Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14694 del 09/07/2020

Cassazione civile sez. I, 09/07/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 09/07/2020), n.14694

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

F.M., rappr. e dif. dall’avv. Marco Lanzilao,

marcolanzilao.ordineavvocatiroma.org, elett. dom. presso lo studio

dello stesso in Roma, viale Angelico n. 38, come da procura spillata

in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappr. e dif.

ex lege dall’Avvocatura dello Stato, presso i cui Uffici, in Roma,

via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato;

– costituito –

per la cassazione della sentenza App. Roma 5.3.2019, n. 1549/2019, in

R.G. 4344/2017;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Massimo Ferro alla camera di consiglio del 19.2.2020.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. F.M. impugna la sentenza App. Roma 5.3.2019, n. 1549/2019, in R.G. 4344/2017 che ha rigettato l’appello avverso l’ordinanza Trib. Roma 24.5.2017 in R.G. 48582/15, reiettiva del ricorso avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale, la quale aveva escluso i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria e altresì quella umanitaria con concessione del permesso di soggiorno;

2. la corte ha così escluso il rispetto, nell’atto di appello, della necessaria specificità delle censure, non avendo il richiedente avversato le motivazioni con cui il tribunale ha rilevato quali generiche e lacunose le dichiarazioni rese quanto all’espatrio ed estranea la zona di provenienza ((OMISSIS)) a situazioni di violenza indiscriminata o conflitto armato attinente al (OMISSIS);

3. il ricorso descrive un unico motivo di censura, avversato dal Ministero che si è costituito in funzione dell’eventuale partecipazione all’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il motivo si avversa la valutazione di inammissibilità dell’appello, per violazione dell’art. 342 c.p.c., avendo con esso la parte contestato che il tribunale non aveva considerato le effettive condizioni del (OMISSIS) e così chiedendo alla corte una nuova valutazione di merito;

2. il motivo è inammissibile, poichè non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata la quale, nell’evidenziare le omissioni di deduzione dell’atto di appello, non ha contestato alla parte l’omessa critica ai punti di decisione assunti dal tribunale quanto piuttosto il difetto di riferimenti specifici alle motivazioni con cui il primo giudice era giunto alle conclusioni reiettive della domanda; ed anche per il presente ricorso, nonostante la trascrizione del gravame e il richiamo – per come fatta in sede d’appello della scelta processuale di rinvio alle “linee difensive di primo grado”, la relativa ammissibilità dovrebbe procedere – come non avvenuto – da un’esplicitazione non solo della parte di sentenza che s’intendeva impugnare, bensì delle ragioni a fondamento della censura che si contrapponevano, argomentativamente, alla motivazione con cui il primo giudice aveva negato la domanda e poi, quello d’appello, nel supposto vizio di omessa pronuncia, aveva trascurato decisivamente di riesaminare; tale canone di autosufficienza non è stato rispettato (Cass. 22880/2017);

3. va dunque data continuità al principio, per cui, in primo luogo, “in materia di appello, affinchè un capo di sentenza possa ritenersi validamente impugnato, è necessario che l’atto di gravame esponga compiute argomentazioni che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, mirino ad incrinarne il fondamento logico-giuridico; tanto presuppone che sia trascritta o riportata con precisione la pertinente parte motiva della sentenza di primo grado, il cui contenuto costituisce l’imprescindibile termine di riferimento per la verifica in concreto del paradigma delineato dagli artt. 342 e 343 c.p.c. e, in particolare, per apprezzare la specificità delle censure articolate” (Cass. 3194/2019); tale onere non è stato assolto dal ricorrente; lo stesso principio permette di integrarsi con il canone espresso da Cass. s.u. 27199/2017 per cui “gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice” (conf. Cass. 13535/2018); ed è proprio il limite di esposizione delle ragioni a confronto – ordinanza del tribunale e motivi d’appello – ad aver trovato censura nella sentenza ora impugnata;

4. nella specie, le doglianze restano in ogni caso ed infatti del tutto generiche, poichè il ricorso non censura la valutazione di carenza di specificità chiaramente alla base della pronuncia della corte, espressa tanto con riguardo al giudizio negativo del primo giudice sulla valutazione delle dichiarazioni rese avanti al tribunale, quanto sull’assenza di conflitti o violenze ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c per la zona di provenienza; il ricorso è invero non rispettoso del principio per cui, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6, “in tema di protezione internazionale sussidiaria, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ove il richiedente invochi l’esistenza di uno stato di diffusa e indiscriminata violenza nel Paese d’origine tale da attingerlo qualora debba farvi rientro, e quindi senza necessità di deduzione di un rischio individualizzato, l’attenuazione del principio dispositivo, cui si correla l’attivazione dei poteri officiosi integrativi del giudice del merito, opera esclusivamente sul versante della prova, non su quello dell’allegazione; ne consegue che il ricorso per cassazione deve allegare il motivo che, coltivato in appello secondo il canone della specificità della critica difensiva ex art. 342 c.p.c., sia stato in tesi erroneamente disatteso, restando altrimenti precluso l’esercizio del controllo demandato alla S.C. anche in ordine alla mancata attivazione dei detti poteri istruttori officiosi” (Cass. 13403/2019, 26728/2019);

il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e sussistono i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. 9660/2019, 25862/2019).

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020

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