Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14686 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 26/05/2021, (ud. 29/01/2021, dep. 26/05/2021), n.14686

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2372/2020 proposto da:

B.H., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato PAOLO NOVELLINI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA protezione INTERNAZIONALE DI BRESCIA, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1606/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 11/11/2019 R.G.N. 2191/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/01/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Brescia, con la sentenza n. 1606 del 2019, ha respinto il gravame proposto da B.H., cittadino della Guinea, avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa sede che, confermando il provvedimento emesso dalla competente Commissione territoriale, aveva negato al richiedente il riconoscimento dello status di rifugiato nonchè della protezione sussidiaria ed umanitaria.

2. Il ricorrente, in sintesi, aveva dichiarato di essere sempre nato e vissuto a (OMISSIS); di avere lasciato il suo paese a seguito di uno scontro etnico tra (OMISSIS) e (OMISSIS) nel (OMISSIS) nel corso del quale era stato ucciso il padre; che nel (OMISSIS) era stato rinvenuto nell’orto della madre il cadavere di un bambino (OMISSIS) ucciso a coltellate; che la famiglia del bambino li aveva accusati del fatto e bruciato la casa; che il fratello lo aveva informato della cosa, sicchè era espatriato; che non intendeva rientrare perchè temeva di essere ucciso.

3. La Corte di appello, a sostegno della propria decisione, ha ritenuto inattendibile il narrato del richiedente perchè il B. non era stato in grado di indicare i nomi della strade o dei palazzi più importanti nonchè i monumenti della città in cui sosteneva di avere vissuto; ha rilevato, poi, la insussistenza delle condizioni di cui all’art. 14, lett. c) del citato Decreto perchè dalle fonti acquisite in Guinea non sussisteva il pericolo di subire grave danno per il solo fatto di trovarsi in loco; in considerazione della non credibilità del racconto e della insussistenza di profili di vulnerabilità soggettiva ha negato, infine, anche la richiesta di protezione umanitaria.

4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione B.H. affidato a tre motivi.

5. Il Ministero dell’Interno si è costituito, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 7 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per l’errata valutazione da parte della Corte territoriale sul giudizio di credibilità, fondato solo sulla circostanza di non avere ricordato i nomi delle strade e dei palazzi della città in cui era vissuto e per non avere svolto gli accertamenti officiosi, in ordine ai fatti narrati e realmente accaduti, circa l’uccisione di entrambi i genitori, onde verificare la verità di quanto raccontato.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 7 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14, lett. c), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere la Corte di merito posto alcun rilievo alla reale situazione di violenza ed instabilità in Guinea, come risultante dalle fonti che riportano diversi scontri tra differenti gruppi etnici che ebbero come teatro proprio la città di (OMISSIS).

4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, perchè, a differenza di quanto ritenuto dai giudici di seconde cure, la condizione di esso richiedente integrava certamente cause oggettive e soggettive di vulnerabilità, anche per le documentate problematiche di salute che lo interessavano.

5. Il primo motivo è fondato.

6. La valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non è affidata alla mera ed immotivata opinione del giudice, essendo piuttosto il risultato complesso di una procedimentalizzazione della decisione, da compiersi alla strega dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, tenendo conto “della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente” senza dar rilievo esclusivo e determinate a mere discordanze o contraddizioni in aspetti secondari o isolati del racconto; detta valutazione, se effettuata secondo i criteri previsti dà luogo ad un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito, essendo altrimenti censurabile in sede di legittimità per la violazione delle relative disposizioni (Cass. n. 14674 del 2020; Cass. n. 9811 del 2020).

7. Nella fattispecie, la Corte territoriale non si è attenuta a tali principi, fondando il proprio accertamento su un esame sommario ed incompleto delle dichiarazioni del richiedente e, soprattutto, non seguendo correttamente l’iter di valutazione della credibilità, che richiede, senza omettere alcun passaggio, di considerare lo sforzo del richiedente teso a circostanziare la domanda, gli elementi in suo possesso, la coerenza e la plausibilità delle dichiarazioni e la data di presentazione della domanda (Cass. n. 11925 del 2020; Cass. n. 21142 del 2019).

8. Anche il secondo motivo è fondato.

9. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente e astrattamente sussumibile in una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, con accertamento aggiornato al momento della decisione (Cass. n. 28990 del 2018; Cass. n. 17075 del 2018).

10. Il predetto accertamento va compiuto in base a quanto prescritto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e, quindi, “alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione Nazionale sulla base dei datti forniti dall’ACNUR, dal Ministero degli affari esteri, anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa” (cfr. Cass. n. 15959 del 2020).

11. E’, quindi, onere del giudice di merito procedere, nel corso del procedimento finalizzato al riconoscimento della protezione internazionale, a tutti gli accertamenti officiosi finalizzati ad acclarare l’effettiva condizione del Paese di origine del richiedente, avendo poi cura di indicare esattamente, nel provvedimento conclusivo, le parti utilizzate ed il loro aggiornamento.

12. In proposito, deve ribadirsi anche che l’indicazione delle fonti di cui all’art. 8, non ha carattere esclusivo, ben potendo le informazioni sulle condizioni del Paese estero essere tratte da concorrenti canali di informazione, anche via web, quali ad esempio i siti internet delle principali organizzazioni non governative attive nel settore dell’aiuto e della cooperazione internazionale (quali ad esempio Amnesty International e Medici senza frontiere) che spesso contengono informazioni dettagliate e aggiornate (cfr. Cass. n. 13449 del 2019 per esteso).

13. In modo estremamente sintetico, può quindi affermarsi che il giudice deve indicare, in modo specifico e dettagliato, fonti che abbiano un certo grado di credibilità e che facciano riferimento ad una situazione sociopolitica aggiornata del Paese di origine del richiedente.

14. Più recentemente (cfr. Cass. n. 15215 del 2020) è stato affermato il principio di diritto secondo il quale: “Le informazioni relative alla situazione esistente nel paese di origine del richiedente la protezione internazionale o umanitaria che il giudice di merito trae dalle C.O.I. o dalle altre fonti informative liberamente consultabili attraverso i canali informatici vanno considerate, in ragione della capillarità della loro diffusione e della facile accessibilità per la pluralità di consociati, alla stregua del fatto notorio; il dovere di cooperazione istruttoria che del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, pongono a carico del giudice, nella materia della protezione internazionale ed umanitaria, impone allo stesso di utilizzare, ai fini della decisione, C.O.I. ed altre informazioni relative alla condizione interna del paese di provenienza o rimpatrio del richiedente, ovvero della specifica area di esso, che siano adeguatamente aggiornate e tengano conto dei fatti salienti interessanti quel Paese o area, soprattutto in relazione ad eventi di pubblico dominio, la cui mancata considerazione costituisce, in funzione della loro oggettiva notorietà, violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2”.

15. Nella fattispecie, la Corte territoriale non ha richiamato, per escludere ogni ipotesi prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e per ritenere che la condizione attuale della Guinea e, in particolare della zona di provenienza, Paese di origine del richiedente, non fosse interessata da una situazione di conflitto armato interno o internazionale, comportante una situazione di violenza indiscriminata nell’attualità, alcuna fonte specifica aggiornata.

16. Nell’assolvere all’onere imposto dalla legge i giudici di seconde cure erano, però, tenuti a spiegare in base a quali specifiche fonti avessero ritenuto inesistente il rischio di subire gravi danni, paventati dal ricorrente, onde dare conto della puntualità e attualità della propria verifica e fare così in modo che la motivazione assumesse carattere effettivo (cfr. per tutte Cass. n. 8819 del 2020 e la giurisprudenza ivi citata).

17. La trattazione del terzo motivo, attesa la fondatezza dei primi due, resta, conseguentemente, assorbita.

18. La sentenza impugnata dovrà, quindi, essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, la quale, nel procedere a nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati in tema di valutazione dei criteri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, di valutazione del rischio di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e, in via subordinata, per una eventuale rivalutazione della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, provvedendo anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo, assorbito il terzo. Cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 29 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

 

 

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