Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14680 del 09/07/2020

Cassazione civile sez. I, 09/07/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 09/07/2020), n.14680

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10867/2019 proposto da:

A.O.J., (alias: A.J.), elettivamente domiciliato

in Roma via del Casale Strozzi, 31 presso lo studio dell’avvocato

Laura Barberio che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, domiciliato per legge in Roma Via dei

Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 31/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/02/2020 dal cons. LUCIA TRIA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Roma, con decreto pubblicato il 31 gennaio 2019, respinge il ricorso proposto da A.O.J. (alias: A.J.), cittadino della (OMISSIS) proveniente da (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. il Tribunale, per quel che qui interessa, precisa che:

a) il ricorrente ha riferito di essere stato costretto ad espatriare perchè il padre partigiano “dello Stato del (OMISSIS)” e Presidente del (OMISSIS) era stato ucciso da militanti del partito avverso (OMISSIS) i quali avevano dato fuoco alla casa familiare nel tentativo di uccidere anche il ricorrente, in quanto primogenito maschio del loro rivale politico;

b) il richiedente ha aggiunto di non aver mai svolto attività politica e che, dopo l’incendio, era stato costretto a vivere per strada aiutato da conoscenti, mentre la madre era tornata dalla propria famiglia di origine insieme con il figlio minore; ha anche detto di essere stato aiutato a partire per la Libia;

c) in sede giudiziaria il richiedente ha precisato che i membri dell'(OMISSIS) avevano provocato il suddetto incendio perchè volevano che il padre restituisse loro alcune somme di denaro che aveva ricevuto quando militava nell'(OMISSIS) e che non aveva mai restituito, pertanto dopo la morte del padre la restituzione di tali somme era stata chiesto a lui, con la minaccia di morte;

d) la vicenda narrata, che non è documentata, non appare coerente nè credibile specialmente per le numerose contraddizioni riscontrate tra le diverse versioni fornite, rispettivamente alla Commissione territoriale e in udienza;

e) in particolare, va sottolineato che i motivi di uccisione del padre in un primo momento configurati come politici, dopo sono stati ricondotti al rifiuto opposto dall’interessato alla richiesta di restituzione di somme di denaro da parte degli ex compagni di partito;

f) d’altra parte, il richiedente ha manifestato notevoli confusioni sui due partiti politici menzionati nè ha saputo dire nulla sull’attività svolta dal padre nel (OMISSIS) e per la causa dell’indipendenza del (OMISSIS) e poi, contraddittoriamente rispetto alle sue prime dichiarazioni, ha anche ammesso in udienza di aver svolto attività propagandistica per il (OMISSIS) dietro compenso;

g) anche con riguardo ai rapporti con la famiglia si rinvengono molte incoerenze e contraddizioni;

h) ne deriva che le riferite minacce sarebbero riconducibili unicamente ad una mera vicenda di tipo economico relativa alla mancata restituzione di somme di denaro, come tale non compresa nel sistema della protezione internazionale;

i) nella descritta situazione non possono essere accolte nè la domanda relativa allo status di rifugiato nè quella riguardante la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. a) e b) dovendosi escludere le due ipotesi di danno grave ivi previste, anche in considerazione della rilevata non credibilità del racconto;

l) d’altra parte, va anche esclusa la sussistenza delle condizioni previste per l’ipotesi di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) non risultando che sia configurabile nella parte Sud Est della (OMISSIS), in cui si trova (OMISSIS) vi sia una situazione violenza endemica, come previsto dalla norma suindicata, in quanto le violenze che si registrano sono soprattutto legate ai movimenti indipendentisti per il (OMISSIS) la cui attività è repressa nel sangue da gruppi armati finanziati dal governo;

m) ma, per quanto si è detto, il richiedente non ha riferito di partecipare a tali movimenti;

n) neppure può essere accordata la protezione umanitaria perchè non è stata allegata alcuna situazione di vulnerabilità personale, per motivi di salute o per motivi familiari nè è stata provata una solida integrazione socio-lavorativa e comunque la situazione del Paese di provenienza non è tale da mettere in pericolo i diritti umani fondamentali e da sconsigliare il rimpatrio del ricorrente;

3. il ricorso di A.O.J. (alias: A.J.), domanda la cassazione del suddetto decreto per due motivi; il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.

4. il ricorrente deposita anche memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c., ma fuori termine.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il ricorso è articolato in due motivi;

1.1. con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione di plurime disposizioni di legge, con riguardo alla valutazione di non credibilità delle dichiarazioni rese dal ricorrente, effettuata senza esaminare la documentazione ritualmente depositata dall’interessato (fotografie, manifesto di morte del padre, attestati relativi all’integrazione del ricorrente in Italia) e quindi senza esercitare il potere istruttorio officioso con riguardo alla situazione di (OMISSIS);

1.2. con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, errata applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, contestandosi il rigetto della protezione umanitaria, pur in presenza di una documentata condizione di integrazione in Italia e di una illustrata condizione di vulnerabilità del ricorrente in considerazione della tipo di vita svolto nel proprio Paese;

2. l’esame dei motivi di censura porta alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso;

3. il primo motivo è inammissibile perchè, come correttamente affermato dal Tribunale, la vicenda narrata esula dal campo di applicazione della protezione internazionale, essendo una vicenda di tipo economico – relativa alla restituzione al partito (OMISSIS) di somme di denaro cui il padre del richiedente non ha provveduto quando era passato al (OMISSIS) – rispetto alla quale l’interessato non ha dimostrato l’impossibilità di avere tutela dalle autorità dello Stato;

3.1. tale configurazione della narrazione del ricorrente non viene contestata nel primo motivo e da essa si desume l’inammissibilità della denuncia di mancato esercizio della cooperazione istruttoria da parte del Tribunale;

3.2. va, infatti, ricordato il consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte secondo cui il dovere di cooperazione istruttoria si concretizza solo in presenza di allegazioni del richiedente precise, complete, circostanziate e credibili e soprattutto tali da inserirsi in una vicenda che non sia estranea al sistema della protezione internazionale;

3.3. nella specie, il racconto del ricorrente – nel quale il Tribunale ha rinvenuto molte incoerenze e contraddizioni, non specificamente contestate nel primo motivo – riguarda una vicenda non ricompresa nel sistema della protezione internazionale;

3.4. nella descritta situazione non è invocabile l’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio, che compete all’interessato innescare in modo corretto (vedi, per tutte: Cass. 12 giugno 2019, n. 15794);

3.5. questo vale anche per l’ipotesi di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) per la quale, peraltro, nella specie il Tribunale ha ugualmente provveduto ad effettuare le ricerche sulla situazione socio-politica della (OMISSIS) e, in particolare, di (OMISSIS) da cui proviene il ricorrente, indicando specificamente le fonti in base alle quali ha svolto il proprio accertamento;

3.6. in sintesi, il primo motivo è inammissibile perchè con esso si denuncia la violazione o la falsa applicazione di norme inapplicabili ictu oculi alla fattispecie di cui si tratta (come pacificamente descritta in atti), mentre il vizio di violazione di legge deve, per regola generale, essere “decisivo”, ossia tale da comportare, se sussistente, una decisione diversa, favorevole al ricorrente, l’invocazione di una norma inapplicabile esclude tale decisività della censura e, dunque, l’interesse a proporla (vedi, per tutte: Cass. 21 gennaio 2004, n. 886; Cass. 5 giugno 2007, n. 13184; Cass. 5 maggio 1995, n. 4923);

4. il secondo motivo è inammissibile per varie ragioni;

4.1. in primo luogo, la statuizione incontestata, secondo cui la ragione che ha indotto il richiedente ad espatriare è di tipo economico e non vi è stata alcuna dimostrazione della mancanza di possibilità per il richiedente di ottenere tutela da parte delle autorità dello Stato, è sufficiente ad escludere in radice la concedibilità della protezione umanitaria – così come della protezione internazionale – in quanto i c.d. migranti economici possono avere ingresso nel nostro Paese attraverso l’applicazione della diversa disciplina basata sulla periodica regolamentazione dei flussi migratori (vedi, per tutte: Cass. 17 maggio 2019, n. 13444);

4.2. infatti, la protezione umanitaria, nel regime applicabile nella specie “ratione temporis”, tutela situazioni di vulnerabilità – anche con riferimento a motivi di salute – da riferire ai presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente, mentre non è ipotizzabile porre a fondamento di tale forma di protezione l’impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di “estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico (Cass. 7 febbraio 2019, n. 3681);

4.3. peraltro, pur in presenza di una motivazione economica per l’espatrio, è, in ipotesi, attribuibile la protezione umanitaria laddove vengano addotte situazioni individuali di vulnerabilità in termini di peculiari condizioni di salute ovvero di solida integrazione socio-lavorativa o anche di condizione del Paese di origine tale da mettere a rischio l’esercizio dei diritti fondamentali della popolazione;

4.4. nella specie, il Tribunale ha escluso l’avvenuta allegazione di simili situazioni di vulnerabilità personale e le generiche argomentazioni del secondo motivo non contestano in modo utile tale statuizione, limitandosi a fare riferimento, quanto all’integrazione, alla sola frequenza di un corso di lingua italiana e complessivamente ad un sostanziale miglioramento delle condizioni di vita nel Paese di accoglienza, elementi già presi in considerazione dal Tribunale e di cui quindi si chiede, inammissibilmente, in questa sede una diversa valutazione;

4.5. in sintesi, il secondo motivo è inammissibile perchè le censure con esso proposte, muovendo da una erronea lettura della normativa in materia di protezione umanitaria basata anche sulla richiesta di una differente valutazione di apprezzamenti di fatto rimessi al giudice del merito, nella sostanza non impugnano la ratio decidendi posta a base del rigetto della domanda di protezione umanitaria, rappresentata dalla rilevata mancanza di allegazioni o documenti da parte del ricorrente di particolari condizioni di vulnerabilità quali legislativamente richieste;

4.6. infatti, nel presente motivo questa affermazione – che costituisce una ratio decidendi idonea da sola a sorreggere il decreto sul punto – non viene attinta dalle censure formulate le quali, invece, si indirizzano inammissibilmente su altri argomenti, che risultano privi di specifica attinenza con tale statuizione centrale;

4.7. tale omessa impugnazione rende inammissibile, per difetto di interesse, la relativa censura, essendo la statuizione non censurata divenuta definitiva e quindi non potendosi più produrre in nessun caso il relativo annullamento (vedi, al riguardo: Cass. 7 novembre 2005, n. 21490; Cass. 26 marzo 2010, n. 7375; Cass. 7 settembre 2017, n. 20910; Cass. 3 maggio 2019, n. 11706);

Conclusioni.

5. in sintesi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

6. le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza;

7. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, quanto al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ivi previsto, se dovuto.

PQM


La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate Euro 2100,00 (duemilacento/00) per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020

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