Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 147 del 08/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 08/01/2010, (ud. 02/12/2009, dep. 08/01/2010), n.147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

V.P., elettivamente domiciliato in Roma, Via F. S.

Nitti, presso l’avv. Vincenzo Pescitelli, rappresentato e difeso

dall’avv. CANCELLARIO Camillo giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, domiciliata in Roma,

Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria centrale, sez. 9, n.

6686 del 27/7/07.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione scritta prevista dall’art. 380 bis c.p.c., nei termini che di seguito si trascrivono:

” V.P. propone ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione tributaria centrale che ha accolto il ricorso dell’Ufficio contro le sentenze di primo e secondo grado del giudice tributario che avevano accolto il ricorso del contribuente contro un avviso di rettifica IVA. L’intimata Agenzia delle Entrate non si è costituita.

Il ricorso contiene tre motivi. Può essere trattato in Camera di consiglio (art. 375 c.p.c., n. 5) e rigettato, per manifesta infondatezza, alla stregua delle considerazioni che seguono:

Con i tre motivi il ricorrente, sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, si duole del fatto che la Commissione tributaria centrale abbia ritenuto i due atti di notorietà da lui prodotti inidonei a fornire la prova del finanziamento familiare, che secondo la sua tesi avrebbe spiegato l’anomalo rapporto tra costi e ricavi da cui origina l’accertamento.

I tre motivi sono infondati.

La Commissione tributaria centrale non ha escluso l’ammissibilità dei due atti – come sembra desumersi dal ricorso – ma, attribuendo correttamente ad essi valore meramente indiziario, li ha ritenuti – con congrua motivazione – non idonei a fornire la prova del fatto controverso, tanto più che tali dichiarazioni, come lo stesso ricorrente assume, provenivano da lui stesso, dal coniuge e dai genitori”;

che le parti non hanno presentato memorie;

che il collegio condivide la proposta del relatore, dando atto della rituale costituzione in giudizio dell’Agenzia;

che pertanto il ricorso va rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 800,00, di cui Euro 600,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 800,00 di cui Euro 600,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 2 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010

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