Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14694 del 05/07/2011

Cassazione civile sez. III, 05/07/2011, (ud. 05/05/2011, dep. 05/07/2011), n.14694

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 9339/2010 proposto da:

D.C.D. (OMISSIS), P.A.M.

(OMISSIS), D.C.A. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 110, SC/1 INT.

9, presso lo studio dell’avvocato D’IPPOLITO NICOLA, rappresentati e

difesi dall’avvocato CIARDO Gabriele, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 222/2009 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

27/01/09, depositata il 30/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito l’Avvocato De Giovanni Enrico (Avvocatura Generale dello

Stato), difensore del controricorrente e ricorrente incidentale che

si riporta agi scritti insistendo per l’accoglimento del ricorso

incidentale ed in subordine per la trattazione in P.U., deposita

copie sentenze gradi di merito;

è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha

concluso in via principale per la trattazione in P.U. del ricorso ed

in subordine concorda con la relazione.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. – E’ chiesta la cassazione della sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Torino in data 27.1.2009 e pubblicata il 12.2.2009 in materia di risarcimento danni da responsabilità extracontrattuale a seguito di contagio da emotrasfusioni.

Ai ricorsi proposti contro sentenze o provvedimenti pubblicati, una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Sono stati proposti ricorso principale e ricorso incidentale condizionato.

I ricorsi possono essere trattati in camera di consiglio rispettando, entrambi, i requisiti di cui all’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis nella specie, avendo i ricorrenti proposto i rispettivi quesiti di diritto.

I ricorrenti principali, con unico motivo, denunciano la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., e vizio di motivazione in relazione alla incidenza, causale e la gravità delle omissioni rispetto al danno da contagio post-trasfusionale.

Il ricorrente incidentale, con unico motivo, denuncia violazione di legge in relazione al termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2947 c.c., comma 1.

Entrambe le censure mosse dai ricorrenti – principale ed incidentale – sono relative al tema della responsabilità extracontrattuale del Ministero della Salute in ordine al contagio da emoderivati.

Il ricorso principale è fondato.

Sul tema le S.U. di questa Corte, con la nota sentenza in data 11.1.2008 n. 576, hanno puntualmente stabilito i principii di diritto applicabili.

Ai fini che qui interessano va ricordato che le S.U. hanno affermato che trattandosi di responsabilità civile aquiliana, a carico del Ministero per omesso controllo del sangue utilizzato per le trasfusioni, il nesso causale è regolato dal principio di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., per il quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonchè dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla base del quale, all’interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano – ad una valutazione ex ante – del tutto inverosimili, ferma restando, peraltro, la diversità del regime probatorio applicabile, in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi: nel senso che, nell’accertamento del nesso causale in materia civile, vige la regola della preponderanza dell’evidenza o del più probabile che non, mentre nel processo penale vige la regola della prova oltre il ragionevole dubbio. Ne consegue che – sussistendo a carico del Ministero della sanità (oggi Ministero della salute), anche prima dell’entrata in vigore della L. 4 maggio 1990, n. 107, un obbligo di controllo e di vigilanza in materia di raccolta e distribuzione di sangue umano per uso terapeutico il giudice, accertata l’omissione di tali attività con riferimento alle cognizioni scientifiche esistenti all’epoca di produzione del preparato, ed accertata l’esistenza di una patologia da virus HIV, HBV o HCV in soggetto emotrasfuso o assuntore di emoderivati, può ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell’insorgenza della malattia e che, per converso, la condotta doverosa del Ministero, se fosse stata tenuta, avrebbe impedito il verificarsi dell’evento.

Ora, la Corte di merito, pur dando atto dei principii posti dalla richiamata sentenza delle S.U., ha ritenuto che al Ministero avrebbe potuto attribuirsi, secondo un criterio probabilistico, una responsabilità da atto omissivo per il contagio attraverso emotrasfusione di una delle indicate malattie (HIV, HCV, HBV) soltanto qualora la mancata effettuazione dei c.d. markers surrogati (test in grado di evidenziare l’epatite non A e non B) avesse dato una consistenza probabilità (superiore al 50%) che questo sarebbe stato in grado di prevenire il rischio da contagio. E la stessa, sulla base delle risultanze della c.t.u. espletata nel giudizio di primo grado, ha ritenuto che non fosse stata raggiunta la prova del nesso causale, non essendo stato superato il limite del 50% di probabilità circa l’idoneità dei markers surrogati ad evidenziare motivi che sconsigliassero la trasfusione per il rischio di contagio di patologie all’epoca gà note.

Ma, così facendo, ha disatteso le indicazioni fornite dalle S.U. in ordine alla presenza di altri fattori alternativi che avrebbero potuto escludere il nesso di causalità fra la condotta doverosa di controllo e vigilanza prescritta al Ministero ed omessa, e l’evento di contagio, prendendo, piuttosto, a parametro una nozione scientifica del più probabile che non riferita dalle S.U. al criterio della causalità materiale, ai sensi degli artt. 40 e 41 c.p., e dalla regolarità causale.

In altri termini, posto che sul Ministero gravava un obbligo di controllo, direttive e vigilanza in materia di impiego di sangue umano per uso terapeutico (emotrasfusioni o preparazione di emoderivati), il Giudice, accertata l’omissione di tali attività, con riferimento all’epoca di produzione del preparato, alla conoscenza oggettiva ai più alti livelli scientifici della possibile veicolazione di virus attraverso sangue infetto; quindi, accertata l’esistenza di una patologia da virus HIV o HBV o HCV in soggetto emotrasfuso o assuntore di emoderivati, può ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell’insorgenza della malattia, e che, per converso, la condotta doverosa del Ministero, se fosse stata tenuta, avrebbe impedito il verificarsi dell’evento.

A fronte dell’omissione di controlli e vigilanza sul sangue utilizzato per emotrasfusioni, di nessun rilievo è, invece, la circostanza che i markers dell’epoca non erano in grado di fornire una consistenza probabilità (superiore al 50%) della possibilità di prevenire il rischio da contagio.

Tale assunto non investe la prova del nesso causale tra omissione di controllo ed il contagio, da realizzare attraverso il principio della c.d. preponderanza probatoria, ma solo il diverso punto se i markers fossero mezzi validi o meno ad evidenziare il rischio da contagio. Ma il comportamento omissivo del Ministero non si esauriva nella sola omissione di effettuazione dei markers, ma, più in generale, nel mancato esercizio dell’attività di controllo e vigilanza in merito alla tracciabilità del sangue. Viceversa, non può riconoscersi la responsabilità per omissione quando il comportamento omesso, se anche fosse stato tenuto, non avrebbe, comunque, impedito l’evento prospettato.

Il Giudice pertanto è tenuto ad accertare se l’evento sia ricollegabile all’omissione (causalità omissiva), nel senso che esso non si sarebbe verificato se (causalità ipotetica) l’agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli, con esclusione di fattori alternativi. L’accertamento del rapporto di causalità ipotetica passa attraverso l’enunciato controfattuale che pone, al posto dell’omissione, il comportamento alternativo dovuto, al fine di verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato (così S.U. n. 576/2008).

A tali principi dovrà conformarsi il giudice del rinvio.

Quanto al ricorso incidentale, le S.U. con la richiamata sentenza 11.1.2008, n. 576 – sulla base di quanto affermato circa la natura extracontrattuale della responsabilità del Ministero della Salute per i danni conseguenti ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da soggetti emotrasfusi, – hanno stabilito che il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma dell’art. 2935 cod. civ., e art. 2947 cod. civ., comma 1, non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche; a tal fine coincidente, non con la comunicazione del responso della Commissione medica ospedaliera di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 4, bensì con la proposizione della relativa domanda amministrativa.

Correttamente, pertanto, la Corte di merito ha ritenuto, accogliendo sul punto l’appello proposto dagli attuali ricorrenti di cui alla sentenza parziale gravata di riserva di ricorso per cassazione, che il diritto al risarcimento del danno non fosse prescritto, posto che la domanda di indennizzo, ai sensi della L. n. 210 del 1992, era stata presentata nel febbraio del 2001 e la presente azione di risarcimento dei danni subiti era stata proposta con domanda notificata il 30.10.2005, quando ancora il termine di prescrizione quinquennale non era decorso.

E’, pertanto, destituita di fondamento la censura dell’odierno ricorrente incidentale fondata sulla supposta anteriorità della scoperta della patologia derivata a periodo antecedente alla presentazione della domanda di indennizzo e successiva alla data di entrata in vigore della L. n. 210 del 1992.

Il ricorso incidentale va, quindi, rigettato”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte, ma il resistente e ricorrente incidentale è stata ascoltato in camera di consiglio.

Il resistente e ricorrente incidentale ha anche presentato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Preliminarmente i ricorsi – principale ed incidentale condizionato – vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ..

A seguito della discussione sui ricorsi, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio – esaminati i rilievi contenuti nella memoria che non apportano elementi tali da giungere a conclusioni diverse da quelle indicate nella relazione – ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa.

Conclusivamente, il ricorso principale è accolto, mentre quello incidentale è rigettato.

La sentenza è cassata in relazione, e la causa è rinviata alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione.

Le spese sono rimesse al giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale. Cassa in relazione e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2011

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