Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14698 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/05/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 26/05/2021), n.14698

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17449-2019 proposto da:

B.M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE

SANTO 68, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA IASONNA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANLUCA CECERE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 536/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 04/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non

partecipata del 10/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LEONE

MARGHERITA MARIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte di appello di Salerno con la sentenza n. 536/2018, pronunciandosi su due diversi appelli riuniti per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva, aveva rigettato l’appello di B.M.A. avverso la decisione n. 3244/29016 (rg. n. 1023/16) con cui il tribunale di Salerno aveva rigettato la sua domanda di indennizzo ai sensi della L. n. 210 del 1992, per intervenuta decadenza ed aveva dichiarato inammissibile l’appello relativo alla sentenza n. 1618/2017, in quanto relativo a provvedimento che ribadiva il precedente rigetto dell’istanza di indennizzo manifestato con silenzio-rigetto, e dunque privo di autonoma decisività e lesività.

La Corte territoriale, con riguardo alla tempestività dell’azione aveva ritenuto che la consapevolezza della ricorrente circa la patologia e la sua origine causativa fosse risalente all’anno 1996/97 e che dunque la domanda di indennizzo del 2005 (13.6.2005) fosse tardiva.

Avverso detta decisione la B. proponeva ricorso affidato a due motivi cui resisteva il Ministero della Salute con controricorso.

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di Consiglio

La B. depositava memoria successiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1) Con il primo motivo di censura è dedotta la violazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per la errata valutazione, da parte del giudice, circa il momento di conoscenza della origine causativa della malattia.

Si osserva che, in disparte la errata tipologia del vizio denunciato, la Corte territoriale, con riferimento alla tempestività dell’azione proposta, ha accertato, con valutazione di merito estranea al giudizio di legittimità, che la B. era a conoscenza delle patologie in discussione sin dal 1996-97, allorchè si recava presso il nosocomio di Eboli per accertamenti e cure della stessa patologia.

Il giudizio espresso risulta coerentemente svolto alla luce dei principi espressi da questa Corte, secondo cui “In tema di indennizzo in favore di soggetti danneggiati da epatite post-trasfusionale, la decorrenza del termine triennale di decadenza per la proposizione della domanda, previsto dalla L. n. 210 del 1992, art. 3, comma 1, come modificato dalla L. n. 238 del 1997, va stabilita ricostruendo il momento in cui deve ritenersi maturata in capo all’interessato la conoscibilità del nesso causale tra la trasfusione e la patologia, sulla base di indici oggettivi e con alto grado di probabilità, alla luce delle nozioni comuni dell’uomo medio, eventualmente integrate da valutazioni mediche e secondo il parametro dell’ordinaria diligenza” (da ultimo Cass. n. 29453/2020; Cass. n. 22045/2017).

Il motivo deve pertanto essere rigettato.

2) Con il secondo motivo è dedotta violazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per la errata valutazione della corte sulla non lesività del provvedimento emesso successivamente al silenzio rigetto e confermativo dello stesso. La ricorrente assume la sussistenza dell’interesse alla impugnazione del detto provvedimento (inammissibilità dell’appello relativo alla sentenza n. 1618/2017) per la evidente ragione che altrimenti sarebbe diventato definitivo.

Il motivo risulta assorbito dal rigetto della prima censura dedotta restando accertato il momento della conoscenza della patologia e, dunque, la carenza di tempestività dell’azione proposta.

Il ricorso deve essere rigettato.

Nulla per le spese del giudizio, sussistendo le condizioni per l’applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c..

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

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