Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 147 del 05/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 05/01/2017, (ud. 27/10/2016, dep.05/01/2017),  n. 147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12391-2012 proposto da:

M.F., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

LARGO MARESCIALLO DIAZ N 22, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO

VALENZI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIORGIO FONTANA;

– ricorrente –

D.I.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA PAOLO EMILIO 7, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO

ONGARO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIANCARLO TONETTO;

– controricorrente incidentale –

e contro

IMMOBILIARE ITALICA CAMPIONESE SUD ELLE SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 98/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 17/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/10/2016 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO ROSARIO GIOVANNI che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e per l’accoglimento del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.I.G., con atto di citazione del 30 ottobre 2001, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Como M.F. e la società Immobiliare italica Campionese Sud Elle srl, e, premesso di essere proprietario dell’autorimessa sita a livello strada e facente parte di una serie di autorimesse su cui si ergono dal primo piano in su le abitazioni dei condomini del complesso condominiale sito in Campione d’Italia, chiedeva che venisse accertato il diritto di proprietà esclusiva sul lastrico solare di copertura della suddetta autorimessa, chiedendo, inoltre, la condanna del convenuto al ripristino dello stato dei luoghi mutato, a suo dire, per effetto dell’abbattimento di un muro che sarebbe servito a delimitare il confine tra l’intero piano del lastrico solare di copertura dell’autorimessa e la proprietà M..

Si costituiva il convenuto, contestando le argomentazioni attoree sul presupposto che il lastrico solare a copertura dell’autorimessa de quo, in quanto parte strutturale dell’edificio condominiale non poteva che essere oggetto di acquisto da parte del M. con il proprio appartamento cui il lastrico medesimo, per estensione, faceva parte. In ogni caso, contestava qualsiasi intervenuta mutazione dello stato dei luoghi ed evidenziava l’utilizzo del terrazzo lastrico solare a giardino pensile dalla data di costruzione dell’immobile.

In via subordinata, il convenuto chiedeva che venisse accertata la sua proprietà sul lastrico solare, anche per effetto dell’intervenuta usucapione.

Espletata l’istruzione anche con CTU e prova testimoniale, il Tribunale di Como con sentenza n. 1081 del 2009 respingeva le domande dell’attore e dichiarava l’intervenuta usucapione a favore del M. del terrazzo lastrico solare dell’autorimessa di proprietà di D.I., condannava quest’ultimo al pagamento delle spese del giudizio.

La Corte di Appello di Milano, pronunciandosi su appello di D.I., a contraddittorio integro con sentenza n. 98 del 2012 accoglieva l’appello e rigettava la domanda proposta da M.F., dichiarava la proprietà sul lastrico solare di D.I., condannava M. a ripristinare lo stato dei luoghi nonchè a pagare le spese del doppio grado del giudizio. La Corte di Milano, dopo aver precisato che il diritto di superficie di un lastrico solare può essere acquistato per usucapione, tuttavia, ha escluso che, nel caso in esame, il M. avesse dimostrato di aver posseduto il bene di che trattasi per un tempo sufficiente a maturare l’usucapione. A sua volta, il lastrico solare di cui trattasi costituirebbe semplice copertura di una porzione del tetto di un fabbricato, cioè, dell’autorimessa, la cui proprietà risulta essere allo stato inequivocabilmente riconducibile in capo alla parte appellante D.I., in ossequio al principio di accessione in senso ascensionale.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da M.F. con atto di ricorso affidato a sei motivi. D.I. ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso incidentale affidato ad un motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A.- Ricorso principale.

1. – Con il primo motivo del ricorso principale M. lamenta violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 2697 e 1117 c.c..

Secondo il ricorrente il sig. D.I. non avrebbe dimostrato il proprio diritto di proprietà sul bene oggetto di causa, nonostante agisse con azione di rivendica. Piuttosto, posto che il lastrico solare di che trattasi è parte integrante del condominio sito in (OMISSIS), il bene rivendicato rientrava tra i beni di cui all’art. 1117 c.c. il quale prevede che se non è diversamente disposto dal titolo, il lastricato solare e/o tetto costituisce parte comune del condominio, il D.I. avrebbe dovuto dimostrare il suo diritto di proprietà.

1.1. – Il motivo è inammissibile.

E’ ius receptum che i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio.

Il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito.

Nel caso in esame, il ricorrente eccepisce un preteso difetto di prova della proprietà del bene controverso, da parte del sig. D.I., per la prima volta nel giudizio di cassazione e, quindi, tardivamente. Tuttavia, va, comunque, evidenziato che il ricorrente non tiene conto che, come ha affermato la Corte distrettuale, “(…) per il principio di accessione in senso ascensionale il diritto di proprietà immobiliare gravante sull’autorimessa globalmente intesa si estende, altresì, al suo tetto ed alla parte superficiale del tetto stesso (…)”. Pertanto, il D.I. avrebbe dovuto dimostrare di essere proprietario dell’autorimessa, come ha fatto, per affermare di essere, anche, proprietario del lastrico solare, se diversamente non fosse risultato dal titolo.

2.= Con il secondo motivo il ricorrente lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: esistenza del muro divisorio. Secondo il ricorrente la Corte territoriale avrebbe errato, nel ritenere che fin al 2005/2006 fosse esistente un muretto divisorio tra la proprietà M. e di D.I., la cui esistenza avrebbe impedita a M. di usucapire il terrazzo lastricato solare (copertura di box di proprietà D.I., perchè altra conclusione indicherebbe le prove acquisite in giudizio. In particolare la Corte distrettuale non darebbe concreta puntuale esatta e completa motivazione in ordine all’elemento fattuale della presenza e successivo abbattimento del muretto divisorio, la cui per senza, per altro, era stata esclusa dal Tribunale. Piuttosto la datazione dell’asserito abbattimento del supposto muretto divisorio sarebbe un dato assolutamente errato della Corte e non supportato da riscontri istruttori, tanto è vero che il medesimo giudice non è stato in grado di giustificare in sentenza tale assunto e quindi il fondamento della propria decisione.

2.1. – Il motivo è infondato ed essenzialmente perchè si risolve nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove acquisite e della CTU, non proponibile nel giudizio di cassazione se, come nel caso in esame, la valutazione compiuta dalla Corte distrettuale non presenta vizi logici e/o giudici. Infatti, giusto nel caso in esame la Corte distrettuale ha espressamente chiarito, tra l’altro, che la CTU attesta, “(….) la riconducibilità di ciascuna proprietà immobiliare di cui trattasi rispettivamente a diversi corpi di fabbrica (così confortando la perorata tesi della provenienza distinta dei sue immobili) e dall’altro e soprattutto della presenza lungo la linea di confine tra il terrazzo ed il lastrico solare, ricoprente il tetto dell’autorimessa di proprietà dell’appellante, di un dislivello di circa un metro, nonchè di un “muretto” divisorio, il cui abbattimento tra il 2005 e il 2006 sarebbe provato dall’attività istruttoria svolta (..)”.

E successivamente “(…) il giudice a quo avrebbe dovuto prendere in seria considerazione l’elemento fattuale della presenza e successivo abbattimento del muro divisorio (…)”.

Si tratta, come è evidente, di una conclusione che trova, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, un puntuale riferimento nella relazione peritale e, come specifica la Corte distrettuale, nella corretta valutazione delle risultanze istruttorie. D’altra parte, il compito di valutare le prove e di controllarne l’attendibilità e la concludenza – nonchè di individuare le fonti del proprio convincimento, scegliendo, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti – spetta in via esclusiva al giudice del merito; di conseguenza la deduzione con il ricorso per Cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata, per omessa, errata o insufficiente valutazione delle prove, non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, restando escluso che le censure concernenti il difetto di motivazione possano risolversi nella richiesta alla Corte di legittimità di una interpretazione delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito.

3. – Il ricorrente lamenta, ancora:

a) Con il terzo motivo omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: diversi corpi di fabbrica.

Secondo il ricorrente la Corte distrettuale avrebbe erroneamente qualificato come clandestino, ai sensi dell’art. 1163 c.c., il possesso del M., sul presupposto che egli avesse posto in essere una conseguente opera edilizia di camuffamento e livellamento finalizzata a nascondere l’origine e la natura nettamente distinte dei due corpi di fabbrica afferenti da un lato l’appartamento ed il terrazzo al primo piano di proprietà del M. e dall’altro l’autorimessa di proprietà dell’appellante D.I.G., perchè quella affermazione sarebbe basata, esclusivamente sul supplemento di CTU. Tuttavia, sempre secondo il ricorrente, quell’affermazione che, apparentemente sembrerebbe motivata, in realtà non lo sarebbe e non troverebbe supporto alcuno nella citata consulenza la quale, anzi, smentisce tale assunto.

b) – Con il quarto motivo, la violazione o falsa applicazione dell’art. 1163 c.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c..

Mancanza di una corretta ricostruzione della fattispecie concreta.

Secondo il ricorrente dall’istruttoria non emergerebbe la condotta che la Corte avrebbe attribuita a M. e cioè il compimento di lavori tesi ad ampliare fraudolentemente l’estensione del terrazzo di sua proprietà, esisterebbe, invece, la prova contraria data dalle deposizioni testimoniali e dalla lettera del rag. A. da cui emergerebbe l’assenso del muro ed il pacifico godimento del possesso.

Venendo meno la clandestinità del possesso non potrebbero sussistere i presupposti per la qualificazione clandestina del comportamento del M. ex art. 1163 c.c..

3.1. = Entrambi i motivi, che per la loro evidente connessione vanno esaminati congiuntamente sono infondati. In verità, entrambi i motivi si risolvono nella richiesta di un nuovo esame degli atti del processo, in particolare, della consulenza e del supplemento di consulenza tecnica di ufficio non proponibile nel giudizio di cassazione, posto che la valutazione effettuata dalla Corte distrettuale non presenta alcun vizio logico e/o giuridico.

Appare non solo plausibile ma fondata, l’affermazione della sentenza impugnata, secondo cui il M. aveva posto in essere un’opera edilizia di camuffamento e livellamento finalizzata a nascondere l’origine e la natura nettamente distinte dei due corpi di fabbrica, per quanto ciò, spiega la Corte distrettuale è “(…) suffragata dai rilievi effettuati suoi luoghi dal CTU il quale nella sua relazione mette in rilievo che l’intera copertura del tetto dell’autorimessa, dunque del lastrico solare, sia stata realizzata dall’appellato M. in epoca successiva a quella della sola realizzazione dell’autorimessa.

b) Così come appare priva di vizi logici e/o giuridici l’affermazione secondo cui sussistevano i presupposti “(…) per una qualificazione clandestina, ai sensi dell’art. 1163 c.c., della condotta tenuta da M.F., avendo egli, non solo compiuto di sua iniziativa lavori tesi ad ampliare fraudolentemente l’estensione del terrazzo di sua proprietà (…)”, ma aveva tentato di nascondere l’origine e la natura nettamente distinti dei due corpi di fabbrica afferenti.

4.= Con il quinto motivo il ricorrente lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: naturale espansione del diritto di M.F.. Secondo il ricorrente la Corte distrettuale avrebbe errato nel ritener che le due porzioni di fabbricato delle parti in causa fossero corpi autonomi e assolutamente separati perchè non avrebbe colto il fatto che, come emergerebbe dalle planimetria e dalle fotografie tratta vasi di un identico condominio di cui a pieno terra sono ubicati i box e sopra questi gli appartamenti dei condomini ed essendo comprovato che parte dell’appartamento del M. copre circa un terzo del box di D.I. mentre gli altri due terzi del suddetto box costituivano il lastrico solare a livello accessorio dell’appartamento del M.. La Corte, in buona sostanza, avrebbe omesso di valutare le risultanze probatorie che avrebbero portato ad una conclusione diversa da quella presa, omette rendo per altro di indicare le prove sulle quali avrebbe fondato la sua decisione.

4.1. – Il motivo è infondato non solo perchè, anche questo motivo, si risolve nella richiesta di una nuova e diversa valutazione dei dati processuali non proponibile nel giudizio i cassazione proprio perchè nel caso specifico la valutazione della Corte distrettuale non presenta alcun vizio logico e giuridico, ma, soprattutto, perchè la Corte distrettuale ha ampiamente mostrato di avere valutato attentamente tutto dati processuali ed ha chiaramente indicato le ragioni per le quali ha ritenuto che le due porzioni confinati oggetto di causa fossero corpi autonomi e separati. Come afferma la sentenza impugnata, l’affermazione che il lastrico solare costituisse una espansione naturale del contiguo terrazzo non era supportata da alcuna evidenza probatoria “(….) anzi si ritiene che essa confligga con il quadro istruttorio risultante dall’attività processuale di prime cure. L’esperita CTU nonchè le dichiarazioni testimoniali e le argomentazioni fornite dalle parti del giudizio a quo, rendono manifesta la riconducibilità delle due porzioni confinanti del fabbricato condominiale a diversi corpi di fabbrica, dunque, a due entità strutturali costituenti oggetto di diritti di proprietà immobiliare distinti e autonomi.

5. – Con il sesto motivo, il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 934 c.c. e ss., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe errato nel ritenere che D.I. vantasse un diritto di accessione in senso ascensionale, posto che l’accessione di cui all’art. 934 c.c. si riferisce solo alle costruzioni su terreno altrui e, non anche alle, ipotesi in cui le stesse siano realizzate da uno dei comproprietari su suolo comune. Piuttosto, gli immobili di che trattasi sarebbero inequivocabilmente inseriti in un contesto condominiale e pertanto il suolo costituirebbe una parte comune dell’edificio ex art. 1117 c.c..

5.1. – Il motivo è sostanzialmente assorbito dal terzo e quarto motivo. Qui è sufficiente aggiungere che la censura in esame muove da un presupposto che la Corte distrettuale, in vario modo, ha ritenuto insussistente e cioè che i beni oggetto di contesa fossero un unicum inserito in un contesto condominiale. Al contrario, la Corte ha chiarito con argomentazioni razionalmente condivisibili che le due porzioni confinanti del fabbricato condominiale identificava due diversi corpi di fabbrica, cioè, due diverse entità strutturali. Costituenti oggetto di diritti dir proprietà immobiliari distinti ed autonomi.

Ricorso incidentale.

6.= con l’unico motivo il ricorrente incidentale lamenta l’omessa applicazione dell’art. 96 c.p.c. in ordine alla condanna, a carico di M., per lite temeraria (ex art. 360 c.p.c., n. 3).

Secondo il ricorrente incidentale, la Corte distrettuale avrebbe omesso di decidere sulla domanda di condanna a carico del M. per lite temeraria ex art. 96 c.p.c..

Per altro, nonostante la palese infondatezza delle argomentazioni difensive il M. in evidente malafede avrebbe resistito alle domande formulate nei propri confronti con argomentazioni pretestuose e strumentali non suffragate da alcun supporto probatorio ed ha costantemente prolungato l’ostruzionismo presentando infondatamente e temerariamente il presente ricorso mantenendo sul bene la trascrizione introduttiva del presente giudizio ed impedendo al D.I. di disporre completamente della sua proprietà.

6.1. – Il motivo è inammissibile per novità della domanda posto che il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare, e non lo ha fatto, di aver ribadito la domanda proposta ex art. 96 c.p.c. in sede di precisazione delle conclusioni dato che dalle conclusioni riportate in sentenza non risulta che tale domanda sia stata ribadita e, dunque, coltivata. Il ricorrente, comunque, non ha neppure indicato elementi sufficienti per ritenere che durante tutto il corso del giudizio aveva insistito nella domanda pretermessa in dette conclusioni.

In definitiva, va rigettato il ricorso principale e il ricorso incidentale. In ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c., il ricorrente principale, essendo il soccombente prevalente, va condannato al rimborso in favore della parte controricorrente, delle spese relative al presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale, condanna il ricorrente principale a rimborsare parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazionem, il 27 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2017

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