Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14691 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 26/05/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 26/05/2021), n.14691

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12998/2017 proposto da:

C.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 28,

presso lo studio dell’avvocato ROSARIO LIVIO ALESSI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RAIMONDO MAIRA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1130/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 18/11/2016 R.G.N. 680/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/02/2021 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. la Corte d’Appello di Catania, giudice del rinvio a seguito della sentenza di questa Corte n. 12363/2012, ha riformato la sentenza n. 840/2005 con la quale il Tribunale di Caltanissetta aveva accolto il ricorso proposto da C.R., appartenente al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario della scuola (ATA), ed aveva dichiarato il diritto della stessa della L. n. 124 del 1999, ex art. 8, comma 2, al riconoscimento a fini giuridici ed economici dell’intera anzianità di servizio maturata presso l’ente locale di provenienza, condannando, di conseguenza, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca al pagamento delle differenze retributive con decorrenza dal gennaio 2000;

2. la Corte territoriale, riassunti i fatti di causa, ha premesso che la sentenza rescindente, con la quale era stata cassata la sentenza n. 300/2007 della Corte d’Appello di Caltanissetta che aveva rigettato la domanda, aveva demandato al giudice del rinvio di accertare se al momento del passaggio dall’ente locale allo Stato si fosse verificata una riduzione sostanziale del trattamento retributivo ed aveva precisato che il confronto doveva essere globale, cioè non limitato ad uno specifico istituto, e che non potevano assumere rilievo eventuali disparità di trattamento con i lavoratori già in servizio presso il cessionario;

3. la Corte territoriale ha evidenziato che, sulla base del principio di diritto enunciato dalla pronuncia rescindente, non poteva trovare accoglimento la domanda, ancora riproposta in sede di rinvio, di riconoscimento integrale dell’anzianità pregressa al fine di ottenere un trattamento retributivo pari a quello di un dipendente statale con eguale anzianità, posto che il criterio, escluso dalla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 218, non era stato ritenuto necessario per conformare l’ordinamento interno al diritto dell’Unione;

4. il giudice del rinvio ha poi rilevato che le generiche allegazioni, contenute nell’originario ricorso introduttivo, in merito ad un peggioramento subito per effetto del passaggio, non trovavano riscontro nella documentazione prodotta perchè dall’esame dei cedolini paga relativi al periodo immediatamente precedente (settembre/dicembre 1999) e successivo (gennaio 2000) al trasferimento nei ruoli statali emergeva che il complessivo trattamento retributivo corrisposto alla C. era rimasto immutato;

5. ha ritenuto, pertanto, inammissibile la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio in ragione del suo carattere esplorativo;

6. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso C.R. sulla base di due motivi, ai quali non ha opposto difese il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 394 e 384 c.p.c., con conseguente “violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 2005, poichè in violazione del precetto dell’art. 117 Cost., comma 1 e dell’art. 6Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali nonchè in violazione delle generali norme di interpretazione; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”;

1.1. sostiene che la Corte territoriale, in quanto giudice del rinvio, doveva limitarsi ad applicare il principio affermato nella sentenza rescindente e non fornire una nuova interpretazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 218, tra l’altro in contrasto con quanto affermato dalla Corte di legittimità e dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 6 settembre 2011;

2. la seconda censura, formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, addebita alla sentenza impugnata la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116,61,424 e 441 c.p.c., in relazione agli artt. 384 e 394 c.p.c., nonchè “motivazione omessa e contraddittoria circa un fatto decisivo per il giudizio”;

2.1. sostiene la ricorrente che il peggioramento retributivo non poteva essere escluso perchè “il mancato riconoscimento di una anzianità di così molti anni doveva e deve necessariamente portare ad una differenza retributiva peggiorativa a far data dal trasferimento al MIUR” ed aggiunge che l’indagine doveva essere condotta nel rispetto dei principi indicati dalla Corte di Giustizia, disponendo, eventualmente, l’invocata consulenza tecnica d’ufficio;

3. il ricorso è inammissibile in entrambe le sue articolazioni;

occorre premettere che, in caso di ricorso proposto avverso la sentenza emessa in sede di rinvio, ove sia in discussione la portata del decisum della pronuncia rescindente, la Corte di cassazione, nel verificare se il giudice di rinvio si sia uniformato al principio di diritto da essa enunciato, deve interpretare la propria sentenza in relazione alla questione decisa ed al contenuto della domanda proposta in giudizio dalla parte (Cass. n. 3955/2018);

4. nel caso di specie questa Corte, con la sentenza n. 12363/2012, pronunciata all’esito degli interventi della Corte di Giustizia (sentenza 6 settembre 2011 in causa C-108/10, Scattolon) e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (sentenza 7 giugno 2011, Agrati), non ha affatto demandato al giudice del rinvio di disapplicare la L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 218, perchè in contrasto con gli artt. 117 Cost. e art. 6 CEDU nè ha affermato che, in caso di accertata reformatio in peius, doveva essere integralmente riconosciuta l’anzianità posseduta, perchè ha chiesto al giudice del merito di “verificare la sussistenza o meno di un peggioramento retributivo sostanziale all’atto del trasferimento” ed i criteri fissati ai fini della comparazione sono solo quelli indicati al punto 11 della pronuncia, ove si precisa che il confronto deve essere globale, riferito al momento del passaggio, e che non rilevano eventuali disparità di trattamento con i dipendenti già in servizio presso il cessionario;

5. il richiamato accertamento è stato effettuato dal giudice del rinvio che, come evidenziato nello storico di lite, da un lato ha rilevato che la ricorrente aveva solo genericamente affermato che era stato leso il suo diritto a conservare il trattamento stipendiale in precedenza goduto, dall’altro ha esaminato la documentazione prodotta ed ha accertato che dal confronto fra le retribuzioni percepite prima e dopo il trasferimento non emergevano sostanziali differenze;

6. il ricorso, nella parte in cui addebita alla Corte territoriale il vizio motivazionale e di avere erroneamente rigettato la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio, è inammissibile perchè la censura esorbita dai limiti del riformulato art. 360 c.p.c., n. 5 (applicabile alla fattispecie ratione temporis perchè la sentenza impugnata è stata pubblicata il 18 novembre 2016) che attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo nel senso che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia;

6.1. l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti;

6.2. il motivo, quindi, è validamente formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, solo qualora il ricorrente indichi il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. S.U. n. 8053/2014; Cass. S.U. n. 9558/2018; Cass. S.U. n. 33679/2018; Cass. S.U. n. 34476/2019);

6.3. le richiamate condizioni non ricorrono, all’evidenza, nella fattispecie perchè il fatto storico, il cui accertamento è stato demandato dal giudice del merito, è stato esaminato dalla Corte territoriale;

7. la ricorrente, inoltre, nel sostenere che “il mancato riconoscimento di una anzianità di così molti anni doveva e deve necessariamente portare ad una differenza retributiva peggiorativa”, mostra di non comprendere la ratio della sentenza rescindente e della pronuncia della Corte di Giustizia perchè il peggioramento retributivo vietato dalla Direttiva 77/187 CEE può sussistere solo qualora emerga che la retribuzione goduta presso l’ente di provenienza fosse superiore a quella liquidata dal cessionario;

8. il ricorso, anche nella parte in cui denuncia la violazione dell’art. 117 Cost., in relazione all’art. 6 della CEDU, finisce per rimettere in discussione il principio di diritto affermato dalla pronuncia rescindente che, resa dopo l’intervento della Corte di Giustizia e della Corte E.D.U. (la sentenza è stata pubblicata il 18 luglio 2012, successivamente alla pubblicazione della sentenza Agrati ed altri contro Italia del 7 giugno 2011), ha ribadito l’efficacia retroattiva della L. n. 266 del 2005, art. 1, ha richiamato i quattro interventi del Giudice delle leggi, che hanno escluso profili di illegittimità costituzionale della norma di interpretazione autentica; ha ritenuto che il complesso normativo fosse, appunto, costituito dalle leggi n. 124/1999 e 266/2005 e che, sulla base del diritto Eurounitario, come interpretato dalla Corte di Lussemburgo, la domanda potesse trovare accoglimento solo nell’ipotesi di accertato peggioramento retributivo sostanziale;

8.1. a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 1, l’enunciazione del principio di diritto vincola il giudice di rinvio che ad esso deve uniformarsi, con conseguente preclusione della possibilità di rimettere in discussione questioni, di fatto o di diritto, che siano il presupposto di quella decisione, e di tener conto di eventuali mutamenti giurisprudenziali della stessa Corte, anche a Sezioni Unite, non essendo consentito in sede di rinvio sindacare l’esattezza del principio affermato dal giudice di legittimità (cfr. fra le tante Cass. n. 11290/1999; Cass. n. 16518/2004; Cass. n. 23169/2006; Cass. n. 17353/2010; Cass. n. 1995/2015);

8.2. dall’irretrattabilità del principio di diritto discende che la Corte di Cassazione, nuovamente investita del ricorso avverso la sentenza pronunziata dal giudice di merito, deve giudicare muovendo dalla regula iuris in precedenza enunciata, perchè l’efficacia vincolante, che si estende anche alle premesse logico-giuridiche della decisione adottata oggetto di giudicato implicito interno (Cass. n. 17353/2010 e Cass. n. 20981/2015), viene meno solo qualora la norma, in epoca successiva alla pubblicazione della pronuncia rescindente, sia stata dichiarata costituzionalmente illegittima ovvero sia divenuta inapplicabile per effetto di ius superveniens (cfr. fra le tante Cass. n. 20128/2013; Cass. n. 13873/2012; Cass. n. 17442/2006);

8.3. tali ultime condizioni non ricorrono nel caso di specie, perchè le sentenze della Corte EDU successive a quella Agrati ne hanno ribadito il principio e, pertanto, il quadro normativo è rimasto immutato rispetto a quello apprezzato dalla sentenza rescindente, che ha con chiarezza indicato i limiti del giudizio di rinvio, subordinando l’accoglimento dell’originaria domanda all’esito dell’accertamento di fatto, effettuato dalla Corte territoriale in termini negativi per l’originaria ricorrente;

9. in via conclusiva il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

10. non occorre provvedere sulle spese del giudizio di cassazione perchè il Ministero non ha svolto attività difensiva, rimanendo intimato;

11. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dalla ricorrente.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

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