Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14689 del 09/07/2020

Cassazione civile sez. I, 09/07/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 09/07/2020), n.14689

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

W.M., rappr. e dif. dall’avv. Iacopo Maria Pitorri,

jacopomariapitorri.ordineavvocatiroma.org, elett. dom. presso lo

studio dello stesso in Roma, via Pietro Mascagni n. 186, come da

procura spillata in calce all’atto di nuova costituzione del

difensore e “revoca dell’avvocato Roberto Maiorana”, posteriore

all’atto di nomina dell’avvocato Ermanno Pacanowski (con

costituzione, elezione di domicilio in Roma, via Collina n. 48 e a

sua volta revoca del precedente difensore Marco Lanzilao), dopo

iniziale ricorso con procura conferita all’avvocato Marco Lanzilao;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappr e dif. ex

lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici in

Roma, via dei Portoghesi n. 12 è domiciliato;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza App. Roma 12.12.2018, n. 7958/2018,

in R.G. 1444/2017;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Massimo Ferro alla camera di consiglio del 19.2.2020.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. W.M. impugna la sentenza App. Roma 12.12.2018, n. 7958/2018, in R.G. 1444/2017 che ha rigettato l’appello avverso l’ordinanza Trib. Roma 8.2.2017 reiettiva del ricorso avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale, la quale aveva escluso i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria e altresì quella umanitaria con concessione del permesso di soggiorno;

2. la corte, premessa la propria giurisdizione sui diritti e dunque l’assenza di rilevanza dei vizi degli atti amministrativi riferibili alla Commissione, ha così: a) rilevato che la qualificazione del tribunale siccome privatistica della vicenda del preteso conflitto con altra persona (che avrebbe minacciato il richiedente dopo la denuncia di questi per incendio del pullmino di lavoro) e alla base dell’espatrio non è stata circostanza impugnata avanti alla corte, essa in ogni caso non integrando un caso di inerenza a persecuzioni, nonchè pericoli di danno grave prospettabili per il rientro del richiedente; b) osservato che altri motivi d’appello, con censura del giudizio di non credibilità del narrato del richiedente, erano fuori segno, perchè critici di motivazione del tutto diversa; c) ritenuto inesistente una individualizzazione dell’azione repressiva istituzionale nei suoi confronti, in ragione della situazione generale del Pakistan e delle circostanze rappresentate; d) negato il diritto alla protezione umanitaria, stante il mero richiamo alle principali domande di protezione e omissione di altri fatti alla base della terza richiesta;

3. il ricorso descrive cinque motivi di censura; ad esso si oppone il Ministero con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo si contesta la valutazione di difetto di specificità dell’atto di appello, per violazione dell’art. 342 c.p.c.; con il secondo motivo si censura l’omesso esame delle condizioni di pericolosità e violenza generalizzata in (OMISSIS) e la non consultazione delle fonti informative; con il terzo motivo la critica è rivolta all’errato esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente per la valutazione delle sue condizioni personali e l’omesso esame d’ufficio del timore espresso rispetto al sistema Paese; con il quarto motivo si avversa la mancata concessione della protezione sussidiaria, in ragione delle attuali condizioni socio-politiche del Paese di provenienza, stante l’insicurezza anche individuale in (OMISSIS) e la mancata indicazione delle fonti consultate; con il quinto motivo si contesta, anche come vizio di motivazione, la mancata valutazione della condizione di persecuzione e pericolo in (OMISSIS), oltre che la ridotta aspettativa di vita e così l’errato diniego dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, in violazione dell’art. 10 Cost. e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 19;

2. il primo motivo è infondato, posto che, a fronte del rilievo della sentenza impugnata di non aver contestato in modo specifico la qualificazione siccome privatistica della vicenda di conflitto interpersonale alla base della dedotta iniziativa d’espatrio, omette di riportare in modo puntuale i corrispondenti motivi d’appello e i passi salienti della decisione del tribunale pretesamente trascurati, limitandosi ad una riassunzione generica, in contrasto con i limiti del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6;

3. il secondo motivo è fondato, con assorbimento dei restanti; la corte ha invero del tutto omesso di citare le fonti internazionali, aggiornate e relative alla pertinenza con la vicenda rappresenta, quali riferibili alla zona di provenienza del richiedente e avendo riguardo alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 in particolare, nella sostanza, alla possibile emersione di una minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona per violenza indiscriminata, ai sensi della lett. c) art. cit.; appare così violato il principio per cui “nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente” (Cass. 13897/2019);

4. e d’altronde, la complessiva erroneità – sul punto – della sentenza, deriva altresì dalla violazione del principio per cui “il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle “fonti informative privilegiate” deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione” (Cass.13449/2019);

il ricorso dunque, dichiarato infondato il primo motivo, va accolto con riguardo al secondo motivo, con assorbimento dei restanti, cassazione del provvedimento impugnato e rinvio alla corte d’appello, in diversa composizione, anche per le spese del procedimento.

P.Q.M.

la Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo, con assorbimento dei restanti; cassa e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del procedimento.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020

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