Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14681 del 09/07/2020

Cassazione civile sez. I, 09/07/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 09/07/2020), n.14681

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13962/2019 proposto da:

M.M.B., elettivamente domiciliato in Campobasso Via

Mazzini 112 presso lo studio dell’Avv.to Ennio Cerio che lo

rappresenta e difende come da procura speciale in calce al ricorso;

manca il domiciliatario;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il

03/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/02/2020 da Dott. MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Campobasso, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 3/4/2019, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale in ordine alle istanze avanzate da M.M.B. nato in (OMISSIS) il (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dal (OMISSIS) aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese in quanto non aveva mezzi economici di sostentamento in patria e non riusciva a mantenere la propria famiglia nonchè per curare la patologia di poliposi naso-sinusale dalla quale era affetto.

Avverso la sentenza del Tribunale di Campobasso il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con unico motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme processuali e violazione degli artt. 50, bis, 50 ter e 50 quater c.p.c. perchè il Tribunale ritenendosi erroneamente competente anche in materia di protezione umanitaria, in quanto cumulata nello stesso ricorso ai temi tipici della protezione internazionale e sussidiaria tutelabili con il procedimento D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis ha deciso in composizione collegiale e con rito camerale anche la domanda di protezione umanitaria, soggetta invece al rito ordinario di cognizione, sebbene il ricorso fosse stato proposto ex art. 702 bis c.p.c., così provocando in modo abnorme la perdita di un grado di giudizio di merito in danno del ricorrente. Secondo il ricorrente sarebbe stato così arrecato un vulnus irrimediabile al diritto di difesa e si sarebbe omesso di procedere all’adempimento del dovere di cooperazione officiosa.

Questa Corte ha effettivamente avuto occasione di chiarire che, allorquando il ricorso proposto davanti alla sezione specializzata del tribunale in materia di protezione internazionale abbia ad oggetto la sola richiesta di protezione umanitaria, ai sensi dell’art. 5, comma 6 t.u.imm., non trova applicazione il rito camerale collegiale disciplinato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis bensì trova applicazione la regola generale, in base alla quale il ricorrente può avvalersi del rito ordinario monocratico, ai sensi dell’art. 281 bis c.p.c., oppure, ricorrendone i presupposti, del rito sommario, parimenti monocratico, di cui agli artt. 702 bis c.p.c. e ss. (Cass. 9658/2019,16458/2019).

Ha tuttavia chiarito, altresì, che tale regola non trova applicazione allorchè la domanda di protezione umanitaria sia proposta contestualmente a quella di protezione internazionale mediante gli istituti tipici dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, prevalendo in tal caso il rito camerale collegiale di cui all’art. 35 bis, cit., in ragione della profonda connessione tra le distinte domande e della prevalenza della composizione collegiale del tribunale in forza del disposto di cui all’art. 281 nonies c.p.c. (Cass. 9658/2019, cit.).

La tesi del ricorrente è che egli ha però espressamente limitato la propria domanda, davanti al tribunale, alla sola protezione umanitaria. Non potrebbe utilizzarsi, pertanto, l’argomento basato sulla connessione con le domande di protezione internazionale nelle forme tipiche dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria.

Sennonchè tale considerazione è tutt’altro che decisiva. Come risulta dal decreto impugnato e non è smentito nel ricorso per cassazione, il ricorso al tribunale era stato proposto quale impugnazione del provvedimento della commissione territoriale di diniego di protezione internazionale nonchè del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Ciò è sufficiente a giustificare l’applicazione del rito collegiale di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis introdotto dal D.L. n. 13 del 2017 ed applicabile ratione temporis nel caso di specie. Infatti tale rito si applica alle “controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti previsti dal medesimo D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 e dunque a quelle, tra le altre, introdotte con ricorso “avverso la decisione della Commissione territoriale” (art. 35, comma 1, cit.), come è avvenuto nel caso in esame. Poichè il ricorso al tribunale era rivolto, appunto, avverso il provvedimento di diniego di protezione emesso dalla Commissione, il rito da seguire non poteva essere che quello disciplinato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis cit., a nulla rilevando la circostanza che il ricorrente invocasse la sola protezione umanitaria. Anche il diniego di quest’ultima, infatti, rientrava nel provvedimento della commissione, da impugnare necessariamente davanti al giudice nel termine di decadenza previsto dalla legge.

E infatti Cass. 16458/2019, cit., che ha cassato il decreto del tribunale monocratico avente ad oggetto la sola protezione umanitaria, riguarda una fattispecie in cui il ricorso giurisdizionale aveva ad oggetto una richiesta di protezione umanitaria rivolta direttamente al tribunale, e non già l’impugnazione di un provvedimento di diniego della commissione territoriale.

Si consideri inoltre che il D.L. n. 113 del 2018, il quale, modificando il D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 1, sulla competenza delle sezioni specializzate, ha riformulato la lett. d) (da “per le controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria nei casi di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3” a “per le controversie in materia di rifiuto di rilascio, diniego di rinnovo e di revoca del permesso di soggiorno per protezione speciale nei casi di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3”) e ha introdotto nel medesimo comma la lett. d-bis), che prevede la competenza delle sezioni specializzate “per le controversie in materia di rifiuto di rilascio, diniego di rinnovo e di revoca del permesso di soggiorno per protezione speciale nei casi di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, artt. 18, 18-bis, art. 19, comma 2, lett. d) e d-bis), artt. 20-bis, 22, comma 12-quater”. Con ciò il legislatore mostra chiaramente che ha inteso tenere distinti i ricorsi impugnatori dei provvedimenti delle commissioni territoriali, contemplati all’art. 1, comma 3, lett. c) cit., dagli altri ricorsi non consistenti in impugnazioni dei detti provvedimenti, bensì intesi a richiedere direttamente al tribunale, senza passare per la commissione territoriale, le forme di tutela umanitaria previste alla lett. d), come riformulata, e alla lett. d-bis) introdotta ex novo, prevedendo per queste ultime l’adozione del rito sommario di cognizione come disciplinato dal D.Lgs. n. 150 del 2011, introdotto dallo stesso D.L. n. 113 del 2018, peraltro davanti al tribunale in composizione collegiale.

Per quanto sopra deve essere respinto il ricorso proposto. Nulla per le spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ricorrono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile della Corte di Cassazione, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020

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