Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14697 del 19/07/2016


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Cassazione civile sez. III, 19/07/2016, (ud. 24/02/2016, dep. 19/07/2016), n.14697

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20791/2013 proposto da:

M.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

MONTE ZEBIO 9/11, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO DE

ARCANGELIS, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

STEFANO COMAND giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FRANCESCO ORESTANO 21, presso lo studio dell’avvocato FABIO

PONTESILLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

SILVIA PAJANI giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

ADRIATICA MARINA PER LO SVILUPPO DI INIZIATIVE TURISTICO PORTUALI

SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 427/2013 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 02/05/2013, R.G.N. 548/11 + 634/11;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/02/2016 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;

udito l’Avvocato FABIO PONTESILLI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il F. citò in giudizio il M. (che aveva eseguito lavori di manutenzione della sua barca) e la società Adriatica Marina spa (che gestiva il porto nel quale la barca era ormeggiata), per conseguire il risarcimento del danno conseguente all’affondamento della propria imbarcazione. Il Tribunale di Udine accolse la domanda contro il M. e respinse quella contro la società, ritenendo che: il contratto d’ormeggio stipulato con Adriatica Marina escludeva l’assunzione delle obbligazione del custode e, comunque, alla società non poteva ascriversi alcuna condotta censurabile; quanto al M., dalla deposizione testimoniale era emerso che era rimasta semiaperta una valvola a sfera costituente via diretta verso il mare, sicchè era plausibile che il lento affondamento dell’imbarcazione (ormeggiata nel porto solo nella serata precedente al naufragio, in esito ai lavori di ripristino effettuati dal M.) fosse riconducibile proprio a questa omessa chiusura; la responsabilità del M. non aveva origine contrattuale, bensì scaturiva dalla generale previsione della responsabilità aquiliana; restavano in quest’ultimo senso superate le eccezioni di decadenza e prescrizione sollevate dal M. stesso.

Proposero appello il M. e il F.. Il primo criticava: il rilievo attribuito dal primo giudice alla testimonianza de relato resa dal coniuge del F., secondo cui gli addetti intervenuti avevano riferito di aver rinvenuto semiaperta la suddetta valvola a sfera di diretta comunicazione tra la barca ed il mare; l’attribuita natura extracontrattuale alla responsabilità del M. ed il conseguente superamento delle sue eccezioni di decadenza nella denunzia dei vizi e nella prescrizione dall’azione.

Per canto suo, il F. insisteva per l’attribuzione di responsabilità alla Adriatica Marina spa.

Entrambi gli appelli sono stati respinti dalla Corte di Trieste, la quale ha ritenuto, in ragione delle testimonianze assunte, che l’affondamento era da attribuirsi proprio alla mancata chiusura della valvola a sfera. Pertanto – secondo il giudice d’appello – il tribunale aveva correttamente dato conto dell’esistenza di coerenti elementi presuntivi tali da ricondurre la responsabilità dell’accaduto al M. medesimo, il quale aveva operato sullo scafo, alando l’imbarcazione e, dunque, ragionevolmente intervenendo anche sulla valvola a sfera. Peraltro, era stato accertato nella mattina dell’affondamento che il M., nell’esecuzione dei lavori, aveva, appunto, lasciata aperta la valvola in questione. Aggiunge pure la sentenza d’appello che l’azione era stata correttamente qualificata come di natura extracontrattuale, posto che il F. non s’era doluto dei lavori commissionati al M. e da questo eseguiti, bensì della mancata verifica delle condizioni di sicurezza della barca o di quanto necessario per assicurarne la stabilità al momento del varo o dell’ormeggio; sicchè, doveva farsi applicazione del principio secondo cui può profilarsi la responsabilità extracontrattuale del prestatore, con conseguente irrilevanza dell’intempestività nella denunzia dei vizi (sul punto è citata Cass. n. 1874/00).

Propone ricorso per cassazione il M. attraverso tre motivi. Il F. ha depositato controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo (violazione di legge), che contesta la responsabilità del M. nella verificazione dell’evento dannoso, è inammissibile. In primo luogo, esso tratta delle testimonianze assunte senza neppure trascriverle (se non per qualche insufficiente accenno), nè specificamente indicarle, così contravvenendo all’onere imposto dall’art. 366 c.p.c., n. 6. Per altro verso, il motivo si risolve nella richiesta diretta alla Corte di legittimità di un nuovo esame ed una diversa valutazione di quanto emerso nei giudizi di merito.

Il secondo motivo (art. 360 c.p.c., n. 3) ed terzo motivo (art. 360 c.p.c., n. 5) criticano la sentenza nel punto in cui ha qualificato quella esperita dal F. come azione extracontrattuale, affermano, invece, la natura contrattuale della prestazione accessoria in questione e ne fanno conseguire la decadenza dalla denunzia di vizi e difformità dell’opera, nonchè la prescrizione dell’azione (la consegna era avvenuta il 10.4.2006 e la citazione era stata notificata il 24 aprile 2007) di cui alla disposizione dell’art. 2226 c.c..

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati.

Come s’è visto in precedenza, la sentenza, per rigettare l’eccezione del M. di decadenza e prescrizione di cui all’art. 2226 c.c., ha affermato la natura extracontrattuale della sua responsabilità, nella considerazione che l’azione del F. era stata proposta in relazione a fatti diversi da quelli oggetto dello specifico regolamento negoziale.

Tuttavia, occorre innanzitutto osservare che la stessa sentenza riconosce che nell’atto di citazione introduttivo il F. aveva affermato che tra i lavori commissionati al M. e da questo eseguiti erano compresi la “manutenzione ordinaria e straordinaria, l’alaggio e il varo” (pagg. 13 e 14). Circostanza, quest’ultima, che contraddice la precedente e che lascia comprendere che tra le opere commissionate v’era anche quella di riportare ad ormeggio la barca e porla in sicurezza per il galleggiamento e la navigazione.

Ma, pur volendo prescindere da questa considerazione, occorre rilevare che il giudice non ha tenuto conto del consolidato principio giurisprudenziale secondo cui la buona fede e la correttezza nell’esecuzione del contratto (art. 1175 c.c.) si sostanziano in un generale obbligo di solidarietà (derivante soprattutto dall’art. 2 Cost.) che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali, quanto dal dovere extracontrattuale del “neminem laedere”, trovando tale impegno solidaristico il suo limite precipuo unicamente nell’interesse proprio del soggetto, tenuto, pertanto, al compimento di tutti gli atti giuridici e o materiali che si rendano necessari alla salvaguardia dell’interesse della controparte nella misura in cui essi non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico (tra le tante, cfr. Cass. n. 14605/04, n. 25410/13).

Nella specie, il giudice ha dunque omesso di valutare – in ragione sia dell’azione concretamente proposta dal F., sia del concreto assetto contrattuale, sia del generale principio solidaristico – se quella particolare prestazione (la cui omissione s’è accertato essere causa dell’affondamento) fosse inclusa nel regolamento negoziale, costituisse prestazione accessoria rispetto all’opera pattuita oppure, comunque, fosse un’attività materiale necessaria alla salvaguardia dell’interesse della controparte; con tutte le conseguenze in ordine alla decadenza e la prescrizione fissate dall’art. 2226 c.c..

In quest’ordine di idee, la sentenza va cassata ed il giudice del rinvio, anche alla luce dell’enunciato principio, procederà alla nuova valutazione degli elementi emersi in atti.

PQM

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla corte d’appello di Trieste in diversa composizione, anche perchè provveda sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2016

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