Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14693 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/05/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 26/05/2021), n.14693

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 38148-2019 proposto da:

D.R.N., elettivamente domiciliato presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e

difeso dall’Avvocato PASQUALE RIPABELLI;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE DI CASERTA DELLA REGIONE CAMPANIA, in

persona del Direttore Generale pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DI VIGNA MURATA 31, presso lo studio

dell’avvocato GENNARO GIAMETTA, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3246/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 16/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non

partecipata del 24/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DE FELICE

ALFONSINA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’Appello Napoli, a conferma della sentenza del Tribunale di S.Maria Capua Vetere, ha rigettato la domanda di D.R.N., diretta ad ottenere il risarcimento del danno professionale, esistenziale e morale derivante dalla condotta asseritamente persecutoria posta in essere dall’Asl CE1 di Caserta, ove lo stesso prestava servizio con qualifica di Dirigente dell’Unità Operativa Veterinaria n. 28 sede di Teano;

la Corte territoriale ha escluso l’intento lesivo della condotta dell’amministrazione, riscontrando le cause dei ritardi e delle inadempienze denunciati dal lavoratore nelle difficoltà operative tipiche delle strutture pubbliche, sì come derivanti dalla carenza di risorse e dagli ordinari irrigidimenti burocratici – riconducili ad entrambe le parti nella concreta gestione del rapporto professionale;

la cassazione della sentenza è domandata da D.R.N. sulla base di un unico motivo, illustrato da successiva memoria;

l’Asl CE1 di Caserta ha depositato tempestivo controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di Consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

la memoria depositata dalla difesa del N. ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., va ritenuta inammissibile, in quanto pervenuta presso la cancelleria di questa Corte oltre il termine stabilito dall’articolo citato;

pertanto, il suo contenuto non può essere preso in considerazione, non essendo applicabile per analogia l’art. 134 disp. att. c.p.c., comma 5, disposizione che riguarda esclusivamente il ricorso ed il controricorso (Cass. n. 31041 del 2019 e Cass. n. 8216 del 2020);

venendo all’esame del ricorso, con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, D.R.N. denuncia “Violazione dell’art. 116 c.p.c. – Dovere del giudice di valutare le prove secondo il proprio prudente apprezzamento”; contesta la decisione gravata per aver omesso di attribuire i fatti oggetto di doglianza all’intento persecutorio perpetrato dall’azienda sanitaria ai suoi danni, limitandosi a ricondurli a ragioni organizzative di natura oggettiva (quali la carenza di risorse), con ripercussioni sulla struttura pubblica e, conseguentemente, sulla gestione del rapporto professionale;

il motivo è inammissibile;

secondo il consolidato orientamento di legittimità, “In tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento dell’art. 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 de 2012, art. 54, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012” (Cass. n. 23940 del 2017);

nel caso in esame, come appare evidente dalla stessa prospettazione della censura, parte ricorrente non intende contestare una violazione di norme sostanziali o processuali, bensì denunciare la mancata valutazione dei comportamenti perpetrati dall’azienda nei suoi confronti da parte dei giudici del merito quale condotta mobizzante, secondo la deduzione tipica del vizio di motivazione;

è appena il caso di rilevare che, seppure il motivo di ricorso venisse correttamente riqualificato alla stregua dell’orientamento sopra richiamato, esso sarebbe del pari da considerarsi inammissibile, in presenza di una doppia conforme (ex plurimis, Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 19001 del 2016; Cass. n. 5528 del 2014);

in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione dell’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 6.000,00 a titolo di compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. l, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

 

 

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