p.a., ora Telecom Italia s.p.a., più volte prorogato, e la costituzione, tra le parti, di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a partire dal primo giorno di assunzione del lavoratore.

2. La Corte territoriale puntualizzava che:

– le esigenze per soddisfare le quali si era fatto ricorso al lavoro interinale, pur nell’ambito di una vasta estensione temporale, erano di carattere temporaneo, perchè maturate in un contesto caratterizzato da incertezza, e tali da escludere, pertanto, un disegno elusivo delle disposizioni di legge per fronteggiare stabili esigenze del datore di lavoro;

– si era trattato di un utilizzo nei limiti concordati in sede locale, secondo la delega espressamente prevista dal contratto collettivo applicato;

– l’ulteriore questione di illegittimità sollevata concerneva la ritenuta violazione della percentuale massima di lavoratori temporanei stabilita dalla contrattazione collettiva;

– non poteva ritenersi demandata esclusivamente alla contrattazione nazionale la determinazione delle soglie percentuali di lavoratori interinali, attesa la possibilità di ampliamento da parte della contrattazione collettiva aziendale prevista dal c.c.n.l. applicato;

infine, il controllo sindacale a livello aziendale assicurava il corretto uso del lavoro temporaneo.

3. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, B. ha proposto ricorso per cassazione fondato su dodici motivi. Poste italiane s.p.a. ha resistito con controricorso eccependo l’inammissibilità e infondatezza del ricorso, ed ha poi depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. La sentenza della Corte territoriale è censurata dal ricorrente con dodici motivi, di seguito enunciati in sintesi:

primo motivo: nullità per omessa pronuncia su una delle domande (assenza di adeguata forma scritta del contratto di fornitura) in violazione dell’art. 112 c.p.c. e L. n. 196 del 1997, art. 10, comma 2;

– omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo, per i seguenti profili:

o secondo motivo: non indicati gli atti di causa dai quali la corte ha tratto il convincimento della temporaneità delle esigenze per soddisfare le quali si è fatto ricorso al lavoro interinale;

– terzo motivo: gli allegati documentali smentiscono le conclusioni della corte territoriale;

– quarto motivo: risulta omessa la valutazione delle risultanze documentali.

– quinto motivo: violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., per aver la corte rovesciato l’onere della prova sul lavoratore interinale;

– sesto motivo: per aver omesso di rilevare la limitazione al lavoro interinale prevista dalla contrattazione collettiva di settore;

– settimo motivo: per omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 c.p.c. e L. n. 196 del 1997, art. 1, sulla sussistenza del canone legale di temporaneità e dei canoni sindacali di particolarità ed eccezionalità;

– ottavo motivo: per omessa motivazione sulla natura imprenditoriale della convenuta;

nono motivo: per contraddittorietà tra motivazione e dispositivo;

– decimo motivo: per violazione della L. n. 196 del 1997, art. 1, per aver ritenuto sinonimi la “temporaneità” e l'”incertezza”, sovrapponendo le due situazioni;

undicesimo motivo: per contraddittoria motivazione sul denunciato contrasto tra contrattazione collettiva nazionale e contrattazione aziendale;

– dodicesimo motivo: per violazione della L. n. 196 del 1997, art. 1 e del c.c.n.l. grafici editoriali del 5.4.2000, sulla competenza esclusiva della contrattazione collettiva nazionale, o derogabile dalla contrattazione aziendale, in ordine alle soglie percentuali massime di lavoratori interinali.

5. Va, preliminarmente, rilevato che questa Corte ha più volte statuito che essendo l’appello un mezzo di gravame con carattere devolutivo pieno, non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito, il principio della necessaria specificità dei motivi – previsto dall’art. 342 c.p.c., comma 1, – prescinde da qualsiasi particolare rigore di forme, essendo sufficiente che al giudice siano esposte, anche sommariamente, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l’impugnazione, ovvero che, in relazione al contenuto della sentenza appellata, siano indicati, oltre ai punti e ai capi formulati, anche, seppure in forma succinta, le ragioni per cui è chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi posti a base dell’impugnazione, in modo tale che restino esattamente precisati il contenuto e la portata delle relative censure (v., ex multis, Cass. 15263/2007).

6. Inoltre, anche nel rito del lavoro l’appello non ha effetto pienamente devolutivo, e, pertanto, ai sensi degli artt. 434, 342 e 346 c.p.c., il giudice del gravame può conoscere della controversia dibattuta in primo grado solo attraverso l’esame delle specifiche censure mosse dall’appellante (sia esso principale che, eventualmente, incidentale), attraverso la cui formulazione si consuma il diritto di impugnazione, e non può estendere l’indagine su punti della sentenza di primo grado che non siano stati investiti, neanche implicitamente, da alcuna doglianza, per cui deve ritenersi formato il giudicato interno – rilevabile anche d’ufficio – in ordine alle circostanze poste dal giudice di primo grado alla base della sua decisione, in relazione alle quali non siano stati formulati specifici motivi di appello.

7. Da ciò consegue, da una parte, che è preclusa, nel corso dell’ulteriore attività processuale del giudizio di appello, la precisazione di censure contenute nell’atto di appello ma esposte in modo generico, e, dall’altro, che il requisito della specificità dei motivi di impugnazione esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’impugnante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime, in quanto la manifestazione volitiva dell’impugnante, diretta ad ottenere la riforma della sentenza, deve essere sempre supportata da deduzioni idonee a contrastare la motivazione della sentenza gravata.

8. Infine, allorquando la sentenza di primo grado si sia pronunziata, espressamente, su una questione del tutto distinta dalle altre, tale specifica pronunzia non può considerarsi implicitamente impugnata allorchè il gravame sia proposto in riferimento a diverse statuizioni, rispetto alle quali la questione stessa non costituisca un antecedente logico e giuridico, così da ritenersi in esse necessariamente implicata, ma sia soltanto ulteriore ed eventuale e, comunque, assolutamente distinta.

9. Nella specie, all’esame del Giudice del gravame sono state poste solo le questioni relative alla sussistenza della temporaneità e alla legittimità della contrattazione aziendale di settore che ha disciplinato il lavoro temporaneo, onde tutte le ccnsure non incentrate su tali limitati profili non sono ammissibili per essersi formato il giudicato interno.

10. Passando ai plurimi motivi con i quali si censurano violazioni di legge, osserva il Collegio che nel ricorso per cassazione il requisito dell’esposizione dei motivi di impugnazione – nel quale la specificazione dei motivi e l’indicazione espressa delle norme di diritto non costituiscono requisiti autonomi, avendo la seconda la funzione di chiarire il contenuto dei motivi – mira ad assicurare che il ricorso consenta l’individuazione delle questioni da risolvere, cosicchè devono ritenersi inammissibili quei motivi che, come nella specie, non precisino in alcuna maniera in cosa consista la violazione di legge che avrebbe portato alla pronuncia di merito che si sostiene errata, o che si limitino ad un’affermazione meramente apodittica non seguita da alcuna dimostrazione.

11. Quanto ai motivi di ricorso con cui – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2 – si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, osserva il Collegio che non è specificamente indicato il “fatto” controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c. (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo a estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo.

12. Nella specie il ricorrente si è limitato a denunciare i vizi della motivazione in ordine alle argomentazioni esposte nel giudizio di appello senza, però, individuare i fatti specifici, controversi o decisivi in relazione ai quali si sono assunte le carenze della motivazione medesima.

13. Il ricorso deve, quindi, essere dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Iva Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 32,00, oltre Euro 2.500,00 (duemilacinquecento) per onorati, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2011

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