Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14678 del 26/05/2021
Cassazione civile sez. lav., 26/05/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 26/05/2021), n.14678
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14704/2019 proposto da:
M.D., T.V., elettivamente domiciliate in
ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI, 123, presso lo studio dell’avvocato
BENEDETTO SPINOSA, che le rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
ACEA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, L. G. FARAVELLI 22, presso
(STUDIO MARESCA, MORRICO, BOCCIA e ASSOCIATI), rappresentata e
difesa dagli avvocati ARTURO MARESCA, MARIA DI CROCE, e GAETANO
GIANNI’;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. 27976/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
di ROMA, depositata il 31/10/2018 R.G.N. 19455/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
19/01/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito l’Avvocato BENEDETTO SPINOSA;
udito l’Avvocato GAETANO GIANNI’.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. M.D. e T.V. propongono ricorso per revocazione dell’ordinanza 31.10.2018 n. 27976 con la quale è stato rigettato il ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Roma che aveva accolto l’opposizione proposta da ACEA s.p.a. ed aveva revocato i decreti ingiuntivi aventi ad oggetto l’obbligazione retributiva conseguente all’accertamento della nullità del contratto di appalto tra la Cos Communication s.p.a. ed ACEA s.p.a. e all’accertata sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con quest’ultima, con ordine di ripristino del rapporto con le mansioni in precedenza svolte.
2. ACEA s.p.a. si è difesa con controricorso ed ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso. Le ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
3. L’ordinanza di cui si chiede la revocazione ha affermato che nel caso di interposizione di manodopera, ove il rapporto non sia stato ripristinato per un illegittimo rifiuto del datore di lavoro, questi è tenuto a corrispondere al lavoratore le retribuzioni dalla messa in mora (Cass. sez. Un. 2990 del 2018). Inoltre, ha accertato che per il periodo intercorrente tra la costituzione in mora e la sentenza che accerta la sussistenza del rapporto a tempo indeterminato con l’appaltante rilevano le retribuzioni erogate dall’appaltatrice, si applica ai sensi dell’art. 29, comma 3 bis, all’appalto fittizio il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27 e il pagamento del terzo libera il debitore, subentrando il terzo nei diritti del creditore. In tal senso, pur confermando la decisione di appello, ne ha corretto la motivazione.
4. L’errore revocatorio è ravvisato nel fatto che è stato ritenuto pacifico che le ricorrenti avevano ricevuto dall’appaltatrice la retribuzione e che neppure era stato prospettato che fosse inferiore. Deducono, al contrario, che dal tenore testuale del controricorso e dai decreti ingiuntivi opposti, versati in atti, si evinceva quali erano le somme dovute a titolo di retribuzione.
5. Rileva al riguardo il Collegio che ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, richiamato per le sentenze della Corte di Cassazione dall’art. 391-bis c.p.c., rientra fra i requisiti necessari della revocazione che il fatto oggetto della supposizione di esistenza o inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi. Non è configurabile l’errore revocatorio qualora l’asserita erronea percezione degli atti di causa abbia formato oggetto di discussione e della consequenziale pronuncia a seguito dell’apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dal giudice (cfr. Cass. 04/04/2019 n. 9527).
5.1. E’ questo il caso verificatosi poichè la sentenza della Corte di appello aveva accertato in fatto che l’entità della retribuzione percepita dalle lavoratrici presso la società appaltatrice era tale da elidere il danno lamentato. Da tale apprezzamento di fatto l’ordinanza della Cassazione ha fatto discendere l’applicazione del principio di diritto che ha corretto la motivazione della sentenza del giudice territoriale lasciandone inalterato il dispositivo.
5.2. Non vi è stata una errata percezione di fatti come richiesto dalle disposizioni in tema di revocazione ma la mera sussunzione dei fatti già accertati dalla Corte di merito nella corretta fattispecie astratta applicabile al caso concreto e l’applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27 comma 2 e ss.mm. anche al caso appalto fittizio ravvisato nella specie.
6. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio che si liquidano in Euro 5250,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021