Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14705 del 19/07/2016


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Cassazione civile sez. III, 19/07/2016, (ud. 23/03/2016, dep. 19/07/2016), n.14705

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9898/2013 proposto da:

C.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato GINA TRALICCI, che la

rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE CARSO

63, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO MARIA FARGIONE, che la

rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1079/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/03/2016 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;

udito l’Avvocato VINCENZO MARIA FARGIONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La C., sostenendo di essere scivolata su una sostanza oleosa sparsa sul pavimento di un ristorante e di essersi procurata danno alla persona, citò in giudizio risarcitorio la proprietaria S.. Il Tribunale di Roma respinse la domanda con sentenza poi confermata dalla Corte d’appello della stessa città.

Propone ricorso per cassazione la C. attraverso tre motivi. Si difende con controricorso la controparte. Ambedue le parti hanno depositato memorie per l’udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo (violazione di legge e vizio della motivazione) sostiene: che il giudice non avrebbe motivato in ordine alla circostanza (confermata dai testimoni) che la vittima era caduta a causa di sostanza oleosa sparsa sul pavimento; che la tesi della sentenza (“le prospettazioni del fatto confligono con quanto dichiarato dalla C. al CTU”) non corrispondono a quanto risultato dall’istruttoria; che l’affermazione del CTU su quanto riferito dalla parte attrice non era tra i quesiti posti allo stesso CTU, la perizia non è sottoscritta dalla parte ed il CTU non ha il ruolo di pubblico ufficiale.

Il secondo motivo (violazione di legge e vizio della motivazione) sostiene che risulta violato il principio secondo cui la responsabilità per danni da cose in custodia prescinde dall’accertamento della colpa del custode e che, comunque, nella specie ricorrerebbe la generale responsabilità aquiliana.

Il terzo motivo (violazione di legge) concerne la liquidazione del danno e sostiene “la palese illegittimità della motivazione laddove ha ritenuto di non riuscire a collegare il suddetto, sopra trascritto, secondo motivo ad uno specifico capo della sentenza di primo grado”.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibili, siccome ripropongono, in maniera neppure autosufficiente, questioni di fatto tendenti a conseguire dalla corte di legittimità una nuova e diversa valutazione degli elementi istruttori emersi in atti. La sentenza, infatti, ha motivatamente ritenuto inattendibili i testimoni escussi ed ha rilevato il contrasto tra la prospettazione contenuta nell’atto di citazione e le dichiarazioni rese dall’attrice al CTU, rilevando, altresì, la stessa inidoneità dell’atto d’appello a validamente censurare gli accertamenti del primo giudice.

Inoltre, lo stesso accertamento della mancata prova del nesso causale tra azione ed evento esclude ogni questione relativa sia alle caratteristiche proprie della responsabilità per cose in custodia (di cui al secondo motivo), sia alla liquidazione del danno (terzo motivo).

In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2200,00, di cui 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2016

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