Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14697 del 14/07/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 14697 Anno 2015
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: PICARONI ELISA

SENTENZA
sul ricorso 8534-2010 proposto da:
BOTTINO

ANGELA

BTTNGL25A69D969F,

PATRI

MARIA

PTRMRA35B46D969C, COSTA PAOLA nata a GENOVA il
01/12/1949, NELLA QUALITA’ DI PROCURATRICE DELLE
FIGLIE DELUCCHI FRANCESCA C.F.DLCFNC77B57D969R E
DELUCCHI ANNA C.F.DLCNNA82B52D969I, GEA SRL
2015
1314

00430330480, IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE P.T.,
PETRILLI GIANLUIGI PTRGLG42E21D969I, SERRA GIANCARLO
SRRGCR50E28D969D, LAURIA LUIGI LRALGU45A13B429U, SEMEA
SS 80023400106, IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE E AMM.RE
UNICO, elettivamente domiciliati in ROMA, LARGO CARLO

Data pubblicazione: 14/07/2015

il

GOLDONI 47, presso lo studio dell’avvocato FABIO
PUCCI, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti contro
NANI ALFREDO NNALRD41L10C621N, IN PROPRIO EX ART. 86

presso lo studio dell’avvocato FRANCO FORNI, che lo
rappresenta e difende unitamente a sè medesimo;
– controricorrente avverso la sentenza n. 186/2009 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 14/02/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/05/2015 dal Consigliere Dott. ELISA
PICARONI;
udito l’Avvocato Pucci Fabio difensore dei ricorrenti
che riguardo all’eccezione preliminare di mancata
comunicazione dell’udienza odierna al difensore di
parte resistente, si rimette alla Corte nel merito, e
si riporta alle difese in atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per la
0..»J. OU
regolarizzazione della notifica dell’Udienza, per il
rinvio per integrazione del contraddittorio,
subordine, il rigetto.

in

CPC, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PLINIO 22,

Ritenuto in fatto
1. –

impugnata la sentenza della Corte d’appello di Ge-

nova, depositata il 14 febbraio 2009, che ha accolto l’appello
proposto da Alfredo Nani avverso la sentenza del Tribunale di

1.1. – Il condomino Alfredo Nani aveva agito contro il
Condominio per l’annullamento della delibera 7 luglio 1994,
nella parte in cui – per quanto ancora di interesse – recava
l’approvazione dell’esecuzione di un intervento di ristrutturazione dell’ascensore, essendo stata adottata con la partecipazione dei soli condomini proprietari degli appartamenti situati dal primo all’ultimo piano dell’edificio, con esclusione
dei proprietari del piano ammezzato e dei negozi.
Il Condominio aveva contestato la domanda, evidenziando
che l’ascensore era sempre stato al servizio dei soli appartamenti situati al di sopra del piano ammezzato, ed apparteneva
soltanto ai proprietari dei predetti immobili.
1.2. – Il Tribunale aveva rigettato la domanda.
2. – Proposto appello dal sig. Nani, cui resisteva il Condominio, la Corte territoriale ribaltava la decisione sul rilievo che l’intervento in oggetto non riguardava semplicemente
la manutenzione degli ascensori – ciò che avrebbe giustificato
l’intervento dei soli condomini che ne usufruivano – ma era
finalizzato alla conservazione della cosa comune e quindi do-

Genova, e nei confronti del Condominio via XX Settembre n. 33.

veva essere approvato con la partecipazione di tutti i condomini.
2.1. – La Corte d’appello richiamava la giurisprudenza di
legittimità in tema di riparto delle spese di manutenzione e

1124 cod. civ., applicabile analogicamente all’ascensore,
stante l’identità di ratio.
3. – Ricorrono per la cassazione della sentenza d’appello
i condomini Angela Bottino, Paola Costa, Maria Patri, Gianluigi Petrilli, la SEMEA società semplice, Luigi Lauria, Giancarlo Serra e la GEA s.r.1., sulla base di tre motivi.
Resiste con controricorso Alfredo Nani.
Considerato in diritto
l. –

Preliminarmente si deve affermare la regolarità

dell’avviso di udienza effettuato nella cancelleria di questa
Corte dopo che, dalla relazione di notifica dell’avviso presso
il domicilio eletto, era risultato l’avvenuto decesso del domiciliatario

(ex plurinals,

Cass., Sez. U., sentenza n. 13908

del 2011).
1.1. – Ancora in via preliminare, si deve rilevare che gli
odierni ricorrenti hanno proposto il ricorso sulla base della
legittimazione autonoma, spettante a ciascun condomino, ad impugnare la sentenza sfavorevole al Condominio in luogo
dell’amministratore rimasto inerte

(ex plurimis,

Cass., sez.

2^, sentenza n. 12588 del 2002; sez. 3^, sentenza n. 10717 del

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delle scale, da effettuarsi secondo la regola posta dall’art.

2011), ma non hanno notificato il ricorso al Condominio di via
XX Settembre 33, che ha resistito in entrambi i gradi di merito all’azione proposta dal condomino Nani. Si porrebbe, quindi, la necessità di disporre la notifica del ricorso

nibile la decisione a tutti i condomini.
Tuttavia, in applicazione del principio processuale della
“ragione più liquida”, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost.
(Cass., Sez. U., sentenza n. 9936 del 2014), si ritiene di esaminare direttamente i motivi di merito, suscettibili di assicurare la sollecita definizione del giudizio, evitando inutile dispendio di energie processuali.
2. – Il ricorso è infondato.
2.1. – Con il primo motivo è dedotta violazione e falsa
applicazione degli artt. 1104, 1105 e 1124 cod. civ.
Si assume che la Corte d’appello avrebbe dato atto che la
proprietà dell’ascensore è dei soli condomini che utilizzano
l’impianto, per poi, contraddittoriamente, ritenere necessaria
la partecipazione di tutti i condomini alla deliberazione dei
lavori di sostituzione dello stesso.
In ossequio al disposto di cui all’art. 366-bis cod. proc.
civ., applicabile

ratione temporis, è

formulato il seguente

quesito di diritto: «(se,] qualora un impianto sito in un condominio (nel caso di specie un ascensore) sia di proprietà solo di alcuni condomini, è solo a questi ultimi che competono

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all’amministratore del Condominio, allo scopo di rendere oppo-

tutte le decisioni in merito a tale impianto, così come le relative spese, applicandosi in tal caso la normativa sulla comunione (artt. 1104, 1105 e ss. cod. civ.)».
2. – Con il secondo motivo è dedotta violazione dell’art.

Si assume l’erroneità della decisione della Corte
d’appello anche nella prospettiva dell’applicazione delle norme in materia di condominio. Posto, infatti, che l’art. 1117,
n. 3), cod. civ. indica l’ascensore tra i beni comuni in quanto destinati all’uso comune, nel caso di specie tale uso non
era stato dimostrato dalla parte sulla quale gravava l’onere
probatorio.
A corredo del motivo, è formulato il seguente quesito di
diritto: «[se,] i beni indicati al n. 3) dell’art. 1117 cod.
civ. devono intendersi comuni a tutti i condomini solo in
quanto e a condizione che siano all’effettivo servizio di tutte le unità immobiliari di cui si compone il condominio, con
inversione dell’onere della prova sul punto rispetto ai beni
elencati ai nn. 1) e 2) di detta norma».
3. – Con il terzo motivo è dedotta violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 1123 e 1124 cod. civ.
Si assume, infine, l’erronea applicazione dei principi in
tema di riparto delle spese di manutenzione e ricostruzione
del bene comune, che deve seguire l’effettivo utilizzo del bene.

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1117 cod. civ.

A corredo del motivo, è formulato il seguente quesito di
diritto: «[se] le opere di conservazione delle scale e, ragionando per analogia, dell’ascensore, devono essere deliberate e
pagate dai soli condomini cui servono, come dispone l’art.

4. – Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente perché sotto profili diversi e gradati hanno ad oggetto
la medesima questione della partecipazione di tutti i condomini all’assemblea convocata per deliberare in ordine
all’intervento di sostituzione dell’ascensore condominiale,
sono all’evidenza infondate.
4.1. – La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui la proprietà dell’ascensore è comune a tutti i condomini, salvo titolo diverso, e che il criterio di ripartizione delle relative spese contenuto nell’art.
1124 cod. civ. non incide sul regime di proprietà.
4.2. – Non hanno costituito oggetto di esame da parte della Corte d’appello né la questione dell’esistenza o non, nel
caso di specie, di una deroga convenzionale alla disciplina
legale, e quindi anche alla c.d. presunzione di proprietà comune, sancita dall’art. 1117 cod. civ., né la questione della
destinazione effettiva del bene, con le necessarie implicazioni, in termini di accertamento di fatto (l’ascensore, come le
scale, serve a raggiungere parti dell’edificio che possono es-

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1124 cod. civ. o da tutti i condomini».

sere comuni in proprietà individuale), e la sentenza d’appello
non è censurata per omesso esame delle predette questioni.
4.3. – In questa prospettiva si deve leggere il richiamo
conclusivo operato dal giudice d’appello alla sentenza di que[rectius n. 5975] del 2004, in tema di cri-

teri di riparto delle spese riguardanti la manutenzione, ricostruzione e installazione dell’ascensore.
4.3.1. – La pronuncia citata, dopo aver ribadito che la
disciplina contenuta negli artt. 1123-1125 cod. civ., sul riparto delle spese inerenti ai beni comuni, è suscettibile di
deroga con atto negoziale, e, quindi, anche con il regolamento
condominiale che abbia natura contrattuale, ha affermato che
«deve ritenersi legittima non solo una convenzione che ripartisca tali spese tra i condomini in misura diversa da quella
legale, ma anche quella che preveda l’esenzione totale o parziale per taluno dei condomini dall’obbligo di partecipare alle spese medesime. In quest’ultima ipotesi, nel caso cioè in
cui una clausola del regolamento condominiale stabilisca in
favore di taluni condomini l’esenzione totale dall’onere di
contribuire a qualsiasi tipo di spese (comprese quelle di conservazione), in ordine a una determinata cosa comune (come ad
es. l’ascensore), si ha il superamento nei riguardi della suddetta categoria di condomini della presunzione di comproprietà
su quella parte del fabbricato».

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sta Corte n. 4975

4.3.2. – In assenza di siffatta previsione contrattuale,
la proprietà comune del bene impone la partecipazione di tutti
i condomini alle decisioni che concernono detto bene.
5. – Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricor-

dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 2.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 7 maggio

renti alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in

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