Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14700 del 13/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 13/06/2017, (ud. 16/05/2017, dep.13/06/2017),  n. 14700

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 623-2017 proposto da:

O.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato IVANA

CALCOPIETRO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CROTONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1040/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 21/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/05/2017 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C.

SAMBITO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza in data 21 giugno 2016, la Corte d’Appello di Catanzaro, ha confermato il rigetto delle istanze avanzate da O.P. (cittadino nigeriano di fede cristiana, il quale aveva esposto di essere fuggito dal paese natale dopo la verificazione di un incidente stradale tra l’autovettura da lui guidata ed una motocicletta a seguito del quale il motociclista era morto), volte in via gradata al riconoscimento dello status di rifugiato politico, del diritto alla protezione sussidiaria, all’asilo ed alla protezione umanitaria. Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso lo O., sulla base di cinque motivi, con cui denuncia omesso esame di fatti decisivi e violazione e falsa applicazione di norme di legge (art. 115 c.p.c. e art. 702 ter c.p.c., comma 3; D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6; D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3; D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 8; D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 11, 14 e 17). Il Ministero non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma sintetica.

2. Il primo motivo, che censura l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio è inammissibile: esso muove dal presupposto che siano stati riferiti fatti di persecuzione (per motivi di religione, intervenuti ad Abuja in Nigeria, durante la carcerazione in Libia) che non trovano riscontro nell’impugnata sentenza, in cui (pag. 6 primo cpv.) si riporta esser stato dedotto l’allontanamento del Paese d’origine in seguito al sinistro stradale, ed il ricorrente non trascrive i motivi del ricorso in sede giurisdizionale.

3. Il secondo motivo è in conseguenza inammissibile laddove si invoca la mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi, in riferimento alla sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato riferiti a fatti non dedotti.

4. A diverse conclusioni deve pervenirsi per quanto concerne l’omesso esame della domanda subordinata di protezione sussidiaria, in riferimento alla sussistenza di fondati motivi di un rischio effettivo di subire un grave danno, cui il ricorrente potrebbe andare incontro, ex art. 14, lett. a) (la condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte) e b) (la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine), stante che il ricorrente ha affermato di esser rimasto coinvolto in un omicidio colposo, ed ha dedotto che nell’ordinamento nigeriano il sistema sanzionatorio commina la pena di morte (inflitta con brutalità e sofferenza), senza diversificare tra reati dolosi e colposi.

5. La Corte d’appello avrebbe, quindi, dovuto, come deduce il ricorrente, attivarsi, D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8, comma 3, per richiedere alla Commissione nazionale per il diritto d’asilo nonchè al Ministero degli affari esteri, informazioni precise sulla repressione dei reati di diritto comune in Nigeria, mentre in relazione al grave rischio prospettato dal ricorrente, non si rinviene motivazione nella sentenza, nè in relazione alla situazione del sistema sanzionatorio carcerario e processuale della Nigeria, nè riferita alle ragioni per cui si è ritenuto di non avvalersi dei propri poteri di accertamento d’ufficio, in contrasto col condivisibile principio, affermato da questa Corte (Cass. n. 2830 del 2015) secondo cui, ai fini del rigetto della istanza di protezione sussidiaria, non è sufficiente affermare che la commissione di un reato comune impedisce l’applicazione della detta misura, ma occorre valutare in concreto se nel paese di provenienza sussistono condizioni tali da rientrare nelle ipotesi in cui la legge italiana prevede l’applicazione della protezione in questione.

6. Il terzo motivo va quindi accolto, con conseguente cassazione in parte qua della sentenza impugnata, e rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

PQM

 

Rigetta i motivi primo e secondo, accoglie il terzo, assorbiti gli altri, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2017

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